Locarnese

Locarno, una strada per Gaby (e le altre)

Un'interrogazione dei Verdi di Locarno per valorizzare le figure femminili che hanno contribuito allo sviluppo della società dedicando loro una o più vie

La toponomastica riflette una maniera di interpretare la storia e la realtà (foto archivio Ti-Press)
2 agosto 2021
|

“Scusi? Lei è di qua? Di Locarno?”
“Sì, perché?”
“Ho il natel morto… Che via è questa?”
“Via Gaby Antognini…”
“Via chi?”
“An-to-gni-ni, Gabriella”
“Mai sentita…”
“Beh, non è conosciuta con il nome di battesimo. È ricordata come Gaby. Grande pasionaria natia del Gambarogno, che ha vissuto a Locarno. Se non sbaglio, è nata nel Dieci. Del 1900, si capisce. Poi, a quasi ottant'anni una malattia se l'è portata via. La sua è stata una vita tutt'altro che facile, ha sempre lavorato. Ha iniziato come contadina dopo la licenza elementare. A vent'anni, è entrata in fabbrica, ma non era qualificata. Guadagnava poco più di 2 franchi all'ora e i soldi non bastavano, faceva così un secondo lavoro, la sera e nel fine settimana. Pensi che da pensionata lavorava ancora come aiuto domestico per sopravvivere. Che poi, voleva diventare maestra… ma i problemi finanziari… sa com'è… Mille lavori per sbarcare il lunario però non l'hanno fermata. Gaby era una appassionata militante comunista; vera. Portava notizie alle famiglie dei combattenti ticinesi andati in Spagna per la guerra civile; ha aiutato molti internati dei campi di raccolta durante la Seconda guerra mondiale. Ce n'era uno a Gordola. E i partigiani, ospitandoli e accompagnandoli in montagna… Ricorda Pajetta? Per questo ha pagato diverse multe per aiuto illecito… È stata una donna valorosa: ha lottato per molto tempo anche per il diritto di elezione e voto alle donne, per i diritti dei lavoratori, per i poveri. Molto attiva nella sezione locarnese del Partito del lavoro, è stata la prima donna a entrare in Consiglio comunale a Locarno. Scriveva articoli per «Il Lavoratore», ha lottato per la complementare alle pensioni basse, per le pigioni moderate… Capisce, un impegno politico inesauribile, aveva un carattere molto forte e altruis…”.
“Scusi? Scusi eh… grazie; grazie davvero, ma ora devo proprio andarmene”. (*)

Oggi, a Locarno, un dialogo così è improbabile. Non tanto perché palesemente inventato, quanto piuttosto perché una strada dedicata a Gaby Antognini non esiste. Anzi, a ben guardare nella rete di strade, stradine, piazze e piazzette, vicoli e vicoletti di Locarno parrebbe non esserci una sola via dedicata a una donna. Si penserà “problemi grassi” e apparentemente può sembrare cosa da poco. Tuttavia la toponomastica esclusivamente maschile è specchio di un pensiero radicato di cui nemmeno più ci si accorge, che la dice lunga sulla concezione della storia e su chi l'ha fatta.

Aprire una strada alla riflessione

«È una mentalità insita di cui non si fa più caso ed è sintomatica delle scelte politiche. Naturalmente non si vuole colpevolizzare nessuno. Però siamo in un periodo di transizione e forse è il momento giusto per rivendicare uno spazio pubblico per le donne che hanno contribuito con impegno e dedizione allo sviluppo della nostra società, riconoscendo la loro importanza e il loro valore». È quanto chiede l'interrogazione “Nomi di vie e piazze dedicate a donne che hanno influenzato la nostra storia e la nostra società” inviata al Municipio di Locarno il 1° luglio scorso dalla consigliera comunale dei Verdi Francesca Machado-Zorrilla (suo il virgolettato) e cofirmatari Viktoria Kitanova, Sheila Mileto e Marko Antunovic (tutti dei Verdi). «La nostra intenzione è lanciare uno spunto di discussione, affinché si rifletta non tanto sul fatto che non ci siano strade dedicate a figure femminili, quanto sulla ragione di questa assenza», spiega Machado-Zorrilla.

Sul piano generale, «la denominazione di vie e piazze – afferma – rispecchia l'identificazione del territorio dal punto di vista storico e sociale. Dà informazioni su quel territorio. La toponomastica è, oltre che un sistema di orientamento, uno strumento che permette di leggere la realtà e interpretarla». Quindi se attraversiamo via Gioacchino Respini, Francesco Balli, Rinaldo Simen, Vincenzo d'Alberti, Domenico Galli, Serafino Balestra, Bartolomeo Varenna si penserà che il nostro passato è stato segnato e costituito unicamente da figure maschili illustri (fors'anche solo inconsciamente). «Dedicare una strada pubblica a una figura storica è un atto simbolico potente, l'insieme dà quindi forma a un ritratto della città sul piano sì geografico, ma soprattutto sociale e culturale, disegnando pure un quadro dell'orientamento seguito dall'amministrazione comunale».

La voce delle donne è spesso e volentieri silenziata nella storiografia, perché considerate subalterne. Quindi la storia l'hanno scritta gli uomini e perciò, se non si considera questo fatto, può parere che le donne non vi abbiano mai partecipato e quindi non vi hanno contribuito. Ma non è così. «Le donne, nella storia, ci insegnano la cooperazione, l'andare oltre gli steccati partitici per lavorare assieme per il bene comune. E a Locarno – come nel resto della regione e del Cantone – hanno vissuto donne illustri che hanno operato in diversi ambiti della società, contribuendovi significativamente». Linda Alliata, Joe Bressani, Natalia Nordman, Patricia Roc, Irene Marcionetti – tanto per citarne alcune – sono state donne di cultura. E ancora, Elda Marazzi, Rosita Mattei, Arianna Dalessi e Gaby Antognini che sono state attive a livello sociale, civile e politico.

Ridisegnare una prospettiva di genere partendo dalla strada

Nel testo del 1° luglio, gli autori chiedono all'esecutivo cittadino, fra l'altro, di sapere quante piazze e vie in città son dedicate a personalità femminili. «Ridisegnare una prospettiva di genere (come scritto nell'interrogazione) non è un'impresa impossibile, partendo proprio dai nomi delle strade – ribadisce Machado-Zorrilla –. Tempo fa, i Verdi di Mendrisio hanno sollecitato il Comune (interrogazione del 2018, dello stesso anno anche un'altra dei Verdi di Bellinzona; ndr), che si è mosso in questo senso. Ci vuole la volontà politica», ricorda. L'intento – chiarisce – non è quello di cambiare dedica alle vie, per lo meno non a quelle “storiche”, ma pensare di nominare le nuove strade e i nuovi angoli di una città in trasformazione: «Come in via Passetto, c'è una nuova piazzetta, ecco quella potrebbe essere dedicata a Gaby Antognini, che per altro abitava a pochi passi; in via Bartolomeo Varenna», propone l'interlocutrice.

(*) Su Gabriella Antognini (Gaby) si rimanda alla biografia redatta da Arianna Clerici per il progetto ‘Tracce di donne’ dell'Associazione archivi riuniti donne Ticino (Aardt).

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE