Locarnese

Vallemaggia, i primi frutti della ricerca sulle piante

Avviato nell’autunno 2020 e promosso dal Centro natura, il progetto etnobotanico (finanziato anche dal Dipartimento) fornisce interessanti indicazioni

3 ottobre 2021
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Autunno, il Centro natura Vallemaggia raccoglie i suoi frutti. Non si tratta, come si potrebbe pensare a prima vista, di castagne o prelibatezze tipiche della stagione, bensì dei primi risultati dello studio etnobotanico promosso e relativo all’inventario degli alberi da frutta storici presenti nel distretto valmaggese. Una ricerca portata avanti con il coinvolgimento della gente del posto, parimenti allo studio scientifico sul territorio, che affascina Giorgia e Muriel, le due responsabili. In buona parte finanziato dall’Ufficio della Natura e del Paesaggio del Dipartimento del Territorio, il progetto in questione si è protratto su più mesi. Lasso di tempo durante il quale rilievi e incontri in diversi nuclei e campagne dei comuni valmaggesi hanno permesso di tracciare una prima mappa concernente le diverse specie e, soprattutto, le varietà riprodotte dalla comunità locale nel tempo. Popolazione che vedeva questi alberi come un bene primario, una fonte di sostentamento. «È difficile al giorno d’oggi immaginare che le mele colte da un albero fossero di vitale importanza per i nostri avi, ma era realmente così, e per questo motivo grazie alle conoscenze tramandate di generazione in generazione si cercava di selezionare le varietà che meglio si adattavano al territorio e alle necessità della popolazione, riproducendole grazie alla tecnica dell’innesto» – osserva Vanessa Hohl, coordinatrice del Centro natura Vallemaggia –. «In pratica si innestavano varietà già conosciute, magari da marze di alberi incontrati in altri paesi o varietà nate in loco, da semi fortunati con caratteristiche uniche. Ecco così nascere varietà locali di alberi dai frutti più resistenti, più gustosi».

Il caso degli alberi da frutto ultra secolari di Linescio, un unicum

Il lavoro di Muriel Hendrichs, etnobotanica e pomologa e Giorgia Tresca, antropologa ambientale, è il risultato di un insieme di sopralluoghi per visionare, fotografare, censire, misurare gli alberi e di incontri con persone del luogo, che hanno storie e aneddoti da tramandare riguardo al modo di vivere legato agli alberi da frutta locali. L’obiettivo è integrare questi racconti nell’inventario e rendere lo studio sensibile al tessuto culturale che ha dato vita a questi vegetali. Giorgia riferisce in particolare delle sue visite a Linescio, dell’incontro con persone disponibili alla condivisione e coscienti che il modo di vivere è cambiato, ma che offrono un’enorme varietà di spunti per dare continuità al valore umano, portandoci magari a capire che, con una maggiore conoscenza della storia si potrebbe tornare a una genuinità d’altri tempi. Linescio vanta un patrimonio unico di alberi storici da frutto, che spesso superano i 100 anni, ma sono sovente di piccole dimensioni e passano quasi inosservati. I terrazzamenti hanno decisamente frenato la loro crescita, ma hanno nel contempo anche rallentato l’accesso dei macchinari agricoli, che in altre zone della Val Maggia hanno purtroppo contribuito all’abbattimento di numerosissimi esemplari.

Narrazioni e testimonianze raccolte tra gli abitanti del luogo sugli alberi hanno permesso di condurre a buon fine il lavoro di mappatura. Anche le analisi genetiche condotte su alcune piante del paese hanno dato enorme soddisfazione alle due incaricate e permesso di confermare il valore del patrimonio frutticolo del pittoresco nucleo. È il caso del melo maestoso situato a valle dell’osteria e di alcuni meli di una stessa varietà presenti nell’area. La loro mela ha la buccia gialla coperta di striature e fiammate rosse, succosa e con acidità elevata, una scoperta gustosissima dal genotipo unico a livello nazionale.

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