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Una vita con lo sguardo fisso alla volta celeste

Ventotto anni nei panni di assistente meteorologa. Iniziata col sole, la carriera di Elena Altoni è finita con le nubi

Elena Altoni (Ti-Press)

Ventotto anni nei panni di assistente meteorologa. Iniziata col sole, la carriera di Elena Altoni è finita con le nubi

8 novembre 2022
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Per banale e scontata che sia la battuta, la sua è ‘una vita con la testa tra le nuvole’. «È proprio così che definirei la mia vita; molto per i quasi trent’anni passati a MeteoSvizzera, ma anche per come sono in generale». Inizia appunto con una battuta la chiacchierata con Elena Altoni, che per ventotto anni, come assistente meteorologa, è stata uno dei punti di riferimento a cui far capo per sapere che tempo farà. Lo è stata fino a venerdì 30 settembre, giorno del suo 65esimo compleanno, quando ci... ha aperto per l’ultima volta gli occhi sul cielo, ‘leggendo’ le previsioni della giornata, per poi (finalmente) godersi la pensione. «Sarà anche questa una frase fatta, ma finora la vita da pensionata è tutt’altro che tempo libero che non sai come riempire...».

Ti-PressTra le nuvole...

Entrata per la prima volta da dipendente all’allora Osservatorio di Locarno Monti in una giornata di sole del 1994, Elena ha varcato quello stesso uscio per l’ultima volta in un giorno nuvoloso: «Il bello per cominciare e il brutto per finire. L’ultima è stata una giornata grigia, come i miei sentimenti quel giorno: per quasi trent’anni quegli uffici sono stati una parte importante della mia vita». Da fresca pensionata, ascolta ancora i bollettini meteo dei colleghi? «Certo che sì, con orecchio attento e... benevolo visto che so cosa sta dietro a una previsione, e quanto margine di imprevedibilità riservi la realtà». Dunque per capire che tempo farà, basta un’occhiata al cielo? «Certe nuvole sono indicatrici di instabilità, ma per capire come evolverà nel dettaglio la situazione è necessaria una visione d’assieme, possibile solo con la giusta valutazione». Nel Locarnese, per capire se arriverà o meno il temporale, solitamente si volge lo sguardo verso le Centovalli: più un retaggio ereditato dai nostri avi o c’è del fondamento? «I fronti che attraversano la nostra regione arrivano principalmente da ovest, per cui guardare in quella direzione può essere d’aiuto, anche se ovviamente non è una prova scientifica».

Dai banchi di scuola all’osservatorio

Originaria di Airolo, Elena non nasce come assistente meteorologa: «Di base mi sono formata come docente della scuola elementare, ma mi sono limitata a fare supplenze. Così ho proseguito con gli studi, prima oltre Manica, per l’inglese, e poi all’Università di Ginevra nella facoltà di diritto, studi abbandonati dopo due anni (non era la mia strada)». Dopo una parentesi di ‘mamma full-time’, si rimette in gioco; un corso di informatica e poi il grande salto: nel 1994 ecco il concorso per un/un’assistente meteorologo/a a Locarno Monti. «Benché abitassi lì vicino, in Città Vecchia a Locarno, la strada per l’Osservatorio l’ho fatta prendendo il... giro largo! Poi quella strada, ma in senso letterale, l’ho percorsa tutti i giorni a piedi per anni, con il bello e il brutto tempo». E, per la via, le è mai capitato di essere interpellata sul tempo che farà? «In Città Vecchia, qualche volta è successo che i conoscenti mi fermassero, non tanto per sapere le previsioni, ma per buttarmi lì un ironico: ‘Ma oggi, alla meteo, avete guardato fuori dalla finestra?’».

