Luganese

Ars Medica, la perizia scagiona il dottore indagato

Il parere esterno chiesto dalla Procura esclude le false operazioni del neurochirurgo alla clinica di Gravesano segnalato dal Medico cantonale

Gli esterni della clinica di Gravesano (Ti-Press)
13 giugno 2021
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È escluso che il neurochirurgo sotto inchiesta penale abbia praticato un approccio terapeutico tipo ‘sham surgery' in alcuni interventi eseguiti all'Ars Medica di Gravesano. La conclusione della perizia ordinata dalla procuratrice pubblica Marisa Alfier, di fatto, potrebbe scagionare il dottore finito sotto inchiesta dopo segnalazioni al Ministero pubblico di presunte false operazioni. L'esito del parere esterno, come ha riportato oggi il settimanale 'Il Caffé', chiesto al professor Davide Locatelli e al dottor Giorgio Minonzio, è un elemento fondamentale delle indagini e potrebbe far cadere le accuse nei confronti del medico indagato. Secondo i due medici lombardi, gli interventi sono stati effettivamente eseguiti, anche se in alcuni casi con tecniche troppo conservative. I casi sono quattro e riguardano altrettanti pazienti operati – tra il 2015 e il giugno 2019 – dal neurochirurgo ora sotto inchiesta penale. I quattro pazienti si sono successivamente rivolti al Centro specialistico del Civico, dove sorsero dei sospetti che le operazioni non fossero state eseguite.

Gli interventi alla schiena sono stati eseguiti

L'inchiesta penale è scattata, lo ricordiamo, nei primi mesi del 2019. L'artefice della segnalazione al Ministero pubblico è il Medico cantonale, Giorgio Merlani, che prese la decisione di avvertire gli inquirenti, dopo aver valutato le considerazioni di un équipe di specialisti dell'Ente ospedaliero cantonale (Eoc). Nel mirino c'erano quattro operazioni sospette. Come riporta il settimanale, le analisi eseguite al Neurocentro e le successive denunce alla Procura sono sostanzialmente le stesse. Sospetto concreto, più che concreto secondo l’équipe, di "false operazioni". In parole più semplici, si trattava di interventi eseguiti alla schiena, con l’obiettivo di decomprimere dei nervi. Ebbene, stando alla perizia, "l'atto terapeutico simulato (una sorta di placebo interventistico/chirurgico) comporta la realizzazione di tutte le manovre di approccio ma l’astensione della procedura dichiarata vera e propria (assenza di legature, di ablazioni o di attivazione di device impiantati)... Si può affermare che il neurochirurgo sotto inchiesta non sembra, relativamente ai quattro casi presi in considerazione, aver avuto in corso alcun protocollo di questa tipologia né si sia manifestamente orientato in tal senso in tutti gli atti chirurgici praticati".

Richiesta di risarcimento pendente

Nel frattempo, l'Ars Medica ha presentato la propria richiesta di risarcimento al Dipartimento della sanità e della socialità e all'Eoc. Un risarcimento presentato nei mesi scorsi con l'inchiesta penale ancora in corso, per evitare che scadessero i termini per l'inoltro. La richiesta è stata quantificata in oltre un milione di franchi. La somma riguarda 'semplicemente' una cifra tecnica e non tiene conto del più ingente danno all'immagine. Dovesse riceverla, l'Ars Medica, la devolverebbe a "Genolier Foundation", fondazione a scopo benefico appartenente allo stesso gruppo. L'esito della perizia rappresenta chiaramente un punto a favore della clinica di Gravesano e del professionista indagato. Da noi interpellati i vertici dell'istituto hanno preferito non commentare la notizia. Un fatto è sicuro: la pubblicazione sui media dell’apertura di un’inchiesta penale a carico di un neurochirurgo che operava all’Ars Medica, ha causato un danno non quantificabile all'immagine della clinica. 

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