Locarnese

Richiesta tardiva, Berna non aiuta il ‘Cucciolo’ di Locarno

La sentenza del Taf conferma la decisione dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Per il nido una partenza non facile

Il nido nella zona Saleggi a Locarno
(Ti-Press)
3 dicembre 2021
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Niente aiuti finanziari da parte dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) per il “Nido dell’infanzia Cucciolo” a Locarno. La conferma arriva dal Tribunale amministrativo federale (Taf), che nei giorni scorsi si è pronunciato sul ricorso presentato dai responsabili della struttura, la Fondazione Zerosedici, con sede a Minusio, che gestisce e amministra diverse strutture per la prima infanzia nel Locarnese e nel Bellinzonese.

La mancata attribuzione dei contributi che la Confederazione concede per l’istituzione di posti per la custodia di bambini, allo scopo di aiutare i genitori a conciliare meglio famiglia e lavoro, è motivata con il ritardo nella presentazione della domanda da parte della Fondazione Zerosedici. Infatti, la richiesta degli aiuti è stata inviata all’Ufas il 5 ottobre 2020, ovvero il giorno stesso dell’apertura della struttura. Mentre il regolamento parla chiaro: va sottoposta prima dell’apertura stessa.

Una vicenda che per certi versi assume un carattere “kafkiano”. La sentenza del Taf ripercorre la vicenda: si viene perciò a sapere che l’apertura del nido è stata ritardata a causa delle conseguenze della pandemia di Covid-19 e del confinamento della primavera 2020. I lavori edili erano stati fermi e gli spazi per l’asilo consegnati a fine agosto invece che a inizio luglio. Ma anche incertezza, problemi nell’organizzare il personale e quindi nello stabilire con precisione la data d’apertura. Tanto che la direttrice della Fondazione Zerosedici, Jacqueline Ribi Favero, aveva avvisato l’Ufas il 3 ottobre 2020 delle peripezie affrontate nei mesi precedenti, annunciando un lieve ritardo nella consegna della documentazione con la richiesta di aiuti. Ma ciò non è bastato: per l’Ufas “i problemi amministrativi e organizzativi invocati non costituirebbero un motivo valido” per prorogare il termine. Tanto più che, “avendo già in passato presentato un certo numero di richieste, la ricorrente avrebbe familiarità con la procedura e conoscerebbe le conseguenze dell’inoltro tardivo dei documenti”.

Il Taf precisa che in quest’ambito la giurisprudenza è ben definita: solo in caso di un impedimento senza colpa (come “le catastrofi naturali, la prestazione del servizio militare oppure una grave malattia”) può essere giustificabile e ammesso un ritardo nella consegna della richiesta. Se ne deduce che una pandemia, un lockdown e le loro conseguenze non rientrino in queste categorie.

Tant’è. Nonostante la direttrice abbia provato di tutto per cercare di far validare la sua domanda di aiuti, il Taf ha confermato la bontà della decisione dell’Ufas. Quindi il “Cucciolo” è rimasto senza aiuti dalla Confederazione, seppure per la sua offerta rientri proprio in quella politica familiare (per la conciliabilità tra famiglia e lavoro) tanto sbandierata dai diversi partiti a livello federale.

A questo punto abbiamo interpellato la Fondazione Zerosedici per capire quanto e come il “niet” dell’Ufas abbia influenzato la loro attività. «Gli aiuti vengono erogati per i primi due anni – ricorda la direttrice –. Ovviamente per noi avrebbero rappresentato una boccata d’ossigeno in un periodo francamente non facile. Per far fronte alle conseguenze della pandemia, ad esempio, abbiamo dovuto chiedere gli aiuti Covid, che dovremo restituire. Siamo comunque riusciti ad aprire il nido, che è uno dei servizi integrati nel complesso residenziale PerSempre, nel quartiere dei Saleggi a Locarno. Senza il sostegno di altri enti, tuttavia, sarebbe stato impossibile avviare l’attività. Attualmente abbiamo una ventina d’iscritti, su un totale di 38 posti disponibili e siamo aperti tutto l’anno, 12 ore al giorno, dalle 7 alle 19, con dieci collaboratrici. Con il tempo siamo sicuri che l’attività crescerà».

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