Luganese

Condannato stalker: mesi di minacce nel Luganese alla moglie

L’uomo, che non aveva accettato di essere lasciato dopo 33 anni di matrimonio, ha pure tentato di ‘sequestrarla’ in un clima di terrore. Pena di 18 mesi

Solo l'arresto ha posto fine alle minacce
(Ti-Press)
5 ottobre 2021
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«Ammetto tutto e sono dispiaciuto per quanto ho fatto». Lo ha detto ancora prima che il giudice aprisse il processo, il 56enne serbo approdato oggi davanti alle Assise correzionali di Lugano, con l’accusa di ripetuta coazione, in una parola: stalking.

L’uomo, per quasi tre mesi, dal gennaio al marzo scorso, ha ripetutamente minacciato la moglie: sotto casa, sul posto di lavoro, inseguendola in più località del Luganese. E persino tentandone il sequestro (questa la qualifica data al reato): il 9 marzo, alle 6 del mattino, ha teso un agguato alla donna: mentre si stava recando a piedi sul posto di lavoro, il 56enne ha cercato di caricarla sulla sua auto. Lei si è opposta e lui ha insistito, mettendole una mano sulla bocca per impedirle di urlare e cercando di spingerla all’interno del veicolo. Alla fine la vittima è riuscita a divincolarsi e a scappare verso il proprio domicilio. Un lieto fine soltanto apparente, perché poi le minacce si sono ripetute e la donna non ha più conosciuto pace.

‘Non volevo farle del male’

«È una questione di età, non volevo fare male a mia moglie, ma non accettavo che dopo 33 anni di matrimonio la nostra relazione si interrompesse. Abbiamo cresciuto 4 figli. In carcere sono sostenuto da una psichiatra». Così ha dichiarato l’imputato, dispiegando una storia carica di dolore. Una perizia psichiatrica agli atti ha concluso per un trattamento ambulatoriale che l’uomo, già seguito da uno psichiatra in carcere, dovrà continuare a seguire. «Mi vergognavo di fare quello che ho fatto» ha dichiarato il 56enne. Nove gli episodi di stalking accertati dalla Corte, che in parte, oltre alla moglie, si sono rivolti anche nei confronti dei figli. Inseguimenti ma anche vie di fatto: sberle e pugni, strattonamenti. L’uomo ha disatteso completamente l’ordine di mantenersi lontano dalla coniuge decretato dalla Pretura di Lugano. Tanto che ai polsi del 56enne, a febbraio, sono scattate le manette. Dopo due giorni di detenzione, l’uomo è stato scarcerato. Ma un mese più tardi, a marzo, è tornato a esercitare stalking nei confronti della moglie, finendo nuovamente in carcere dove vi è stato finora: 7 mesi. Domani, tuttavia, l’imputato potrà lasciare definitivamente il penitenziario: andrà in una pensione. Il giudice Mauro Ermani ha accolto infatti la richiesta di pena del procuratore pubblico, Zaccaria Akbas: 18 mesi di carcere, di cui 7 da espiare (e già appunto scontati) e i rimanenti sospesi con la condizionale. Prolungato l’ordine, già impartito dalla Pretura, di stare tassativamente lontano dalla moglie. L’imputato, difeso dall’avvocatessa Sabrina Aldi, ha giurato a più riprese di non avere più nessuna intenzione di importunare né la moglie né i figli. E si è detto pentito.

Aggressione all’interno del penitenziario e droga: condanna ed espulsione

Intanto, nel primo pomeriggio, nella stessa aula principale del tribunale, davanti alla Corte delle Assise criminali (presidente, il giudice Mauro Ermani) è stato condannato per un traffico di quasi 400 grammi di cocaina un cittadino albanese di 31 anni, nonché per un’aggressione all’interno del penitenziario, avvenuta nel luglio 2019 al secondo piano della Stampa e costatagli diversi giorni di cella di rigore. Pena: 30 mesi di detenzione e 20 anni di espulsione dalla Svizzera, un lungo tempo poiché è recidivo. L’uomo, difeso dall’avvocato Yasar Ravi, tra il settembre 2019 e l’ottobre 2020 ha detenuto, importato in Svizzera, alienato ed esportato la sostanza stupefacente. Reo confesso, il 31enne ha alzato pure le mani all’interno del penitenziario, colpendo ripetutamente a pugni un detenuto con il quale aveva ingaggiato una lite. «Un fatto grave», lo ha ammonito la Corte.

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