Luganese

Barbengo, dai banchi di scuola alla testimonianza sulla Shoah

Fanny Ben-Ami racconterà il proprio vissuto per la Giornata della memoria. A invitarla, dopo un percorso di 4 anni, docenti e allievi delle Medie di Barbengo

Arianna Corona e Paolo Calanchini, docenti delle Scuole Medie di Barbengo, di fronte alle stampe di Fanny Ben-Ami e con in mano il cartellone firmato dai ragazzi della sede
25 gennaio 2020
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Tristezza, delusione, rabbia. Ma poi anche ammirazione, consapevolezza, maturazione. Il naturale processo di crescita dei ragazzi della 4F della Scuola media di Barbengo è stato arricchito in questi quattro anni da un singolare e significativo percorso didattico inerente alla vita di Fanny Ben-Ami. L’artista ebraica – oggi quasi novantenne e residente in Israele –, tra le ultime testimoni in vita delle persecuzioni naziste, arriva oggi in Ticino. Resterà in Svizzera, nel Paese dove ha trovato la salvezza nel 1944, per una decina di giorni.

Lunedì, in occasione della Giornata della memoria, è prevista una serata al Palazzo dei congressi di Lugano. A organizzarla, sono stati proprio gli allievi e i docenti della sede, grazie al supporto dell’assemblea dei genitori, della Città di Lugano, dei Dipartimenti dell’educazione e delle istituzioni, delle Associazioni Svizzera-Israele e quella ticinese degli insegnanti di storia.

«Non vediamo l’ora di vederla, sarà un’esperienza unica e siamo molto emozionati perché aspettiamo questo momento da molto tempo». Quando incontriamo la 4F il grosso del lavoro ormai è già stato fatto, a farla da padrone sono l’entusiasmo e un’attesa che è quasi impazienza. A nome della classe, sono le compagne Martina Audrino, Maya Cavallasca, Cloe Fieni e Sara Giavatto a rispondere alle nostre domande. «In prima media non sapevamo ancora niente dell’argomento – ricorda Maya –. Siamo rimasti molto colpiti dalla storia di questa ragazzina. Abbiamo provato delle forti emozioni». «Era una storia triste in generale, ma triste era soprattutto quel che ci stava sotto, il pensiero razzista e discriminatorio – aggiunge Cloe –. È stato invece bello ed emozionante vedere che una ragazza piccola, che aveva l’età che avevamo noi quando siamo andati (a Castellinaria, ndr) a vedere il film, è riuscita a salvare molte vite da sola». «Ci ha colpiti il suo coraggio, nell’affrontare i nazisti, le paure, ma anche oggi nel parlarne», osserva Sara.

Le ragazze ricordano poi di quando sono entrate in contatto con la signora Ben-Ami. «Le abbiamo mandato le nostre riflessioni, scrivendo cosa pensiamo noi della guerra, di quanto è brutta. E poi sul film e sul coraggio che ha avuto» racconta Maya. In quarta, la classe ha iniziato a leggere anche il diario-testimonianza ‘Le journal de Fanny’, che racconta anche gli avvenimento dopo l’arrivo in Svizzera.

«È ancora più duro del film – secondo le ragazze –, ma ci ha permesso di identificarci ulteriormente in quel che le è capitato». E per la serata di lunedì gli allievi hanno preparato anche un video con le domande in francese, a cui dovrebbe rispondere al Palacongressi. Interrogativi tanto naturali, quanto emblematici dell’orrore della Shoah. «Le abbiamo chiesto come si è sentita in Svizzera quando è stata divisa dalle sue sorelle e poi in Israele, quando ha scoperto che non avrebbe più rivisto i suoi genitori, perché erano morti» anticipa Martina. In classe cala il silenzio, la lezione di Fanny è anche questa: il rispetto per riflessioni semplici quanto profonde.

Il prof. Binaghi: ‘Talvolta viene fatto un utilizzo spregiudicato della memoria’

«Il tema fondamentale della Shoah e il bisogno di storia, in questo specifico momento storico». A settantacinque anni dalla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, la Giornata della memoria mantiene viva più che mai la sua fondamentale doppia valenza. Ne abbiamo parlato col professor Maurizio Binaghi, presidente dell’Associazione ticinese degli insegnanti di storia, che lunedì modererà la serata dedicata a Fanny Ben-Ami.

