Luganese

Ad Arogno le bollicine che vengon... dal lago

(Davide Agosta)
28 novembre 2017
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Color rosa corallo tenue, sapore fruttato e un po' cremoso, e naturalmente le inconfondibili bollicine. Il “Marà del lago” dell'azienda agricola Bianchi di Arogno sembra uno spumante come tanti. Eppure, ha un segreto anche se parzialmente svelato dal nome: il rosé ha passato circa dieci mesi di maturazione nel Ceresio, viene letteralmente dal lago. Un progetto innovativo – pionieristico per il nostro Paese – nato e sostenuto con l'avvallo del Cantone.

Due fratelli ingegnosi L'idea è venuta ai fratelli Gabriele e Martino Bianchi. I due giovani, rispettivamente 26 e 23 anni, alcuni anni fa hanno ripreso l'azienda di famiglia, portandone avanti l'impronta biologica. «L'ispirazione è venuta parlandone con un amico e collega che ha dei vigneti in Francia – racconta il maggiore –, lui aveva già sperimentato il metodo, ma nel mare». E così, prendendo spunto dai vigneti che dall'alto si specchiano nel Ceresio, a gennaio è stato deciso di inserire le prime 167 bottiglie proprio nel lago. «Desideravamo valorizzare questa risorsa che abbiamo, restando fedeli alla filosofia che ci contraddistingue (l’azienda è di carattere biologico, ndr). Non volevamo che il nostro esperimento avesse un forte impatto visivo ed ecologico. C'è stato uno studio molto minuzioso su come affrontarlo» ricorda Gabriele. Ed effettivamente, prima di inserire la cassa nelle acque antistanti a Riva San Vitale, c'è stato un iter piuttosto lungo e laborioso.

Il prezioso aiuto del Cantone Partner privilegiato dell'iniziativa è stato L'Ufficio della protezione delle acque e dell'approvvigionamento idrico del Dipartimento del territorio. «Chiunque voglia inserire qualcosa, anche solo una boa, nell'acqua deve chiedere a noi il permesso – conferma il capoufficio Mauro Veronesi –, inoltre raccogliamo una serie di dati che sono stati utili in questo caso». Indicazioni essenziali per la buona riuscita del progetto: la posizione adatta in cui non c'è luce, la temperatura (a 7°) è costante, c'è ossigeno ma non ci sono dei molluschi dannosi. Il responso? Il vino avrebbe dovuto trovarsi a circa 25 metri di profondità.

Una posizione ideale Siccome il lago nella sua parte meridionale è profondo al massimo fino a 95 metri, il rischio più grande era che la cassa sprofondasse e raggiungesse i fondali ricoperti di sedimenti melmosi inadatti a ospitarla. A scongiurarlo, ci ha pensato nuovamente l'ingegno dei due fratelli, che hanno ideato il modo per farla galleggiare. Da un lato, una boa sommersa ha permesso di evitare che il carico toccasse il fondo, dall'altro un'ancora ne ha garantito la stabilità. La posizione felice e le correnti del lago – che hanno cullato costantemente le bottiglie e il lievito inserito al loro interno appositamente – hanno fatto il resto: l'operazione si è rivelata un successo.

L'anno prossimo il bis Un buon risultato che ha già portato al bis. «Pochi giorni fa è stata inserita una nuova cassa – confidano i vinificatori –, stavolta con 300 bottiglie». A confermare il felice esito, gli esperti del settore: i sommelier. «È fatto bene – valuta Savino Angioletti, presidente dell'associazione ticinese di categoria –, la genialità non sta tanto nell'averlo fatto invecchiare in acqua, quanto in sospensione. È un'operazione che si potrebbe fare anche fuori dall'acqua, ma non viene fatto. Bravi».

Un bene per il turismo «Avere a che fare con giovani che hanno queste idee è un punto d'orgoglio – è la lode di Nadia Fontana-Lupi, direttrice dell'ente turistico del Mendrisiotto –, la regione e la sua offerta turistica restano vive se c'è qualcuno a portarle avanti». E mentre l'iniziativa è stata salutata con favore dal settore turistico, il funzionario del Cantone apre a simili iniziative, mettendo in guardia: «Certo, è plausibile che qualche altro viticoltore si faccia avanti – ipotizza Veronesi –, se però le richieste dovessero proliferare, sarebbe necessario regolamentare la pratica». E nell'attesa che questo scenario si concretizzi o meno, in alto i calici e… salute!

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