Ti-PressIn sala previsioni, con un collega

Ma cos’è di preciso un assistente meteorologo, e di cosa si occupa? «Iniziamo col dire che è una professione... in via di estinzione, visto che ora sono rimasti in due a svolgerla e non è prevista la loro sostituzione: le loro mansioni in futuro saranno svolte dai previsori stessi. L’assistente aiuta il previsore nella redazione e nel controllo dei testi che vengono diffusi in radio, alla tele o sui giornali, come pure, attraverso i social media e i blog. Si occupa anche delle osservazioni del cielo, tanto con la strumentazione, quanto a occhio nudo». Già, perché malgrado computer e satelliti sempre più performanti, l’osservazione a occhio nudo riveste ancora un ruolo importante... «Il cielo andava (e va) osservato ogni tre ore. In particolare per rilevare la visibilità orizzontale, basandoci su diversi punti di riferimento geografici e il tipo e altezza di nuvole presenti».

Con gli occhi alle nuvole e... sulle piante

Lo studio dei fenomeni atmosferici, però, non avviene unicamente interpretando i dati dei satelliti o scrutando il cielo. A Locarno Monti, infatti, da parecchi anni si osservano pure le piante: la rete svizzera è operativa da settant’anni. «La fenologia è un settore proprio di MeteoSvizzera: studia le diverse fasi di sviluppo di determinate piante, che fungono da indicatore dei cambiamenti climatici. Sono annotati diversi momenti dello sviluppo: l’apertura delle foglie, la fioritura, la maturazione dei frutti, la colorazione e caduta delle foglie. Si è notato che il periodo vegetativo si è allungato, iniziando precocemente e finendo più tardi in autunno. Per un riscontro attendibile, a ogni buon conto, occorre prendere come riferimento sempre lo stesso esemplare di pianta».

Ti-PressCamelie in fiore a Locarno Monti

I ricordi

‘Gli eventi tragici lasciano il segno’

Alluvioni, abbondanti nevicate, caldo torrido... In trent’anni, o giù di lì, di eventi significativi ne sono capitati parecchi. Quali sono quelli più marcanti che Elena Altoni ha vissuto nella ‘cucina’ di Locarno Monti? «Uno dei più toccanti è stato il temporale estivo costato la vita a tre persone a Cavergno mentre attraversavano il fiume. Quel giorno, il 30 luglio 2005, il previsore di turno aveva effettivamente notato una cellula temporalesca stazionaria nell’alta Vallemaggia che ha fatto ingrossare repentinamente il fiume. Sorpreso dal cambiamento del tempo un gruppo di turisti aveva deciso di guadare il fiume anziché passare dal ponte. Ma la potenza della corrente, cresciuta improvvisamente, non ha dato scampo a una madre e ai suoi due figli. Qualche anno prima (il 12 ottobre 1997, ndr), sempre in Vallemaggia, freddo e neve avevano sorpreso degli escursionisti nella zona del Naret, causando la morte per assideramento di una donna e di un uomo – da una giornata soleggiata si è passati in poche ore a un tempo freddo con nevicate e bufere di neve –. Altrettanto toccante è stata la frana di Bombinasco, nel novembre del 2014, provocata dalle forti precipitazioni e in cui persero la vita una madre con la figlia di tre anni; del resto quello era stato un anno di piogge abbondanti e prolungate ovunque. A pochi giorni di distanza il crollo di una palazzina a Davesco-Soragno ha provocato il decesso di altre 2 persone. Anche se i meteorologi non sono ovviamente responsabili per questi eventi – che, pur con tutta la tecnologia di cui si dispone oggi, restano impossibili da prevedere con precisione–, quando si verificano simili fatalità, emotivamente ne siamo toccati pure noi».