«Siamo in un momento in cui sta finendo l’età dei testimoni della Shoah. Sia la signora Ben-Ami, sia ad esempio Liliana Segre, sono testimoni che erano bambine durante la Shoah. Oggi nel 2020 è molto importante dar voce a queste testimonianze, valorizzarle, perché sono le ultime dirette che abbiamo».
Voci preziose, in quanto «i testimoni hanno l’autorevolezza dell’essere stati parte dell’avvenimento e questo fa sì che si crei una sorta di transfert temporale tra l’evento storico e il presente». Oggi siamo quindi ancora fortunati e il compito degli storici in futuro sarà più arduo: «La difficoltà sarà maggiore quando non ci saranno più e ci sarà necessariamente un distacco temporale e per quanto riguarda la Shoah questo è preoccupante, se pensiamo all’aumento dell’antisemitismo e al rapporto con l’altro, alle discriminazioni».

E qui il discorso si lega inevitabilmente al bisogno di storia, inteso in senso più ampio, che la nostra società ha. «Sì, c’è necessità di storia, perché la memoria è anche selettiva – spiega il professore –. Ne viene fatto un uso talvolta strumentale, a scopi politici. La società sta vivendo grandi cambiamenti, c’è una ricerca di identità che porta anche a un utilizzo spregiudicato della memoria. C’è una sorta di oblio delle responsabilità degli Stati europei negli anni Trenta del Novecento e questo vale anche per la Svizzera. Non tutti vogliono fare i conti col passato. Un passo importante in questo senso è quello di ricordare gli avvenimenti. Il testimone serve proprio a questo, per non rimuovere gli episodi storici piuttosto scomodi, controversi. Il testimone è molto importante quando illumina la memoria e mette in luce le contraddizioni della storia di uno Stato».

‘È stato fatto un lavoro prezioso’

«È stato fatto un lavoro molto prezioso, interdisciplinare, che ha permesso di esercitare la metodologia e il coinvolgimento emotivo». Laura Franchini, docente d’italiano della 4F della Scuola media di Barbengo, che da quattro anni sta lavorando con gli allievi su Fanny Ben-Ami, non nasconde la soddisfazione.
«Nel 2016 siamo andati a Castellinaria a vedere ‘Le voyage de Fanny’ – ricorda –. Siamo tornati a scuola e avevano numerose domande. Non capivano il concetto di persecuzione, per esempio. Così ho diviso la classe in gruppi d’interesse e hanno fatto delle ricerche, acquisendo nozioni sulla Seconda guerra mondiale, lavorando sul testo argomentativo, espositivo. Poi hanno scoperto che Fanny non è un’invenzione cinematografica». A trovarla è stata poi l’insegnante. «L’ho cercata su ‘Facebook’, ho trovato una giovane omonima, che non era parente ma è riuscita a mettermi in contatto con la figlia. E quando la signora Ben-Ami mi ha scritto, è stata un’emozione pazzesca: ho stampato la lettera e sono subito corsa in classe». Da lì è iniziata una corrispondenza che si concretizzerà con gli incontri di settimana prossima.

Visite a Chiasso, Locarno, Bellinzona

Incontri, perché la preziosa testimone visiterà e parteciperà a delle attività didattiche anche alle Scuole medie di Locarno 1, Bellinzona 1, Chiasso e Morbio Inferiore. Tornando a Barbengo, è stata la docente Arianna Corona a proporre al plenum un percorso didattico che ha poi coinvolto i docenti di francese, quelli di educazione visiva – la sede ospita un’esposizione delle stampe degli acquarelli di Fanny Ben-Ami, che per l’occasione sarà allestita nella sala B del Palacongressi, dove si terrà la serata –. E poi i colleghi di educazione musicale. È stato infatti preparato anche l’ensemble musicale che lunedì si esibirà con dei brani della tradizione ebraica.
«Oggi i ragazzi sono maturati molto, capiscono la distanza temporale e i paralleli col presente. Ma faticano a concepire determinate ingiustizie», valuta la docente.
La serata è pubblica e gratuita. Per iscrizioni: smbarbengo@fanny@edu.ti.ch.

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