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Zoo al Maglio, dietro le gabbie la metafora del lockdown

In visita, in tempi di pandemia, al parco di Neggio e ai suoi animali, protagonisti di un ‘isolamento’ che l’uomo ha finito per conoscerlo bene

Zoo al Maglio (Ti-Press)
6 aprile 2021
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Sta oltre l’inferriata e ti guarda, in tempi di pruriginoso distanziamento sociale, come a dirti "non vorrai dirlo a me…?". Lei, Sadari, è un leopardo delle nevi. Dall’altro lato delle sbarre, in un’altra gabbia c’è Deleg. Sono separati dal ‘calore’ della femmina e in attesa dell’ok di chi di competenza per l’accoppiamento. Si direbbe che anche per uno dei gesti più naturali al mondo qui allo zoo serva prima una carta bollata... Ci troviamo al Maglio, Comune di Neggio, «anche se tutti, sbagliando, ci posizionano a Magliaso, dove abbiamo la sola entrata» comincia dagli errori e dai preconcetti di cui un luogo come questo deve giocoforza farvi i conti, Sabina Fehr, figlia del fondatore dell’unico parco zoologico ticinese, inaugurato nel 1973, e attuale direttrice, responsabile di un team di una dozzina di persone.

Gimmy, il gibbone, e i brufoli umani

Dal 1° marzo, loro aperti solitamente sette giorni su sette, 365 giorni l’anno, anche a Natale dunque, hanno potuto riaccogliere i visitatori, in questo ultimo anno di pandemia cresciuti, peraltro, in numero ed entusiasmo. Alle spalle un lockdown nel lockdown: noi tutti (esseri umani) chiusi in casa per i timori legati al Covid-19 e gli animali, in cattività, 'liberi' dagli sguardi di curiosi bambini e di adulti impazienti di salire sul baby caterpillar dell’area gioco (tanto che la direzione ha deciso di installarne un secondo proprio per i genitori). Perché un po’, bisogna ammetterlo, noi discendenti dall’uomo di Neanderthal, in questo spazio senza tempo, caratterizzato dai ritmi lenti della Natura e dagli odori dei suoi abitanti, spesso ritroviamo le nostre radici e le nostre abitudini. Come quella di Gimmy, gibbone dalle mani bianche, intento a cercare fra il suo pelo fastidiose pulci, così come noi, sempre però nel momento sbagliato, andiamo a caccia di brufoli e punti neri sugli sbarbati volti dei figli (“ma mamma!”) o, in vacanza, delle più irsute schiene dei mariti. La simpatica scimmia ha 56 anni e vive allo zoo del Maglio da quando aveva pochi mesi. Oggi, fino a prova contraria, è la più longeva della sua specie su tutta la faccia della Terra. La supera nel recinto vicino, in termini di età presente nella struttura di Neggio, solo una tartaruga settantenne, ovvero 'matura' di oltre 840 mesi. E noi, ci viene da pensare, che ci lamentiamo per circa dodici di isolamento coatto… Poco lontano troviamo due Nasua, appartenenti alla famiglia dei procioni, impegnati in un andi-e-rivieni da mattinata di jogging e protagonisti, inconsapevoli, di quella 'attività motoria' di cui in molti abbiamo beneficiato (e approfittato nel giustificarci di inutili spostamenti) durante la prima ondata del Sars-Cov-2.

La vita con 200 animali e 48 specie

Di recinto in recinto, continuando la nostra visita, scopriamo qualcosa come più di 200 animali e 48 specie. Persino capre, maialini e volatili, che gli under, prima dell’incontro ravvicinato organizzato magari per il loro compleanno, avranno visto solo su un libro illustrato o in tv: “Papà, guarda una gallinaaaaaa!». Insomma, quanto li capiamo ultimamente questi animali, costretti come siamo nelle nostre case da un microscopico virus che ci ha obbligati a riconsiderare un’intera società moderna, solo un anno fa libera di fare qualunque cosa o andare ovunque senza particolari vincoli o restrizioni. Loro, i quattro-zampe, e non solo, quella ‘gabbia’ la vivono sulla propria pelle un’intera esistenza, i più da quando hanno visto la luce… Una condizione che spesso e volentieri ha raccolto i commenti dei soliti... leoni da tastiera? «In passato in effetti sì, soprattutto quando era ancora attivo mio padre – non nasconde certe antipatiche pratiche la direttrice –. Soprattutto siamo stati il bersaglio di sedicenti animalisti. Da quando ho assunto la responsabilità, nel 2015, ho portato però avanti un importante lavoro di comunicazione attraverso anche visite guidate rivolte ai bambini. La consapevolezza nel riconoscere il rispetto dell'animale e la sua cura dunque è cambiata, e oggi le critiche sono ridotte al minimo. Il nostro è un piccolo zoo, siamo dunque piccoli e rimarremo piccoli in quanto non vi è possibilità, fra il fiume Magliasina e la collina, di guadagnare terreno. In questo modo però il contatto con gli animali è molto ravvicinato, non solo per noi che vi operiamo ma anche per i visitatori; una vicinanza che fa bene a tutti e di cui tutti ne possono beneficiare». Lo viviamo, infatti, nell'ammirare, a una manciata di metri, i quattro leoni, mamma e tre poderosi figli. Tre fratelli dalla folta criniera che ultimamente mostrano di sentir stretta la convivenza fra familiari, tanto da non andare per il sottile nelle litigate che si fanno quotidiane e obbligare così lo zoo al trasferimento di qualche esemplare. Proprio come gli adolescenti della razza umana – è l'ennesima similitudine – che il lockdown ha 'imprigionato' nelle loro camerette, in contrasto perpetuo con la sorella maggiore per il bagno o con il piccoletto di casa nella lotta all'ultimo joystick per la playstation.

Animalisti... più miti

Oggi, come detto, lo zoo al Maglio non si sente più al centro del bersaglio animalista. I tempi dei raid volti ad aprire le gabbie e le manifestazioni pro-chiusura sembrano aver perso quel clamore mediatico che hanno visto protagonista in passato la Delegazione ticinese dell'Atra (Associazione svizzera per l'abolizione della vivisezione). Le battagli si sono spostate soprattutto verso le macellazioni (la Pasqua per i capretti per restare di questi tempi) e l'allevamento intensivo del pollame. Permettendo così allo zoo di Neggio ci continuare nella sua quotidianità, come lo fa ormai da mezzo secolo.

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