Luganese

Orio Galli neopresidente delle Polcom: ‘Verso la prossimità 2.0’

Intervista al vicecomandante della Polizia Torre di Redde, che dall’8 ottobre è il presidente dell'Associazione delle polizie comunali ticinesi

Orio Galli, neopresidente dell'Associazione polizie comunali ticinesi (Ti-Press/Pablo Gianinazzi)
28 ottobre 2020
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Ancora giovane ma già con una lunga e ricca esperienza. E la passione di chi ama il proprio mestiere. È Orio Galli, vicecomandante dal 2013 della Polizia comunale di Capriasca, diventata nel 2015 Polizia Torre di Redde – comprendente anche Comano, Cureglia e Ponte Capriasca –, e dall'8 ottobre presidente dell'Associazione delle polizie comunali ticinesi (Apcti). In occasione dell'importante nomina, lo abbiamo intervistato su alcuni significativi temi d'attualità.

Termina la scuola cantonale di polizia nel 2007, fino al 2010 è di servizio alla Polcom di Lugano, poi passa in Capriasca, dove ha vissuto anche la nascita della polizia strutturata. In pochi anni, cambiamenti significativi.

Sono partito da Lugano perché sentivo la necessità personale di aver a che fare con l'interventistica ma anche con più contatto con i cittadini. Qui, rispetto al polo di Lugano dove lavoravo sulle 24 ore, posso concedermi di seguire i casi anche un po' più in là del semplice intervento, prendendo ad esempio i contatti con l'Arp o i servizi sociali, cercando di rinforzare l'anello finale dei nostri interventi. Lavorando invece nell’ambito dell’interventistica sulle 24 ore, la continuità degli interventi si vede necessariamente meno. Per quanto riguarda invece il passaggio alla polizia strutturata: malgrado siano dei paesi abbastanza piccoli hanno tutti loro caratteristiche e peculiarità, che se comprese permettono di gestire meglio le problematiche e arrivare a soluzioni più personalizzate. La difficoltà sta nel calibrare le differenze tra un comune e l'altro, però una volta che si capiscono il lavoro diventa interessante. 

La prossimità le sta a cuore. Perché è così importante per un poliziotto?

La prossimità dovrebbe essere uno strumento per riuscire a 'sgravare' tutto quel che c'è dopo, per avere una polizia più proattiva e preventiva: non solo intervenire quando c'è un problema, ma cercare di prevederlo e intervenire quindi prima che si presenti. Per farlo bisogna conoscere molto bene il territorio e le persone che ci abitano e che lo frequentano. Non è più la prossimità di una volta, con l'agente di paese o l'usciere, è una prossimità 2.0. Si va veramente a monitorare il quartiere, la zona di competenza. Si cerca di capire quali sono le problematiche e gli interventi sono più mirati. Per farle un altro esempio, abbiamo avuto poi un caso a Ponte Capriasca di una persona che doveva essere portata su un'ambulanza, che in preda all'ira diceva "se non me lo dici tu, non ci salgo". È una bella soddisfazione. La prossimità è molto importante e l'abbiamo visto ancora bene adesso con il Covid.

Cosa intende?

Poniamo l'esempio che si debba andare a chiudere un esercizio pubblico. Se a intervenire è il poliziotto che l'esercente conosce e col quale ha una certa confidenza – rispetto magari a uno della Cantonale, che è la prima volta che vede –, è possibile modulare l'approccio. La conoscenza permette di stabilire un rapporto diverso, permette di calibrare l'intervento in base alle persone e alle situazioni che si hanno davanti.

Torre di Redde è nota nella regione per essere un Corpo dove le cose funzionano bene. Come lavorate?

Siamo dieci poliziotti e un ausiliario, ci occupiamo della gestione amministrativa e ogni agente è il referente per un determinato comune o quartiere. Quindi ha a disposizione tot tempo in settimana per la prossimità, per prendere contatto con le persone, con le autorità comunali, con le commissioni di quartiere. È un'impostazione interna che ci siamo dati noi anche per necessità: siamo in pochi e non possiamo fare tutto. Poi naturalmente dobbiamo garantire l'interventistica che spetta alle Polizie comunali e questo viene fatto con almeno una pattuglia (due poliziotti e un veicolo, ndr). Abbiamo una fascia oraria che dobbiamo garantire, mentre di notte ci subentra la Polizia di Lugano. Nei weekend invece collaboriamo con la Polizia del Vedeggio per coprire i due territori. 

Pensa che la prossimità che attuate voi possa essere esportata anche altrove?

Sì, assolutamente. Nel comitato dell'Apcti siamo convinti che la prossimità sia la parola chiave per mantenere e migliorare le polizie comunali. Lo scopo è garantire un servizio in più rispetto a quel che fa la Cantonale, che sia di supporto. Ma di supporto anche ai servizi comunali ad esempio, grazie alla conoscenza del territorio e alle relazioni sociali. Il primo tenente della Polcom di Lugano Wladimiro Castelli è l'autore di un documento che l'Associazione dei Comuni Ticinesi ha commissionato all'Apcti, che indica chiaramente i compiti della prossimità 2.0. C'è ancora molto da fare sul fronte dell'istruzione, della formazione continua. L'obiettivo è che i cittadini conoscano i poliziotti anche quando non indossano la divisa, affinché ci sia un referente e possano sentirsi liberi di chiederci consigli. È importante ottenere la fiducia della popolazione.

