Mendrisiotto

Da meccanico a spacciatore in tre mesi, e ritorno

Condannato dalle Assise criminali di Mendrisio un giovane albanese per aver trafficato nel Sottoceneri un chilo e mezzo di cocaina

Polvere (Ti-Press)
8 febbraio 2021
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Un'occupazione come meccanico in un'industria locale di una cittadina nel cuore dell'Albania. Poi improvvisamente perde il lavoro e quel poco di stabilità economica con cui sosteneva anche i suoi genitori. Disorientamento e sfiducia lo portano così ad allacciare pericolose amicizie che lo convincono a recarsi in Svizzera per essere parte di un ingente traffico di cocaina. Un'attività criminosa, e una tentazione troppo forte, che in tre mesi lo portano a spacciare oltre un chilo e mezzo di sostanza stupefacente.

Il ventiquattrenne, cittadino albanese, è stato condannato dalle Assise criminali di Mendrisio, riunite a Lugano, e presiedute dal giudice Marco Villa, affiancato dai giudici a latere Aurelio Facchi e Manuel Borla, a tre anni e tre mesi di carcere, e all'espulsione dal suolo confederato per dieci anni. In circa tre mesi, fra il marzo e il giugno 2020 (dunque nel pieno del lockdown dovuto alla pandemia da coronavirus) è stato uno degli anelli di un'importante organizzazione criminale di stampo albanese che aveva quale principale 'business' il traffico di droga. Svariate le località nelle quali ha agito: da Campione d'Italia a Solbiate, in provincia di Como, da Mendrisio a Viganello, al Canton Lucerna. La Corte lo ha ritenuto colpevole per aver acquistato, importato (insieme a due correi) e alienato 1'542,73 grammi di cocaina. Droga che veniva venduta in buste da 700 milligrammi a un prezzo fra i 70 e i 100 franchi, per un potenziale di guadagno di oltre 220mila franchi.

Al 24enne è stato, pure, imputato il reato di ripetuto riciclaggio di denaro: sempre la scorsa primavera, su indicazione dei vertici della banda, aveva inviato in Albania, attraverso le note agenzie di trasferimento di denaro, un importo complessivo di 9'668 franchi, pur sapendo di essere il provento dell'attività di spaccio di droga. A fare da corollario, la ripetuta contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti per aver consumato e detenuto per uso personale, nell'appartamento di Mendrisio (al giovane sono state trovate anche le chiavi di un pied-à-terre nell'enclave) qualche decina di grammi di cocaina e marijuana.

Incensurato, tanto in Svizzera quanto in Italia, col progetto di vita di tornare in Albania e farsi riassumere dalla ditta dove già lavorava, il giovane era reo confesso. Una collaborazione – come non ha mancato di ricordare la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo nel chiedere una pena superiore ai 36 mesi e attorno ai 40 – «che c'è stata fin dall'arresto (il giugno scorso, ndr) e che ha permesso di identificare prima i correi e poi chi c'era sopra di lui». Non era però, secondo l'accusa, «il classico cavallino, ma colui che era chiamato a gestire il denaro, e dunque più vicino a chi era a capo del traffico. L'imputato non era il classico consumatore – ha aggiunto – ma ha agito meramente per scopo di lucro». Diversa, suppur limitatamente, la posizione del difensore d'ufficio, Fabiola Malnati, che ha indicato, per il contenimento della pena in 36 mesi, una serie di attenuanti.

Dopo meno di due ore dall'inizio del dibattimento il presidente ha annunciato la sentenza che ha tenuto conto della collaborazione, della giovane età e dal desiderio di voler tornare in Patria e 'ricambiare' vita. Non senza però ricordare come il traffico, ingente, di droga sia stato organizzato in un breve lasso di tempo e con un guadagno altrettanto considerevole. Migliaia di franchi che in Albania significano mesi e mesi di onesto lavoro.   

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