Luganese

Molestie in Unitas? ‘Non luogo a procedere’. Per prescrizione

Delusione fra chi ha portato alla luce il comportamento di chi era ai vertici dell’associazione. Interrogativi sull’avvocato che edulcorò una lettera

Unitas
(Ti-Press)
15 marzo 2022
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«Cercavi giustizia ma trovasti la legge. Purtroppo De Gregori è più che mai attuale...». C’è grande delusione e scoramento fra coloro, soprattutto donne, che hanno avuto la forza e il coraggio di parlare portando alla luce, anche attraverso le loro accorate e non scontate testimonianze al nostro giornale, il comportamento di chi ai vertici di Unitas avrebbe usato la sua posizione di potere per "allungare le mani" su utenti, volontarie e dipendenti. Solo recentemente, dopo diverse confidenze rimaste perlopiù inascoltate negli anni qualcosa si era mosso (cfr. ‘laRegione’ di giovedì scorso). Una segnalazione, avvenuta lo scorso ottobre, aveva infatti attivato alcune verifiche da parte della Polizia cantonale, in particolare su casi più recenti risalenti al periodo fra il 2017 e il 2019 (di molestie si parlava infatti ben prima, come riportato da alcune donne).

Un rapporto della polizia inviato al Ministero pubblico

In seguito a questi accertamenti, e al rapporto inviato a fine gennaio al Ministero pubblico, dopo l’ulteriore verifica dell’incarto, la procuratrice pubblica Valentina Tuoni, come confermatoci ieri dalla magistratura ticinese, ha predisposto il "non luogo a procedere". Il motivo? I casi non sussistono? Le testimonianze non erano credibili? Tutto frutto di congetture? Nulla di tutto questo, "semplice"... prescrizione. Secondo la legge, infatti, l’accusa di contravvenzione contro l’integrità sessuale può essere promossa solo per querela di parte che deve essere avviata entro tre mesi nei casi specifici ed entro tre anni in un più ampio discorso di azione penale per molestie. In questi specifici casi, tutto sarebbe quindi stato "annullato" dal tempo trascorso. Resta ora da conoscere la posizione del Dipartimento sanità e socialità a cui Unitas fa riferimento per alcuni contratti di prestazione. Vi è la possibilità di un’inchiesta interna? Il Dss procederà con ulteriori accertamenti? La risposta nei prossimi giorni quando il dipartimento si sarà chinato sulla questione.

La lettera

Era stato lo stesso attuale presidente di Unitas a richiedere, nel 2019, il suo parere in merito alla lettera con cui si sollevava dalle cariche istituzionali e dai compiti a titolo volontario il protagonista delle segnalate molestie. In una mail inviata al comitato lo citava come "un giurista di fama e di mia fiducia". Termine non certo improprio considerato che il legale oltre a dirigere uno studio prestigioso ha rivestito anche alte cariche partitiche. Ma il fatto di voler lavare i "panni sporchi" nel contesto dell’associazione poteva e può avere risvolti quantomeno etici? Una domanda che abbiamo rivolto a Brenno Canevascini, presidente della Commissione cantonale di disciplina degli avvocati: «Come commissione ci attiviamo quando riceviamo una segnalazione o, d’ufficio, quando nel considerare una situazione riteniamo possa esserci una violazione deontologica. Rispettivamente è necessario verificare quale tipo di violazione deontologica ci troviamo a considerare perché vi è tutto un catalogo nel qualificare il comportamento di un avvocato al fine di verificare se ha violato o meno le norme deontologiche. In un caso specifico come questo quindi bisogna vedere se e in che misura ha violato il principio di cura e diligenza nello svolgimento del suo lavoro. Perché c’è un principio di cura e diligenza, ma c’è anche un principio di opportunità. In un discorso più generale, e non legato a questo caso, è chiaro che nella difesa degli interessi del proprio cliente c’è un margine di manovra dove si dice questo diciamolo, questo non diciamolo, questo facciamolo, questo non facciamolo. Il che non deve chiaramente sfociare nell’illegalità».

Senza una segnalazione diretta è possibile dunque che vi muoviate anche autonomamente?

Se esce, per esempio, sulla stampa il nome del legale e le circostanze precise possiamo attivarci d’ufficio. Sì lo possiamo quindi fare e ci è già capitato. Sul caso specifico andrebbe verificato per cominciare se l’avvocato era membro del comitato stesso e se per questo ha agito come membro e non come avvocato dedito al libero esercizio, perché in questo caso non sarebbe sanzionabile. Se, diversamente, gli è stato dato un mandato professionale al fine di analizzare la situazione allora sottostarebbe alla disciplina. Un parere personale? Le condizioni in cui gli è stato chiesto un parere sono fondamentali. Bisognerebbe esattamente sapere come gli è stato chiesto e cosa gli è stato detto. Diversa è la chiacchierata al bar dal compito, anche a titolo gratuito, di approfondire il dossier. È molto fine qui la distinzione.

E sul suggerimento di edulcorare la lettera da inviare al responsabile così da "non arrischiare di ritorcersi contro di noi e nuocere all’immagine di Unitas con conseguenze che non possiamo prevedere e con il pericolo di uscite sulla stampa", come scriveva il presidente?

Vi sono alle volte anche scelte di opportunità – risponde alla nostra domanda Canevascini –, del cosa e come comunicare alla controparte. Non si tratta di un "calare le braghe" ma di scelte di opportunità che non hanno nulla a che vedere con la deontologia, ma con i limiti del contratto di mandato che c’è fra avvocato e cliente. Di dire insomma qual è il minore dei mali, di trovare una soluzione più morbida per evitare un contrattacco...». Commissione che può richiedere qualora volesse piegarsi sulla questione l’identità del legale all’associazione? «Se riteniamo che ci possa essere stata una mancanza deontologica sì, ma il nostro interlocutore può sempre rifiutarsi spiegando che è una questione interna. Ci è capitato qualche anno fa dove era uscito un nome nell’ambito di una procedura su cui volevamo approfondire la posizione del legale. Ebbene ci risposero che, pur comprendendo la richiesta, non avevano nessuna intenzione di rivelare il nome del loro patrocinatore.

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