Il discorso della fiducia nei confronti della polizia è legato anche allo spiacevole aumento della violenza nei confronti delle divise. La prossimità può aiutare a ridurre anche questo fenomeno?

Sicuramente. Capisco che un giovane appena uscito dalla scuola abbia il desiderio di partecipare a interventi con maggior azione, ma credo che stabilire dei rapporti di fiducia coi cittadini sia davvero appagante. Grazie alla prossimità si vede anche un feedback di quel che si fa. L'aumento dei casi di violenza contro gli agenti mi preoccupa e mi auguro che la modifica di legge per sanzionare di più gli autori di questi reati vada in porto. Tuttavia, cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno. Sono pienamente convinto che in Svizzera gli agenti agiscono a servizio del cittadino. Viviamo ancora in uno stato dove vediamo relativamente poca violenza sui funzionari e per fortuna non capitano neanche casi eclatanti di violenza delle forze dell'ordine come quelli recenti negli Stati Uniti ad esempio. C'è un rispetto reciproco che in generale funziona. Ed è nell'interesse degli agenti stessi garantirsi la fiducia della cittadinanza: se non la guadagniamo, saranno meno disposti a segnalarci i problemi e automaticamente sarà più difficile intervenire per risolverli. È un circolo virtuoso che va coltivato.

Ci sono poi anche le tensioni interne ai Corpi. Si sente di dare consigli alle realtà in difficoltà?

Credo che se davvero ci concentrassimo tutti su uno scopo comune gli screzi, che siano interni o con la Cantonale o con altre autorità, decadrebbero automaticamente. Quando c'è stato il lockdown, per esempio, tutte le Polcom sono passate sotto lo Stato maggiore di condotta. Le assicuro che fra i poliziotti sul terreno c'era un grande entusiasmo nel combattere il nemico comune. I colleghi si offrivano per lavorare di più. Bisogna anche smettere di pensare che vi siano delle polizie di serie A e altre di serie B. È chiaro che la Cantonale ha dei compiti e le Comunali altri, ma l'obiettivo è il bene comune per tutte. Se noi ci specializzassimo diventando gli esperti della prossimità, sarebbe un lavoro estremamente interessante e per nulla denigrante nei confronti degli altri. Forse in passato qualcuno ha considerato tale funzione solo come un dignitoso fine carriera... è passato un messaggio sbagliato. Qui da noi ad esempio siamo tutti relativamente giovani ma la prossimità è un contesto dinamico che entusiasma tutti. Che la prossimità sia fondamentale ormai credo che sia un fatto acquisito, anche Samuel Maffi (capodicastero Sicurezza pubblica di Mendrisio, dov'è emerso un malessere in polizia, ora rientrato, ndr) ne ha ribadito recentemente l'importanza.

Ha fatto discutere la recente condanna alle Assise correzionali a un anno sospeso di un agente che andava a 102 all'ora su 50: era in servizio e andava veloce per raggiungere il luogo di un incidente. Cosa ne pensa?

Capisco e rispetto la decisione del giudice (Mauro Ermani, ndr) che ha una forchetta decisionale, data dalla legge, molto stretta. Ma capisco e rispetto molto anche la volontà del gendarme, che era quella di salvare una vita. Il suo scopo era nobile e difendibile. Non siamo i primi in Ticino ad aver avuto questo problema, anche in Romandia si sono accorti che c'è un problema e sono favorevole alla modifica dell'articolo 100 della Legge sulla circolazione stradale, per regolamentare in un altro modo le luci blu. Quando sentiamo queste storie, ci si chiede se valga davvero la pena 'andare in emergenza' (azionando le sirene, ndr) se poi si rischia la licenza di condurre se non addirittura il posto di lavoro.

Il suo predecessore alla testa dell'Apcti aveva espresso forti preoccupazioni riguardo alle infiltrazioni mafiose sul territorio. Le Polcom cosa possono fare?

Sono preoccupazioni che condivido e ritengo che anche in questo caso il tema della prossimità sia importante. Niente è più utile in queste inchieste della conoscenza delle persone: chi frequentano, in quali ritrovi? Informazioni che possono essere utili non soltanto per le polizie cantonali ma anche per quella federale. 

C'è infine il grosso tema della riforma della polizia, che vorrebbe portare un minimo di 15 agenti nei Corpi. A che punto siamo col progetto 'Polizia Ticinese'?

Premetto che sono in carica da poco e non sono ancora entrato nel merito delle discussioni. Non mi fermerei però semplicemente a un quantitativo di unità lavorative. Il discorso è più ampio. Per prima cosa bisognerebbe vedere come vanno a finire le aggregazioni comunali, il rischio è quello di creare ora corpi di polizia più grandi (il famoso '15+1': quindici agenti e il comandante, ndr) ma non trovare poi una corrispondenza che collimi con il futuro assetto dei comuni. Inoltre, prima di decidere sul numero, sarebbe utile dare a tutti l'opportunità di arrivare a questo livello di prossimità come la si concepisce oggi nel 2020 e solo allora rifare un'analisi e capire dove c'è bisogno di più o meno personale. Potranno anche essere valutate ulteriori varianti di collaborazione da mettere in atto con le Polizie Polo da parte delle strutturate, per migliorare ancor di più il coordinamento tra i corpi e il servizio di prossimità. Una volta implementate queste realtà, facendo l'analisi si capirebbe di quanto personale necessita realmente una zona. Solo in questo stadio potremmo eventualmente bilanciare sulla scorta di dati oggettivi il reale fabbisogno dei singoli corpi. Però dire 15+1 uomini è riduttivo.

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