Luganese

Carte, fra collezione e gioco: i sopravvissuti del Ticino

La bottega a conduzione familiare di Pregassona è sul territorio da oltre dieci anni, richiamando a sé appassionati di ogni età

18 febbraio 2019
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«Siamo rimasti solamente in due. Noi e il negozio Sogni di carta a Locarno». È un mercato in difficoltà quello dei negozi di giochi in Ticino. Ce lo conferma Sergio Molo, proprietario del Molo 13 di Pregassona. «La mia attività va bene, ma pur fatturando non riusciamo a investire. Le banche non prestano soldi. Il fatturato non si trasforma mai in un bel guadagno, perché l’affitto e le spese sono molto alti. Non ci sono le condizioni adatte. A Lugano, come nel resto del Ticino, non c’è possibilità di svilupparsi».

Prezzi elevati e conseguentemente difficoltà ad espandere l’attività, quindi. «Il problema è che non si riesce a trovare un posto adeguato per ampliarsi. Se volessi trasferirmi in centro città, dovrei moltiplicare per tre o quattro volte i costi sostenuti attualmente. Non posso farlo, altrimenti dovrei aumentare i prezzi di prodotti e tornei, arrivando a far pagare 50 franchi a testa per due ore di gioco (ride, ndr)». Quindi una perdita di competitività. Diversi i tornei organizzati durante la settimana, a cui partecipano molte persone. «Vi è sempre un grande interesse, anche solo per il piacere di trovarsi, spendere qualche ora divertendosi stando insieme. I più grandi preferiscono il modellismo, mentre i più giovani i giochi di carte». Anni fa si poteva trovare tra gli scaffali qualche videogioco, che ora non c’è più. «Li abbiamo tolti – confida Sergio – non ricaviamo più nulla. Con gli store online i giochi sono disponibili fino a 24 ore prima dell’uscita, bruciando tutta la concorrenza. In questo modo a mezzanotte sono già scaricabili. L’unica soluzione sarebbe quella di avere un negozio aperto anche di notte (ride, ndr)».

Negli anni non ci sono stati cambiamenti unicamente nell’offerta. Quando nel 2008 è stata avviata l’attività, i social network non erano così diffusi, mentre col tempo sono diventati centrali. «All’inizio usavo molto Facebook, poi è arrivato Instagram. È il modo più facile per fare pubblicità. Con pochi franchi posso far vedere il mio profilo a moltissime persone. Una pratica utile soprattutto agli inizi, quando non ti conosce nessuno». Non solo note positive dai social però. «Credo che ora si sia perso un po’ il senso della community. Una volta, sotto ai post che pubblicizzavano gli eventi si interagiva. Oggi spesso mettono ‘mi piace’, senza neanche leggerli. Diciamo che prima c’era molto più coinvolgimento». La luce del sole penetra dalla finestra, illuminando Sergio, che fa il punto sul futuro, ottimista. «Lo vedo bene, la mia attività è stabile. La mia idea rimane quella di espandermi e un giorno ci riuscirò».

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