Pandemia

Viaggio fra i vaccinati: 'Perché l'hai fatto?'

Una domanda che ha messo a nudo i pensieri delle persone appena immunizzate fuori dal Padiglione Conza di Lugano

Vaccinata! (Ti-Press)
26 luglio 2021
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Il cosiddetto ''modello francese'', che l'Italia ha in parte seguito, dal prossimo 6 agosto, con l'annuncio del Green Pass obbligatorio per partecipare a determinati eventi e accedere a luoghi pubblici, ha avuto un'eco enorme. Dopo l'annuncio preso dal presidente francese Emmanuel Macron, che prevede di imporre a tutto il personale sanitario di vaccinarsi entro il 15 settembre, pena non poter più lavorare e dunque con l'incertezza di ritrovarsi senza stipendio, il resto del mondo ha iniziato a interrogarsi sul Certificato Covid e al vincolo di possederne uno per avere accesso, per esempio, a bar, ristoranti, cinema, ecc. come a mezzi pubblici o per frequenza di strutture sanitarie e assistenziali. Domande ancora senza risposta, ma che per alcuni sembrano essere state il 'movente' giusto per sciogliere qualsiasi dubbio (o almeno superarlo) e andare a vaccinarsi.

Armati di interrogativi ci siamo così recati al Padiglione Conza, uno dei due centri vaccinali di Lugano, con Tesserete. Abbiamo così chiesto a quanti vi entravano o uscivano cosa li ha spinti lì: paura del virus, responsabilità civile o per tutelare le proprie libertà sociali? In risposta abbiamo ricevuto le giustificazioni più disparate: «Mi vaccino perché ho decisamente paura del virus», ci ha detto una signora, sottolineando poi che «se tutti pensano a se stessi, non andremo da nessuna parte». Di diverso avviso alcuni giovani: «Io sinceramente l'ho fatto solo per essere più libero. Se anche qui decideranno di seguire la Francia o l'Italia (e una riflessione è già stata intavolata da parte degli esperti svizzeri e ticinesi, Ndr), addio vacanze e addio vita mondana. Questo vaccino, ad ogni modo, non è che mi faccia proprio impazzire, visto anche tutte le persone che sono state male a causa degli effetti secondari». E ancora: «Non se ne può più. Ma che vita è, così? Non di certo un periodo spensierato, come dovrebbe esserlo per un giovane... E neppure una vita in generale». Un altro ragazzo, invece, ci racconta che secondo lui è in atto una guerra invisibile dai risvolti inimmaginabili... 

Responsabilità civile, la parola più utilizzata

Responsabilità civile è stata la parola più utilizzata, ovvero il rispetto per il prossimo e per la comunità: «Dobbiamo vaccinarci per mettere fine a questa storia. Io il Covid l'ho già fatto, e personalmente non mi fa paura. Però vedo che l'unica via per uscire da questa situazione è il vaccino, e io ne voglio uscire subito, per quello che oggi ho fatto la seconda dose», conclude una donna. In sostanza, quindi, la maggior parte degli intervistati si è convinta a vaccinarsi per un bene 'superiore' e per poter, con le nuove restrizioni, evitare di non poter più accedere a nulla. Paura del virus praticamente a zero per i giovani, che principalmente si vaccinano per continuare a fare i ''giovani''. Paura invece per le persone più anziane e a rischio. Anche se, in realtà, non tutte le persone fragili sono intimorite dal virus: «Bah.. per me è poi uguale. Mia moglie l'ha fatto ed è stata male. Io no. Non si capisce un cavolo! Comunque, l'importante è che finisca questa rottura ''da ball''», ci ha spiegato in dialetto un uomo sulla settantina. Ma nel nostro reportage è venuta fuori anche un'altra motivazione, ovvero il senso di colpa: «Non avrei voluto farlo. Però, cavolo, se poi lo attacco a un mio collega di lavoro? O peggio, a un mio famigliare? Sinceramente è questo che mi ha portato qui a vaccinarmi. Nient'altro».

C'è stata poi un'altra domanda: ti fidi al 100 per cento del vaccino che hai appena fatto? «Se l'ho fatto, vuol dire che funziona. Credo nella scienza, ma capisco gli scettici: è arrivato in tempi record ed è normale avere qualche perplessità. Però dobbiamo farlo, non mi pare ci sia un altro modo». Per una ragazza, la fiducia non è totale: «Oggi è stata la prima dose. Non so... mi fido, eh, non è questo. Mi fido delle istituzioni, del Cantone e di tutte le persone che stanno lavorando interrottamente da quando è iniziato tutto questo schifo. Ma non sarei sincera se non dicessi che, comunque, qualche dubbio sulla reale efficacia e la durata della protezione ce l'ho». Un ristoratore ci confida, infine, che l'ha fatto solo per continuare a lavorare: «Non posso più permettermi di chiudere. Se lo dovessi fare di nuovo, sarebbe la fine». 

 

 

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