CASO ARGO 1

I ‘Beltrainterventi’ sul caso Argo 1

Nell’ottobre 2015 il tema del mandato ad Argo 1 è al centro di un incontro tra il direttore del Dss, l’ex capo Divisione Claudio Blotti e la Rainbow.

Ti-Press
2 febbraio 2018
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Nessuno dei motivi regge. Né l’urgenza, né il costo, né gli apprezzamenti alla ditta di Marco Sansonetti da parte di chi bazzicava i centri per rifugiati. È una delle importanti conclusioni dell’avvocato ed ex pp Marco Bertoli. Ne avevamo scritto giovedì 25 gennaio. E quanto riferito dalla ‘Regione’ trova conferma negli ampi stralci del rapporto del perito – incaricato dal governo di chiarire dal profilo amministrativo una serie di aspetti legati al controverso mandato ad Argo 1 – pubblicati ieri dal ‘Corriere del Ticino’. Il documento smonta ad una ad una le tesi addotte fino a oggi dal direttore Paolo Beltraminelli e dai vertici del Dipartimento sanità e socialità per giustificare il mandato fantasma all’agenzia Argo 1 per la sicurezza dei centri per richiedenti l’asilo, concluso senza l’autorizzazione governativa e in barba alla Legge sulle commesse pubbliche. Seppure la vera ragione per cui il Dss abbia incaricato proprio quella ditta ancora sfugge, nelle 18 pagine redatte da Bertoli emerge che quanto raccontato fino a oggi non tiene. A partire dall’inconsapevolezza di Beltraminelli, che ha sempre dichiarato di aver sì firmato un contratto di prova nel settembre 2014, ma di non aver più avuto il “guizzo” di chiedere ai suoi funzionari che fine avesse fatto quell’appalto.

Quell’audizione in ‘Vigilanza’...

Nel rapporto, del quale siamo venuti in possesso, figura un’altra circostanza di cui avevamo parlato nell’edizione di martedì. Ed è quella dell’incontro avvenuto tre anni fa tra la Rainbow (la ditta a cui subentrò Argo 1), l’allora capo Divisione Claudio Blotti e il consigliere di Stato. Era l’8 ottobre 2015, si legge nel documento. Il mandato illegale ad Argo 1 era in fase di rinnovo tacito da ormai dieci mesi. “Secondo i responsabili in tale occasione Rainbow avrebbe ‘esplicitamente tematizzato quello che nel nostro ambiente si sapeva, ovvero che Argo non operava in maniera conforme ed adeguata’”. Non solo dunque Beltraminelli ad ottobre 2015 sa, o si presume sappia, che il mandato ad Argo 1 è ancora in essere, ma dichiarerà poi alla Sottocommissione Vigilanza istituita dal parlamento di non aver ricevuto “da parte di nessuno alcun tipo di informazione che segnalasse che qualcosa non funzionava. Ma neanche di ditte concorrenti che mi dicessero che è ora di fare qualcosa”. Al di là del fatto che le perplessità erano state avanzate da chi era parte in causa (la Rainbow si era vista soffiare il lavoro dal suo ex agente Marco Sansonetti non solo a Lumino, bensì anche a Rivera e a Camorino) è lecito chiedersi come mai alla ‘Vigilanza’ il direttore del Dss non abbia accennato ai contenuti dell’incontro con l’agenzia concorrente.

Scheurer ritratta due (!) volte

Altro capitolo: l’assenza della risoluzione governativa, ossia il via libera del Consiglio di Stato necessario ad assegnare il mandato diretto per complessivi 3,4 milioni di franchi. Secondo il perito la “consapevolezza” dell’esigenza di non essere in regola “era presente sin da subito” sia in Blotti che in Renato Scheurer, il capo dell’Ussi (l’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento), nel frattempo prepensionato. E il direttore del Dipartimento? “Significativo – ritiene il perito – è pure il mail di Beltraminelli a Bernasconi che, in vista della seduta di Gran Consiglio, il 9 marzo 2017 scrive che ‘forse c’è solo una Rg su Rainbow per Madonna di Re ma dimostra il fatto che del tema si è parlato’”. Eccome: tant’è che intervenendo in aula pochi giorni dopo, Beltraminelli spiegherà che la risoluzione governativa per la Rainbow impegnata nella sorveglianza del centro a Bellinzona era stata rinnovata due volte (era il 2012). La domanda sorge spontanea: perché per la Rainbow sì e per la Argo no?

