Luganese

Lugano: autogestione, l'Udc lancia l'iniziativa per limitarla

Parte la raccolta firme (3'000 in 100 giorni) per modificare il Regolamento comunale della Città, che implichi diritti e doveri e disdette automatiche

Sventola bandiera nera (Ti-Press)
26 marzo 2021
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La popolazione di Lugano potrebbe esprimersi alle urne sul tema dell'autogestione. La sezione cittadina dell'Udc ha infatti lanciato oggi l'iniziativa popolare comunale “Adéss basta! No a un'autogestione al di sopra della legge”, che se riuscirà a raccogliere 3'000 firme entro cento giorni, porterà i cittadini a esprimersi sulla modifica del Regolamento comunale della Città, con l'aggiunta dell'articolo 97bis che in sostanza metterebbe dei paletti alle esperienze di autodeterminazione a Lugano. O meglio, più che a Lugano negli stabili di proprietà della Città.

‘Punto di non ritorno raggiunto con le ultime manifestazioni’

«Il punto di non ritorno si è raggiunto con le manifestazioni del 30 ottobre (a Molino Nuovo, dove una manifestante ha dato una testata a una nostra collega, ndr) e dell'8 marzo (culminata in disordini alla Stazione Ffs, ndr)» sostiene Alain Bühler. E in effetti, dopo l'episodio autunnale, l'Udc aveva già manifestato l'intenzione di procedere con l'iniziativa annunciata oggi. «Questo tipo di autogestione che si reputa al di sopra della legge, che non riconosce l'ordine pubblico come il resto dei cittadini, non è più accettabile a Lugano. Negli ultimi cinque anni ci sono stati 102 interventi di polizia per svariati motivi, che hanno un costo e sono a carico dei cittadini. Siamo inoltre certi che non ci sarà uno sgombero nei venti giorni provvisti: potrebbe esserci un ricorso e un effetto sospensivo e poi un cambiamento di maggioranza in Municipio con l'uscita di Bertini (che con i tre rappresentanti leghisti sostiene la linea ‘dura’, ndr). In ogni caso serve una soluzione a lungo termine. E dopo vent'anni di presenza del centro sociale autogestito Il Molino all'ex Macello, vogliamo che i cittadini luganesi si esprimano, fa parte del processo democratico».

Obbligo di convenzione e in caso di irregolarità: disdetta automatica

Queste le ragioni dell'iniziativa. Ma cosa prevederebbe di preciso il nuovo articolo di legge? Intanto, in linea teorica non si esclude la presenza dell'autogestione. Anzi: «La Città dovrebbe concedere spazi, locali o immobili pubblici per attività giovanili pensate in spirito di autodeterminazione – precisa Raide Bassi –. In tal modo non si andrebbe a interferire con la Legge giovani cantonale (che la prevede esplicitamente, ndr). Ma a determinate condizioni». Un paletto di per sé andrebbe già a cozzare con la natura stessa dell'autogestione: l'iniziativa chiede di nominare un rappresentante che si interfacci con l'autorità “con mandato vincolante”. Un altro paletto è relativo invece al rispetto delle regole: per concessioni di immobili superiori all'anno andrebbe necessariamente firmata una convenzione con la Città che esplicherebbe diritti e doveri e il mancato rispetto di questo comporterebbe automaticamente la disdetta. «Non vogliamo tarpare le ali a nessuna attività giovanile, ma non vogliamo più vandalismi, manifestazioni non autorizzate, non rispetto della legge e violenza verbale e fisica nei confronti delle autorità» sottolinea Bühler. «Non vuole essere uno strumento di scontro, ma che dia pari opportunità a tutti i cittadini» precisa invece Bassi.

Settimana prossima si firma il rapporto unico

Un comitato non è ancora stato del tutto definito, ma i consiglieri comunali democentristi hanno evidenziato che si sono già palesati dei simpatizzanti all'iniziativa. Fra questi, i municipali della Lega, il capogruppo sempre leghista in Consiglio comunale Lukas Bernasconi e alcuni consiglieri del Plr, fra i quali Urs Lüchinger. Ma l'Udc si sta muovendo anche in altre sedi. Dopo aver pensato a due rapporti distinti, i granconsiglieri Tiziano Galeazzi e Raoul Ghisletta hanno trovato un compromesso all'interno della Commissione sanità e sicurezza sociale per portare un rapporto unico riguardo alla mozione del 2012 presentata dagli allora granconsiglieri Fabio Schnellmann, Roberto Badaracco e Gianrico Corti sul destino del Molino. «Che lo si voglia o no, il Cantone è coinvolto avendo firmato nel 2002 la convenzione fra le parti – ricorda Galeazzi –. Dopo diverse discussioni, siamo arrivati a una proposta di rapporto unico, che comprende l'idea di un mediatore (voluto da Ghisletta, ndr) e l'indicazione che il centro sociale non si trovi per forza a Lugano (come voluto da Galeazzi, ndr). Abbiamo accettato la volontà di diversi commissari di riportare il tema nei gruppi politici. Vogliamo che giovedì prossimo si arrivi a un dunque, per portarlo al prossimo Gran Consiglio di metà aprile, quando la Lega chiederà la discussione generale sul tema».

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