Luganese

Verme parassita nel Ceresio, 'Sono casi isolati'

Appartiene al genere Eustronglydes e può portare, nelle situazioni più gravi, a infiammazioni e perforazioni intestinali. Per evitarlo, basta cuocere il pesce

Basta cuocerlo (archivio Ti-Press)
16 ottobre 2019
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Gastriti, dolori addominali, nausea, febbre e vomito. Questi gli effetti indesiderati provocati dal consumo del pesce persico crudo, se affetto da un parassita del genere Eustronglydes. Il vermetto – rosso, sottile e lungo fino a quattro centimetri – è stato rilevato nei filetti del pesce sulla sponda comasca del Ceresio, suscitando allarme. A tal punto che l’Agenzia di tutela della salute dell’Insubria ha disposto il divieto di vendita del persico del Ceresio. E in Ticino? Ufficio caccia e pesca (Ucp) del Dipartimento del territorio e Laboratorio cantonale, da noi sentiti, rassicurano spiegando che non si tratta né di un fenomeno nuovo né preoccupante.
«Potenzialmente è presente in tutto il lago, ma sporadicamente: alcuni anni si nota e altri no. Si tratta quindi di casi isolati e se si prendono i dovuti accorgimenti, non c’è nulla di cui preoccuparsi per la salute». Danilo Foresti dell’Ucp ci spiega che quindi l’Eustronglydes non è un ospite nuovo nel lago di Lugano. «È un fenomeno abbastanza ciclico. Già nel 2018 ci è stato segnalato sia nella zona verso Porlezza che nei pressi di Caslano. Stessa cosa nell’estate di quest’anno, in zona Paradiso. Abbiamo mandato il verme al centro di diagnostica per pesci e animali selvatici a Berna e ci è stato confermato che si trattava del parassita». Queste segnalazioni tuttavia non destano nelle autorità una preoccupazione per la salute umana. «Non abbiamo ricevuto alcuna segnalazione della presenza di questo parassita in pesce persico che  ‘cade sotto il nostro controllo’» ci dice il direttore del Laboratorio cantonale, Marco Jermini. L’allusione è ad esempio ai filetti venduti nei negozi e nei mercati o quelli che si servono al ristorante. «Non abbiamo nemmeno ricevuto alcuna segnalazione di casi umani di eustrongilidosis (la malattia che scatena il parassita, ndr).
 
«Le infezioni umane con questi nematodi si verificano dopo l’ingestione di carne di pesce cruda o mal cotta, poiché i pesci  agiscono come ospiti intermedi nello sviluppo del loro ciclo di vita. La patogenicità per l’uomo può essere diversa e, il più delle volte, più evidente di quella osservata negli uccelli, gli ospiti naturali definitivi di questa specie». È infatti attraverso svassi e cormorani che il parassita si è manifestato nel persico del Ceresio. Gli adulti del parassita vivono nell’apparato digerente degli uccelli ittiofagi. Le uova, eliminate con le feci, cadono in acqua, per dare vita a un prima forma larvale, che viene mangiata da vermi che vivono a contatto con il fondale e che vengono a loro volta ingeriti dei persici. 
«La prima infezione umana naturale, accidentale, con Eustrongylides fu segnalata nel 1982. Le persone che hanno consumato pesce crudo o poco cotto che porta lo stadio larvale del parassita hanno sperimentato gastrite o infiammazione dello stomaco e/o perforazione intestinale che ha richiesto la rimozione chirurgica dei vermi».
Per neutralizzare il parassita in una fase precedente è tuttavia sufficiente cuocere il pesce per oltre un minuto a temperatura superiore ai sessanta gradi. Raccomandazioni che, ricorda Jermini, valgono anche per altri parassiti. Uno su tutti il botrocefalo nel pesce persico del Verbano, noto da decenni. «Ricordiamo che il consumo di pesce crudo, come il carpaccio di persico, proveniente dai nostri laghi è sconsigliato e che la preparazione e il servizio di pesce crudo (come il sushi, ndr) è pemesso dalla legge solo se il pesce è stato precedentemente congelato».

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