Locarno

Femminicidi, il sistema di protezione è lacunoso e inefficace

‘Avrebbero dovuto proteggerla’, racconta D., un’amica della 22enne di Solduno. Il collettivo Io l’8 lancia una serie di azioni contro il fenomeno

‘Non vogliamo essere credute solo quando saremo per sempre mute’
(Ti-Press/S. Golay)
29 ottobre 2021
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«Dopo l’ordinanza restrittiva, mi sarei aspettata che la polizia sorvegliasse i dintorni della casa. Ma così non è stato». È il commento di D. (nome noto alla redazione), un’amica della 22enne ferita gravemente all’addome con un fucile dall’ex fidanzato il 21 ottobre scorso. L’amica ha consegnato al giornale una breve, intima, ma accorata riflessione. Seppur abbia esplicitamente stabilito prima di sentirci di non voler entrare nella questione della relazione fra la sua amica e il 20enne di Widnau, di cui conosce poco e niente, esprime rabbia per quanto sia riuscito a fare con totale libertà: «Si sostiene che abbia disturbi psicologici, ma questo non giustifica e non dovrebbe distogliere l’attenzione da ciò che ha compiuto».

Il grave fatto di sangue di una settimana fa successo a Solduno ha colpito tutti e una volta di più interroga la comunità sulla violenza maschile e sulle sue conseguenze drammatiche. Soprattutto su cosa si può e si deve fare per evitarle. Per evitare che una donna di 22 anni venga gravemente ferita dall’ex fidanzato che non si capacitava della fine della loro relazione e le ha sparato con un fucile di grosso calibro, dopo essere rimasto appostato per diverse ore in attesa che lei rientrasse a casa, in via Vallemaggia. Un agire che non nasconde la premeditazione.

La 22enne, lo ricordiamo, è stata ricoverata d’urgenza e operata per ben tre volte all’Ospedale Civico di Lugano. Fortunatamente, dopo un paio di giorni si è saputo che era fuori pericolo. Un pericolo (forse) annunciato dall’ordinanza restrittiva intimata al 20enne, dopo che nel luglio scorso le aveva inviato un messaggio di minaccia con un video di lui che spara con una pistola. La giovane ha sporto denuncia per vie di fatto, che ha fatto scattare il summenzionato provvedimento nei confronti del giovane, peraltro incensurato.

Il 20enne ora è in carcere. Il suo difensore, l’avvocato Fabio Bacchetta Cattori, negli scorsi giorni ha fatto sapere che il giovane verrà sottoposto a una perizia psichiatrica, sostenendo che il suo assistito è “un giovane psichicamente molto instabile da anni”. L’inchiesta è coordinata dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri che contesta al 20enne il reato di tentato assassinio, subordinatamente quello di tentato omicidio intenzionale.

Femminicidi: ‘Non è un fenomeno ineluttabile’

Nel corso degli ultimi sette giorni, uno fra i temi emersi dalla triste vicenda di Solduno è la presunta inevitabilità dei femminicidi o tentati. Un capannello di attiviste del collettivo Io l’8 Ogni Giorno si è ritrovato ieri in Piazza Grande, davanti agli uffici della Pretura di Locarno, per un’azione lampo contro i femminicidi. «Per dire basta ed esigere misure più efficaci e adeguate contro un fenomeno che negli ultimi dieci giorni conta quattro femminicidi e un tentativo di femminicidio; mentre da inizio 2021 le donne morte per mano del marito, del compagno o degli ex sono già venticinque».

Trincerarsi dietro alle giustificazioni “si è fatto tutto il possibile e non era evitabile”, “sono casi isolati”, “sono uomini malati” non è più accettabile secondo le militanti. Sensibilizzazione e prevenzione non sono più sufficienti, così come inefficace è «il lacunoso sistema di protezione delle vittime che fa acqua da tutte le parti». L’intento dell’azione è dunque smuovere la politica affinché trovi soluzioni per contrastare un fenomeno che non è ineluttabile. «Alla giustizia chiediamo leggi realmente in grado di riconoscere la gravità e la pericolosità dei reati che subiamo in quanto donne e di difenderci e proteggerci davvero offrendo maggiori strumenti legislativi». Esemplificano: riconoscere lo stalking come reato, perché oggi dimostrare di essere vittima di un comportamento persecutorio in Svizzera è ancora molto difficile.

Questa è stata la prima di quattro azioni che si svolgeranno tutti i giovedì fino al 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne), in altrettante città del cantone – dopo Locarno, Lugano, Bellinzona, Mendrisio –, nei luoghi emblematici di giustizia, sanità, polizia, politica. Là davanti «formuleremo rivendicazioni concrete in ambito di politiche volte a contrastare la violenza sulle donne».

La testimonianza

Torniamo all’amica. Quando D. apprende della drammatica notizia è al lavoro, sulle prime non si rende conto di quanto successo, forse frastornata e incredula per la difficoltà di concepire un atto d’inaudita violenza: «Ho guardato fuori dalla finestra, ho respirato, mi sono venute in mente alcune scene divertenti di quando eravamo a scuola insieme. Non sono più riuscita a trattenere le lacrime».

Le due si conoscono da una manciata di anni, un’amicizia nata all’inizio di un percorso scolastico comune per il primo anno a Trevano, insieme a un’altra ragazza: «Eravamo un bel terzetto; abbiamo passato un anno indimenticabile, pieno di risate e anche momenti difficili scolasticamente», racconta. Ma la 22enne, come riferisce, «ha sempre avuto determinazione nello studio, per dare il meglio di sé e ottenere buoni risultati». Dal breve ritratto che traccia emerge una figura «energica, solare e soprattutto un pezzo di pane con le persone che le vogliono bene».

Tornando alla cronaca recente, D. spiega di vivere questo momento con dolore e ansia, ma «cerco di dare il meglio per lei, per trasmetterle energia. La cosa più importante in assoluto adesso è che la mia amica possa riprendersi al meglio».

Finestra Instagram

Rispetto all’indagine e alle condizioni della giovane donna non ci sono ulteriori novità. Tuttavia, così come a pochi giorni dal ricovero in urgenza e gli interventi subiti, in questi giorni la 22enne ha aperto una finestra con l’esterno attraverso Instagram, dove esprime stati d’animo e riflessioni, soprattutto la determinazione di tornare alla sua vita più forte di prima, nonostante la sofferenza fisica e quella psicologica siano insopportabili: “Comunque stringo i denti, mi hanno sempre insegnato a lottare per ottenere ciò che voglio, e io voglio tornare a vivere, amare, sognare in grande… senza avere più paura”.

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