Cantone

Beltraminelli sempre più solo

C'è una maggioranza nel Ppd che chiede al direttore del Dss di fare un passo indietro. Almeno nel 2019

10 febbraio 2018
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Il “problema” – come l’ha definito Fiorenzo Dadò lo scorso 30 gennaio – è finito l’altra sera sul tavolo della Direttiva popolare democratica, l’organismo intermedio fra Ufficio presidenziale e Comitato cantonale dove si prendono le decisioni che contano. E il “problema” comporterà prima o poi – magari prima... – una scelta decisamente di peso, colma di responsabilità: la poltrona Ppd in Consiglio di Stato. Detta altrimenti, la prima questione al centro del dibattito interno è: ridare o no fiducia a Paolo Beltraminelli, attuale direttore del Dipartimento sanità e socialità (Dss). Una parte del problema, appunto, chiamato ‘Argo1’ dall’omonima agenzia di sicurezza che s’è vista aggiudicare un appalto milionario senza il nullaosta governativo e senza le credenziali necessarie alla bisogna. L’altra metà della mela – della stessa questione che vede il Ppd al centro della bufera – coinvolge direttamente Fiorenzo Dadò, presidente cantonale, per quella cena a Bormio pagata dal titolare di Argo 1 e le mosse successive del presidente, accuse a mezza stampa comprese. Ma il vertice “azzurro” ha deciso di procedere per gradi. Speditamente, perché il tempo stringe e l’ora delle scelte è sempre più vicina (le elezioni del 2019 incombono), ma affrontando come si conviene un nodo alla volta. Giovedì sera hanno discusso sul “che fare” perché sul fatto che si debba fare qualcosa sono quasi tutti d’accordo. Se da un lato non si direbbe proponibile la richiesta a Beltraminelli di dimissioni immediate (anche perché il diretto subentrante, Dadò, non cambierebbe il quadro generale...), prende sempre più corpo l’ipotesi di una non ricandidatura. Il diretto interessato non s’è ancora ufficialmente espresso, ma tutto lascerebbe supporre che non abbia nessuna intenzione di lasciare il governo. Di diverso avviso la maggioranza (ampia) che conta dei popolari democratici. E se Beltraminelli dovesse insistere, il voto finale spetterebbe come da statuto al Comitato cantonale. Con una lacerazione di difficile ricucitura, dunque da evitare. «Mai vista una situazione del genere» è il commento off record di un esponente di peso del partito. “Decapitare” le due teste principali, interna e istituzionale, in pochi mesi non è certo cosa da poco. Per chiunque.

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