Mendrisiotto

Umiliati in aula, Mendrisio non cambia

Lettera di un ex studente che cinquant'anni fa subì maltrattamenti alle elementari

((Ti-Press))
5 febbraio 2018
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Alla giovane allieva delle Scuole elementari di Mendrisio (leggo sui media legata ad una sedia dall’insegnante) va tutta la mia solidarietà e l’augurio che possa porsi alle spalle questa brutta esperienza nel modo migliore. In quella stessa scuola, 50 anni fa, ho vissuto un tortuoso e infernale periodo scolastico. Sicuramente negli anni la pedagogia scolastica sarà migliorata, ma la triste vicenda della giovane ha riportato a galla i ricordi di quotidiane umiliazioni in classe e la sensazione di essere stato in un mondo – quello della scuola – ingiusto e per nulla rispettoso. Sono del 1961 e la prima formazione scolastica l’ho ricevuta a Mendrisio frequentando le elementari durante la seconda metà degli anni 60 e i primi anni 70. Il seguito della formazione mi ha portato in altre località, anche fuori cantone. Ho fatto carriera e trovato il mio posto in società.

Le ragioni di queste righe? La vicinanza alla giovane vittima di un’assurda coercizione divenuta di pubblica conoscenza che indirizzo a tutte le vittime di abusi commessi negli istituti scolastici da coloro che dovevano averne cura, non importa in quale classe, in quale paese, in quale tempo e per quali ragioni. La nitidezza di ricordi e sentimenti è ancora vivida verso quei due docenti incaricati del mio insegnamento che, come fardelli e facendo buon viso a cattivo gioco, ho dovuto forzatamente sopportare durante le elementari. Una (ormai) zitella per le prime due classi e un uomo per le rimanenti tre che hanno marcato il mio percorso scolastico modellandone psicologicamente il distacco, la diffidenza per la classe insegnante e minando la passione per lo studio così come da loro interpretato ed esatto. Le loro parole non erano melodie d’insegnamento ma rumori dissonanti verso coloro che erano altrimenti dotati per acquisire il sapere. E, usando un eufemismo, quanto erano dolorosi – e anche rumorosi nell’intimo – gli improvvisi e inaspettati cambiamenti di pressione sulla pelle e nelle orecchie durante il “fraseggio puntualmente manesco” che colpiva altrettanto puntualmente una qualche parte della testa, spesso accompagnati da umiliazioni con evitabili, inutili, ottuse e crasse storpiature del cognome. Umiliazioni regolari durate mesi, anni vissute in solitudine. Come cercare la comprensione – figuriamoci in quel periodo pensare alla difesa! – quando i genitori erano assolutamente certi della bontà di tutto quanto veniva trasmesso da quegli istitutori?… che ancora oggi considero tali solo per diritto acquisito e non certamente per meriti pedagogici. Ieri come oggi… oppure oggi come ieri… chi beneficia di una responsabilità non sempre ha personalità, formazione, competenza, profilo e capacità di investirsi per impiegarla al meglio. Peccato!

Questa giovane allieva a Mendrisio mi ha fatto un dono e gliene sono grato. Mi ha incentivato a scrivere queste righe, contattando quella antica delusione e rabbia che ancora oggi porto dentro e provo verso queste due figure che mi hanno marcato e fatto soffrire. Ho provato il cammino della compassione prima ancora di quello del perdono, svincolato dal fatto che la zitella ha oramai passato il velo della Morte e l’uomo ha lasciato l’insegnamento dopo aver ottenuto la direzione delle scuole dell’allora Borgo. Non mi addentro parlando o rappresentando altri compagni!… ma nella mia classe non sono stato l’unico a subire simili umiliazioni. A partire da quel periodo mi son sempre sentito ospite in un ambiente, quello scolastico, nel quale non mi sono mai più riconosciuto al di là dei profitti tratti. Accidenti! Questo era il loro modo d’essere adulti e professionali. Il dono che gradirei offrire alla piccola allieva è un futuro giusto e rispettoso che possa renderla fiera della sua bella unicità.

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