Ti-PressIn sala previsioni, con un collega

‘Più la meteo è dinamica, più è interessante’

Parlando di eventi atmosferici, quali sono quelli che provocano lo stress maggiore in sala previsioni? «I temporali estivi, che si possono formare anche assai rapidamente. Sono anche lo spauracchio per i molti eventi all’esterno organizzati nella bella stagione. Localizzazione e tempistica di questi fenomeni rappresentano le variabili più difficili da prevedere. Un altro tema a cui la gente è particolarmente ‘sensibile’ è quello del limite delle nevicate, non sempre facile da stimare perché parecchio influenzato dall’intensità della precipitazione». Meglio dunque un’estate di bel tempo praticamente ininterrotto come la scorsa? «Professionalmente parlando, più l’evoluzione della meteo è dinamica, più è interessante. Sotto questo aspetto, tra l’estate 2021, assai bagnata, e la scorsa, oltremodo secca, quella professionalmente più interessante è stata indubbiamente la prima. E, poi, quella che ci siamo appena lasciati alle spalle è stata una stagione di sofferenza un po’ per tutti; per l’ambiente, per i contadini... Con l’aggravante che in questo caso non si è trattato di un fenomeno circoscritto alla nostra regione, ma qualcosa che ha messo in ginocchio tutta l’Europa». Vi siete mai sentiti il dito puntato contro per questo o quel fenomeno atmosferico? «È capitato, a volte, che qualcuno, anche nel nostro blog, ci prendesse come capro espiatorio per le bizze del tempo, sfogando il suo malcontento. Ma, per fortuna, sono casi isolati...». Proprio al capitolo acquazzoni estivi, la nostra interlocutrice snocciola un aneddoto: «C’era un albergatore che ogni anno, per il 1° Agosto, organizzava un grande evento per i suoi ospiti: era il clou della sua stagione. Per capire se organizzare la festa all’esterno o all’interno, ci interpellava regolarmente. Dopodiché, come ringraziamento, ci invitava a una cena nel suo albergo. Un anno, però, il 1° Agosto ci aveva spiazzato un fronte di maltempo proveniente da est: nuvoloni che in mezz’ora dal San Bernardino si sono spostati sopra la nostra regione, scaricando il finimondo. Da quell’anno... di cene di ringraziamento non se n’è più parlato!».

I cambiamenti

Da curve manuali a scrivanie con 8 monitor

Dalle cartine disegnate a mano a sistemi informatici avanguardistici: come è cambiata negli anni la professione del meteorologo e del suo assistente? «All’inizio lavoravamo sulle cartine stampate da un grande plotter. Lì l’assistente disegnava, a mano, isobare (linee che univano i punti di uguale pressione) e isoallobare (ossia quelle che definiscono una variazione della pressione atmosferica), dell’Europa centrale: Svizzera, Sud della Germania, Est della Francia e Nord Italia. Il previsore, invece, si soffermava sul quadro europeo in generale. Oggi l’informatica ha sostituito e perfezionato quasi tutto. Basti pensare che ora sulla scrivania dell’assistente ci sono sei monitor, e otto su quella del meteorologo. In più possiamo fare capo a un nuovo programma che permette di combinare, sovrapponendole, tutte le varie situazioni: qualcosa di impensabile qualche anno fa. Tutta questa tecnologia ha forse ridotto il tempo per le analisi...». A cambiare, in questi anni, sono però state anche le esigenze in fatto di previsioni: «Certamente: oggi chi fruisce dei servizi dell’osservatorio richiede un’informazione più puntuale e particolare, ragion per cui si cerca di andare nel dettaglio. Ma questo, è bene ricordarlo, comporta ovviamente un certo margine di errore».

Altre misure, invece, col tempo sono state accantonate, «un po’ perché ora vengono rilevate da nuove apparecchiature, un po’ perché non più rilevanti. Anche l’uso dei ‘totalizzatori’, strumenti che servono per misurare la quantità di pioggia ad alta quota sull’arco di un anno è stato ridotto. Una volta ce n’erano molti sparsi sul territorio dell’intero cantone. Uno molto particolare, ‘ufficioso’ si trovava nei pressi del Ghiridone. Una volta all’anno si andava a misurare la precipitazione. Una volta svuotato bisognava riempirlo con una quantità prestabilita di acqua, cloruro di calcio (antigelo) e olio di paraffina (per impedire l’evaporazione). Sul posto però non c’erano fonti a cui attingere l’acqua e si doveva portare appresso tutta questa zavorra per l’intera camminata...».

Ti-PressCosì si legge il tempo