Luganese

Dieci mesi al medico che truffava le casse malati

L'uomo – oggi residente a Ginevra –, fondando una spitex nel frattempo fallita si è appropriato di centinaia di migliaia di franchi a danno delle assicurazioni

Ti-Press
15 ottobre 2018
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Circa 300’000 franchi intascati grazie a centinaia di fatture fasulle. È stato condannato a dieci mesi sospesi per una serie di reati finanziari – fra cui tuffa, appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta – un medico 57enne, comparso oggi dinanzi alla Corte delle Assise correzionali di Lugano. I fatti risalgono a oltre dieci anni fa, quando l’uomo – oggi residente a Ginevra – operava in Ticino. Dopo aver istituito una società attiva come servizio di cura e di assistenza a domicilio, mise in piedi un sistema di fatture gonfiate a danno delle casse malati. Alcune fatturazioni, come ammesso dall’accusato ancora in aula, venivano inventate di sana pianta, mentre per altre venivano dichiarate prestazioni non corrispondenti – sotto vari punti di vista – alla realtà. «Avevamo difficoltà a pagare i dipendenti – si è giustificato –, le casse malati rimborsavano anche svariati mesi in ritardo. Abbiamo trovato questa soluzione». Su quest’ultimo punto ha insistito anche la difesa, rappresentato da Fulvio Pelli. «Ha commesso dei reati – ha detto –, ma in un contesto che li ha favoriti. Quando l’ente pubblico trasferisce delle responsabilità ai privati, non dovrebbe penalizzarli a livello tariffale».
Pur ammettendo sostanzialmente i fatti – per i quali gli è anche stata sospesa per un paio d’anni l’autorizzazione a operare –, una parte dei capi d’accusa è stata contestata. Tre, in particolare. In primis il caso di un’ex dipendente: un’assistente di cura straniera, non riconosciuta dalla Croce Rossa. Pertanto le sue prestazioni non sarebbero dovute essere fatturate. Stesso discorso per la ‘confusione’ fatta fa fra categorie C1 e C2 e per dei corsi interni alla società organizzati dalla moglie infermiera, che ha già scontato la sua condanna. «Si può sbagliare – ha sottolineato il legale –, ma ci vuole anche la percezione di star sbagliando». Il giudice Amos Pagnamenta ha prosciolto l’imputato per la questione dei corsi, come anche – appelandosi al principio dell’in dubio pro reo: «Si era rivolto al Cantone per chiedere come procedere» – per quella dell’ex dipendente.
Ancor più grosso il danno causato nei confronti dei creditori. Quando la società è fallita, il 57enne avrebbe occultato i propri valori patrimoniali da un lato e falsificato i conti della Sa dall’altro. Risultato: svariati attestati di carenza beni e debiti – tuttora inevasi – oltre al milione di franchi. «In questi anni ha dimostrato buona volontà, con sforzi di risarcimento» ha sottolineato Pelli.
La pena è in linea con quanto richiesto dalla difesa, mentre l’accusa – rappresentata dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti – ha proposto sedici mesi. Ricordando che è stato violato il principio di celerità (l’incarto era in mano a un altro pp), Pagnamenta ha infine ricordato come la colpa sia soggettivamente grave: «Il tema dei costi delle casse malati è molto delicato».

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