Locarnese

Artisa e il Grand Hotel, tutte le incognite di un rilancio

Rimangono fumosi i contorni e gli sviluppi del diritto di compera firmato per lo storico albergo di Muralto da parte del gruppo di Stefano Artioli

Ci siamo?
(Ti-Press)
20 ottobre 2021
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La notizia nuda e cruda è impressionante: l’Artisa Group di Stefano Artioli sostiene di essersi assicurata l’acquisizione del Grand Hotel di Muralto. Intenderebbe rilanciarlo a livello alberghiero di alto standing, con tanto di “centro spa rigenerativo” e sale per congressi. In realtà, la nota diramata martedì pomeriggio dal gruppo si ferma a questo, non fornendo altre indicazioni supplementari sull’entità dell’investimento complessivo, sulle generalità dei finanziatori, su eventuali gruppi con cui sarebbero stati stipulati degli accordi per la gestione alberghiera e sull’esistenza di un progetto concreto.

Stando a informazioni raccolte dalla “Regione” – in primo luogo con Niccolò Meroni, indicato dalla Artisa come referente per la questione Grand Hotel – l’acquisizione della struttura si limita per il momento alla firma di un diritto di compera con le 4 famiglie proprietarie; diritto che dovrà ovviamente essere onorato con il versamento di un saldo. Non ne è nota la scadenza, anche se stando a Meroni essa non fa eccezione rispetto ai tempi normalmente fissati per operazioni del genere. Un’ipotesi plausibile è che l’importo mancante dovrà essere versato entro uno, massimo due anni. L’intenzione di Artisa, sempre stando a Meroni, «è senz’altro quella di onorare il diritto di compera e andare fino in fondo all’operazione». Nessun fuoco di paglia, dunque, stando ad Artisa, ma il primo passo verso un’acquisizione completa, da cui dovrebbe nascere un progetto per dei lavori di ristrutturazione la cui durata prevista è di 24 mesi dall’ottenimento della licenza edilizia.

Dalle stelle alle stalle

La vita del Grand Hotel di Muralto costituisce da sola una fetta significativa della storia turistica, sociale e anche politica del Locarnese. Progettato nel 1866 da Francesco Galli e costruito fra il 1874 e il 1876, il “Grande albergo Locarno” – così come ancora recita l’antica scritta che campeggia sulla facciata ovest – è stato teatro prima della Conferenza di Pace sfociata nel ’25 nel Patto di Locarno, poi ha attraversato i decenni come punto di riferimento alberghiero, prestando spazi e immagine al Festival del film di Locarno, che prima ne ha utilizzato il parco per le proiezioni serali dal 1946 al 1967, poi ha continuato a frequentarlo per incontri di rappresentanza e quale luogo pubblico di festa per memorabili nottate agostane.

L’attualità è però ben lontana da questi fasti, perché l’albergo è chiuso e in pratica abbandonato da 16 anni e versa in uno stato a dir poco precario. Stando a nostre informazioni, una completa ristrutturazione per riadeguare l’edificio dovrebbe costare non meno di 50-60 milioni di franchi, ai quali andrebbero aggiunti altri 20 milioni circa necessari per l’acquisto, più una cifra imprecisata per edificare un “annesso” imprescindibile, ovverosia lo stabile residenziale sul lato Ramogna, che già in occasione di precedenti progetti veniva indicato come stampella imprescindibile per finanziare l’operazione di rilancio della struttura alberghiera. L’apertura allo stabile d’appartamenti rientrava nel “compromesso” raggiunto con l’elaborazione del Piano particolareggiato relativo a tutto il comparto. In cambio della parte residenziale, il grande parco sottostante l’albergo avrebbe dovuto diventare semi-pubblico. Dal punto di vista strutturale, inoltre, delle zone di protezione sono state istituite internamente allo stabile e riguardano fra l’altro i saloni, gli affreschi e la tromba delle scale.

Tanto fumo, niente arrosto

Quello della Artisa è solo uno dei progetti spuntati fuori nel corso dell’ultimo ventennio, caratterizzato da frequenti “notizie”, più o meno veicolate, in merito a potenziali acquirenti intenzionati a impadronirsi della struttura. Risalendo indietro negli anni, clamorosa ed epocale fu la delusione, a Muralto, per la rinuncia a insediarvi una casa da gioco di tipo B da parte della Grand Casinò Sa, che nel 2001, al momento del rinnovo delle concessioni federali, preferì spostarsi nei non lontani spazi del Kursaal di Locarno. In quell’occasione un progetto per il nuovo Grand Hotel dotato di casa da gioco era stato elaborato dallo Studio d’architettura Cotti & Bernasconi. Successivamente, fra il 2012 e il 2013, un secondo progetto era stato presentato da un Consorzio formato dalla Cotti & Partners e dall’architetto Ivano Gianola, quando un diritto di compera era stato firmato ma infine lasciato cadere dalla HRS.

Le ‘visioni’ di Stefano Artioli

Con Stefano Artioli, imprenditore da tempo in rampa di lancio, le cose dovrebbero andare diversamente, secondo quanto garantisce l’Artisa con Meroni. Agli Artioli fanno riferimento solo in Ticino la Artisa Architektur Ag, la Artisa Consulting Sa, la Artisa Foundation, la Artisa Immobiliare Sa e la Artisa Solar Sagl, tutte con sede fra Manno e Lugano. Il Gruppo è però anche attivo, oltre che in Svizzera, anche in Italia, Germania, Francia e Repubblica Ceca, e conta oltre 135 dipendenti. Stando a Niccolò Meroni, «questa operazione locarnese rientra senz’altro nell’impegno che Stefano Artioli sta mettendo per la salvaguardia della bellezza culturale e storica altrove in Ticino».

A firma dell’imprenditore sono fra l’altro due pubblicazioni – “Meno Trenta” e “Meno Trenta volume 2”, con il volume 3 che andrà a completare l’annunciata trilogia – in cui la realtà urbana di Lugano viene confrontata con quella di altre città svizzere e Artioli spiega la sua idea di urbanizzazione. Secondo l’autore, Lugano “è una città oltraggiata da luoghi comuni, dalle serrande chiuse del centro, dalle rive del lago deturpato da lamiere e pontili arrugginiti. E ancora dalla mancata manutenzione degli edifici, dall’abbandono di intere aree e ville storiche il cui passato fulgore a malapena affiora tra muri scrostati e mozziconi di sigaretta tutt’intorno. È ingabbiata da una burocrazia cavillosa, da corsi e ricorsi, da liti intestine”. Chissà che qualche complimento non valga anche per la nuova terra di conquista.

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