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Ex maestro di Montagnola: riflessione aperta sul terzo grado

Dopo l’assoluzione in Appello, con il ribaltamento della condanna in Pretura penale, le motivazioni della Corte su ‘concreto pericolo’ e perizia

In attesa del terzo grado
(Ti-Press)
31 gennaio 2023
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In attesa di conoscere le posizioni delle parti, che stanno valutandone la fattibilità, ovvero il ricorso al Tribunale federale, la vicenda giudiziaria dell’ex maestro di Collina d’Oro, dopo l’assoluzione comunicata venerdì dalla Corte di appello e di revisione penale (Carp), il cui processo si era tenuto lo scorso novembre, si completa di alcuni particolari. A, dunque, oltre otto anni da quello ‘stop’ alla didattica imposto a Mauro Brocchi, già sindaco di Montagnola, allora insegnante in una terza elementare, potremmo essere ben lungi dal veder apposta la parola fine.

Un terzo grado a cui guarderebbe chi, in questi ultimi anni, ha seguito i passi avanti dell’inchiesta ma accusandone anche i ritardi, nonché gli altrettanti passaggi di testimone da parte della Procura (ben tre i magistrati che si sono susseguiti) e l’avvento, in alcuni suoi contorni, della prescrizione. Oppure dallo stesso imputato, chiamato a risarcire delle spese processuali gli accusatori privati.

Dopo Locarno quindi Losanna, soprattutto perché la Carp, composta dal presidente Angelo Olgiati e dai giudici Ilario Bernasconi e Chiarella Rei-Ferrari, ha evidenziato come non sia stato possibile accertare – dopo la condanna del docente da parte della Pretura penale di Bellinzona nel 2019 – se vi sia stato un concreto pericolo per lo sviluppo psichico degli allievi coinvolti nei fatti contemplati dall’atto d’accusa e riferiti al periodo fra il settembre e il 23 ottobre 2014 e per i quali la Corte era stata chiamata a dare il proprio giudizio. Un ‘concreto pericolo’ – ha rimarcato la Carp – "come esige la norma di legge concernente il reato contestato al docente, imputato nel procedimento penale (violazione del dovere di assistenza o educazione, art. 219 Codice penale)". In particolare, ha sottolineato il secondo grado, "la perizia agli atti ha tenuto conto non solo anche di avvenimenti risalenti a tutt’altri periodi bensì si è parimenti fondata anche su fatti in realtà non dimostrati". Da qui la necessità di interpretare il reato contestato al docente in modo restrittivo e dunque, "non risultando agli atti gli estremi per ammettere il compimento di quel reato", di assolverlo.

La multa amministrativa

Oggi 66enne, Mauro Brocchi, difeso dagli avvocati Yasar Ravi e Luisa Polli, aveva ricoperto il ruolo di maestro di scuola elementare dal 1976, fino a quando i suoi metodi poco ortodossi d’insegnamento sfociarono – oltre al primo decreto d’accusa per lesioni semplici, vie di fatto, coazione e violazione del dovere di assistenza o educazione, a cui il l’insegnante si oppose e da cui è poi seguito tutto l’iter – in una multa amministrativa nel 2013.

Eppure, a far propendere la Corte di appello per l’assoluzione, si legge nel dispositivo, è stato in particolare l’elemento del cosiddetto rischio per lo sviluppo del minore, spiegando che, rifacendosi al Tribunale federale, "vista l’imprecisione della disposizione legale la dottrina raccomanda di interpretarla in maniera restrittiva e di limitarne l’applicazione ai casi manifesti. Devono apparire verosimili delle conseguenze durature, di ordine fisico o psichico, tali da mettere in pericolo lo sviluppo del minore". Per la Carp, inoltre, non spetta alla stessa Corte "esprimere la propria valutazione su atteggiamenti avuti dall’imputato durante la propria attività di insegnante nella fase temporale che esula dal periodo contemplato nel decreto d’accusa". Ben 41 pagine che scandagliano nuovamente quei cinque episodi a cui è stato chiamato a rispondere Brocchi e che evidenziano, in entrata, due considerazioni che alla fine si trasformano in elementi di assoluzione: non vi sono audizioni dei bambini e la perizia mostra qualche sbavatura.

Sul calcio credibilità minata

Non certo però un’assoluzione piena quella del maestro, se non fosse altro per le versioni rilasciate dall’imputato, in due differenti momenti, sul calcio sferrato alla sedia di uno dei bambini: "Prima dice che era inciampato involontariamente poi di averla spinta dal perno per far sedere meglio l’allievo". Per la Carp, quindi, questa ambivalenza "ne mina la credibilità". Accertati sono peraltro, oltre al calcio alla sedia, altri comportamenti come il colpire le mani con un righello, l’aver dato un pizzicotto, l’appoggiare la matita sulla testa esercitando una certa pressione, l’aver legato, ‘scherzosamente’, tre bambine. "Brocchi – si legge – è sempre stato rimproverato di essere stato troppo severo e che la procedura amministrativa nei suoi confronti non avrebbe migliorato tale aspetto". C’è di più: "Tutti i rimproveri di natura penale mossi all’imputato di avere violato il dovere di assistenza o educazione, rimproveri rivelatisi infondati, sono in relazione con questi comportamenti colposamente illeciti del docente, lesivi delle norme della Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti, della Lsc e del regolamento delle scuole comunali".

A non convincere, diversamente, la Corte è stata la perizia su cui si era basato il primo grado per la condanna. La Carp contesta al perito in particolare di "non aver letto gli incarti né i verbali ma di arrivare alla conclusione quale frutto di una sua interpretazione dei fatti che i due collaboratori gli hanno riportato". Per questo, si spiega ulteriormente, "nelle circostanze descritte nessuna conclusione sufficientemente certa può essere tratta circa la sussistenza di un rischio concreto per lo sviluppo psichico degli alunni. Il ‘clima’ ossia ‘questo ambiente’ a cui fa riferimento il perito è quello risultante anche da fatti estranei al periodo oggetto del procedimento penale e soprattutto molti di essi nemmeno sono provati".

Concreto rischio? Mancano elementi probatori

La Corte si è detta perciò impossibilitata ad aver a disposizione gli "elementi probatori sufficienti per stabilire se si sia verificato oppure no un pericolo concreto per lo sviluppo fisico o psichico del minore. La perizia fatta allestire durante l’istruttoria non conduce a risultati che possano essere presi in considerazione dato che le conclusioni alle quali essa perviene si fondano su fatti che in parte esulano da quelli oggetto del presente procedimento penale (siccome anteriori e che non coinvolgono gli allievi dell’imputato nell’anno scolastico 2014/15) e che in parte neppure sono provati".

Da qui la riflessione sul fatto che "il calcio alla sedia e gli altri comportamenti non bastano per ritenere, in mancanza inoltre di prove in tal senso, che abbiano comportato un concreto rischio per lo sviluppo psichico dell’allievo". Per la Carp non è cioè assodato l’elemento della violenza e della ripetizione: "Le conseguenze del calcio dato la sedia, vale a dire la dolenzia (che nel linguaggio medico significa un dolore fisico modico, non acuto), avrebbero semmai potuto e dovuto essere esaminate dal punto di vista delle vie di fatto ma l’esame è precluso alla Carp essendo ormai prescritto da diversi anni".

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