E non è tutto. Si ricorderà che sulla necessità di una risoluzione Scheurer chiese di ritrattare la sua versione resa alla ‘Vigilanza’. Prima disse di essere consapevole dal 2014 che questo passo formale mancava, contraddicendo Blotti che invece sostenne che “internamente alla Divisione nessuno si è accorto di questa mancanza”. Quindi corresse il tiro asserendo di non aver capito bene la domanda. Al “clamoroso” dietro-front (sospetto nei tempi, perché seguì l’audizione di Beltraminelli che fu informato delle versioni discordanti) ve ne fu un altro ancora. Davanti a John Noseda, il 20 novembre scorso. “Per finire – annota Bertoli – Scheurer ha ammesso innanzi al procuratore generale di aver saputo dell’esigenza di debita risoluzione governativa al più tardi nel dicembre 2014”.

Bertoli poi prova con i fatti che anche Blotti doveva essere consapevole dell’assenza del benestare dell’Esecutivo. “Nonostante Blotti da sempre neghi, (...) che Scheurer solo in zona Cesarini la confermi, è accertato anche documentalmente che vi era consapevolezza dell’esigenza di debita Risoluzione governativa al più tardi già nel dicembre 2014, quindi prima del ‘rinnovo tacito’ ad Argo 1”.

Argo piazza l’offerta su invito

Sconcertante è un altro elemento evidenziato dal perito: “Non è credibile la spontaneità dell’offerta di Argo 1”. Di più: “La coincidenza di date lascia supporre che Scheurer abbia sollecitato Sansonetti di porre un’offerta a CHF 35 proprio per potergli conferire il mandato”. Nessuno infatti avrebbe mai chiesto alla Rainbow di ridurre il prezzo, fino al 23 luglio 2014, quando in vista del trasferimento a Lumino l’agenzia piazza un’offerta più bassa, scendendo da 48 franchi a 43. Ma non c’è nulla da fare: Sansonetti alla Polizia dice che “giovedì 24 luglio 2014 siamo stati invitati a presentare un’offerta” per l’impiego e di aver ottenuto il giorno seguente la conferma dell’appalto.

Controlli assenti

Infine, il Dss ha sempre assicurato di aver verificato operato e presenze della Argo 1, anche perché all’inizio era noto pure alla Divisione che non vi erano abbastanza agenti per garantire i turni. Bertoli conclude che “il rinnovo tacito” del contratto non può essere giustificato, “mancando conferme di effettivi controlli sulla presenza degli agenti necessari e contrattualmente previsti”. Le uniche verifiche sono “sterili e inconcludenti”, e “di mera natura aritmetica”. A mente del perito, “l’enfatizzazione” dei controlli svolti in loco rappresenta “una sorta di excusatio non petita siccome non previsti e perché nessuno li aveva né contrattualizzati, né chiesti”. È la capo Servizio Carmela Fiorini a chiedere ai collaboratori – quando sul caso sta già svolgendo verifiche il Controllo cantonale delle finanze – di redigere delle “dichiarazioni spontanee”. Si premura di inviare loro una traccia. “Ben poca spontaneità quindi”, osserva il perito. Ma “nemmeno dalle dichiarazioni spontanee” dei collaboratori “emerge alcuna concreta prova di verifiche casuali, improvvise o di controllo effettivo atte a sostanziare gli approfondimenti sulle presenze di agenti di Argo 1”. A focalizzare l’attenzione sulla necessità di comprovare che la Argo 1 era stata in grado di presenziare nei centri con due agenti 24 ore su 24 è Beltraminelli. Lo sostiene Renato Bernasconi, l’attuale capo Divisione: “La domanda specifica a sapere se ogni volta era constatata la presenza di 2 agenti viene da Beltraminelli. Rispondo di sì, a seguito della messa in dubbio dell’attendibilità circa i controlli sulle fatturazioni”. Il tentativo di dimostrare che questi controlli erano stati fatti a dovere, di cui è stata incaricata Fiorini, è risultato vano, stando alle conclusioni a cui giunge Bertoli.

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