Luganese

Solidarietà fra volontariato e professionismo

Dalla formazione all'approccio politico: Intervista a Pietro Veglio, presidente Fosit, e a Claudio Valsangiacomo, responsabile della formazione Supsi

13 agosto 2018
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«Il motore del volontariato è il cuore». Non sono molti, ma come sottolinea Claudio Valsangiacomo, il requisito principale per ottenere il Certificato di studi avanzati (Cas) in Cooperazione e sviluppo nasce dalla volontà di lavorare con i Paesi poveri del nostro pianeta. «Non è un corso riservato solo a chi è già attivo professionalmente – specifica il responsabile del Cas –: in linea di massima è necessaria una laurea (bachelor o master, ndr), ma in casi eccezionali sono ammesse anche persone ‘su dossier’, ossia che hanno già maturato una tale esperienza da giustificare la formazione».

Alla sua quinta edizione, il Cas è «nato dall’esigenza di avere in Svizzera anche una formazione in italiano». Ne esistono infatti già due: una a Zurigo e l’altra a Ginevra. «Nell’amministrazione federale a Berna siamo nettamente sottorappresentati e questo vale anche nel nostro settore – valuta Valsangiacomo –. Ne abbiamo parlato con l’ex direttore della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (Dsc), decidendo di fare qualcosa: così è nato il Cas». L’esigenza è nata dai cambiamenti nel mondo del volontariato (cfr. intervista a lato), che si professionalizza sempre di più. «Anche la terminologia è cambiata. Una volta si parlava di Terzo Mondo, oggi di Paesi in via di sviluppo, per esempio. Si usa ‘cooperazione’ al posto di ‘aiuto’».

Grande l’interesse: in quattro anni una sessantina di diplomi. Gli sbocchi professionali? Nelle Organizzazioni non governative e nelle istituzioni.

Il Cas è un diploma post-universitario. Dura da settembre a maggio: «Sono circa venticinque giornate di lezione frontale e altrettante di lavoro a casa con un esame teorico e un elaborato scritto alla fine». Durante l’anno scolastico sono previste due visite extra-muros: alle organizzazioni internazionali con sede a Roma e alla Dsc a Berna.

Il programma d’insegnamento si divide in tre moduli: uno generale sui principi, la storia, le organizzazioni e il funzionamento della cooperazione; un secondo in cui gli studenti hanno il compito di costruire da capo a piedi un progetto; e l’ultimo in cui si approfondiscono temi specifici basati sull’Agenda 2030. Il costo è di 2’900 franchi.

L’interesse registrato finora è elevato – una sessantina i diplomati in quattro anni –, ma ci sono gli sbocchi professionali una volta terminata la formazione? «Si tratta di un valore aggiunto a qualcosa che una persona già ha. Ci sono dei volontari che vogliono fare un salto di qualità. È un certificato personalizzante per accedere a delle posizioni che sono sempre di più: ad esempio, diverse Ong in Ticino adesso hanno il segretario generale – spiega il direttore –. Ci sono poi degli sbocchi istituzionali». Le iscrizioni stanno chiudendo, ma ci sono ancora un paio di posti per gli interessati.

Il Cas risulta essere in sostanza il prodotto del partenariato fra due diversi tipi di know-how, quello della Fosit e quello accademico della Supsi. «A livello cantonale siamo noi il centro di competenza nel settore. Abbiamo decine di studenti che vanno a fare i loro praticantati nelle Ong nei Paesi in via di sviluppo». Oltre alla formazione continua, alla Supsi si fa infatti anche ricerca applicata e insegnamento di base.

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