Mendrisiotto

Lo spaccio e l'incendio in via Odescalchi: condannato l'inquilino

La Corte lo ha condannato a 18 mesi parzialmente sospesi. Fu arrestato una prima volta a Chiasso, durante un blitz di polizia nel suo appartamento che venne distrutto dalle fiamme.

14 febbraio 2019
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Scosse, un’altra volta, il sottile equilibrio di un’allora difficile via Odescalchi. Nei ‘casermoni’ di Chiasso, balzati agli onori della cronaca per i numerosi episodi legati alla criminalità, quella mattina del 23 novembre del 2016 la polizia compì un blitz. Un’azione direttamente collegata allo spaccio di droga che, per l’occasione, aveva dato i suoi frutti. A poche ore dall’intervento successe un altro evento: l’appartamento visitato dalle forze dell’ordine prese violentemente fuoco per cause ancora oggi poco chiare (la perizia effettuata dagli esperti di Zurigo aveva comunque escluso la responsabilità degli agenti della Polizia cantonale intervenuti poche ore prima).

Questa mattina, di fronte alla Corte delle assise correzionali di Mendrisio presieduta dalla giudice Manuela Frequin Taminelli, è comparso l’inquilino dell’appartamento distrutto dal rogo. Lui, 38enne svizzero, la droga l’ha conosciuta all’età di 13 anni, con l’assunzione di pasticche di ecstasy durante i Rave Party. Poi la parabola discendente sino a scoprire la cocaina e l’eroina. Tant’è che per garantirsi il consumo ha cominciato a spacciarla. Reato per il quale – unitamente all’infrazione alla Legge federali sulle armi (a casa sua aveva una collezione di coltelli 'a farfalla', a scatto, stelle ninja e un bastone tattico estensibile) la Corte lo ha condannato a 18 mesi di detenzione, di cui 8 da espiare e il rimanente posto al beneficio della sospensione condizionale per un periodo di prova di 5 anni. Lui che – ha ricordato durante la requisitoria il procuratore pubblico Zaccaria Akbas – nel mondo della droga ci è ricaduto anche dopo l’arresto del novembre 2016. Rilasciato in libertà dopo circa un mese, il 38enne difeso dall’avvocato Marco Frigerio è tornato nuovamente nel tunnel in maniera anche più pesante (fino al suo nuovo arresto avvenuto nell’agosto dell’anno scorso). La giudice ha infatti stimato che il consumo giornaliero dell’imputato fosse di 3 grammi di eroina e 2,5 di cocaina. Dosi elevate che hanno spinto l’uomo a spacciare, in totale, 165 grammi di cocaina, 25,3 di eroina e oltre 1 chilo e 700 grammi di marijuana. Il procuratore pubblico, nel chiedere una pena a 21 mesi di detenzione (senza tuttavia opporsi a un’eventuale sospensione parziale o totale), ha ricordato come l’imputato allo stato attuale «non dia garanzia di riuscire a rimanere lontano dal mondo della droga» anche se, in aula, ha dimostrato «un piglio diverso che fa ben sperare». La difesa si è invece battuta per una pena sospesa condizionalmente, permettendo all’uomo di essere scarcerato. Le «garanzie», per l’avvocato Frigerio oggi «sono migliori». Il carcere già sofferto (si trova in detenzione da agosto) «in questo caso ha fatto bene» e oggi «è qualcuno che merita una certa fiducia». Nel motivare la sentenza, la Corte ha riconosciuto che «il periodo di carcere evidentemente è stato fruttuoso ed ha permesso all’imputato di ridurre la cura metadonica e di rafforzare la presa di coscienza sull’importanza della disintossicazione». Ciò nonostante «pesa il fatto che abbia delinquito» quando ancora era «in attesa di giudizio». Considerando la sua colpa, «grave», la giudice ha ad ogni modo riconosciuto una lieve scemata imputabilità, nonché «gli sforzi profusi in carcere per disintossicarsi». Da qui, come detto, la pena a 18 mesi di detenzione, 10 dei quali sospesi. Giudice che ha inoltre ordinato l’assistenza riabilitativa, unitamente ai controlli a sorpresa delle urine e a un trattamento ambulatoriale.

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