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Sul sedime della cappelletta di Gordola 'c'è un piano in più'

Un presunto abuso edilizio viene denunciato dal presidente della Stan Benedetto Antonini: 'Ma nessuno risponde'

Il complesso residenziale
15 giugno 2021
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“Come può un’Autorità che ha promesso (o giurato) di rispettare la Costituzione e le leggi esprimere verità parziali? Il Municipio sembra speculare sul fatto che la planimetria non mostra la morfologia del terreno, che è di sua natura molto ripido e per di più gira verso il riale in direzione sud-est. Stando alla Legge edilizia, l’altezza dell’edificio va misurata nel punto più alto del medesimo”.

Sono passaggi di una lettera inviata alcuni mesi fa all’Ufficio domande di costruzione del Dipartimento del territorio, e in copia al Municipio di Gordola, riguardo a presunte irregolarità edilizie sullo stesso terreno che a Gordola attende il ritorno della cappelletta votiva distrutta per errore, fretta o imperizia da una ruspa. Firmatario della missiva non è una persona qualunque, ma Benedetto Antonini, che sul terreno in questione, come presidente della Società ticinese per l’arte e la natura (Stan) ha lungamente lavorato proprio in vista della ricostruzione della cappelletta; prima ancora, Antonini è stato a capo della Sezione della pianificazione urbanistica del Dipartimento dell’ambiente, direttore della Divisione della pianificazione territoriale del Dipartimento del territorio, nonché consulente per il Dipartimento stesso e docente di urbanistica al Politecnico di Milano.

‘Sdegno irrefrenabile’

Il fatto che Antonini esprima “sdegno irrefrenabile” per quanto, secondo lui, starebbe accadendo sul sedime, è significativo. E lo è forse ancora di più che le sue recriminazioni, o richieste di chiarimento, siano rimaste fino ad oggi senza nessun riscontro concreto (in realtà, stando a nostre verifiche, il Dipartimento ha nel frattempo invitato il Municipio a fornire determinate informazioni e a effettuare ulteriori verifiche dopo quelle già svolte. Il tema verrà nuovamente affrontato in una delle prossime sedute).

Ricordando la sua prolungata presenza sul posto, Antonini nella lettera ricordava di aver “espresso meraviglia per l’insolita altezza dell’edificio allora appena al termine delle opere grezze”. Da lì, invitato a intervenire, l’esecutivo aveva fatto esperire una misurazione al geometra revisore, secondo il quale – così come secondo il capodicastero Roberto Balemi – le altezze sarebbero senza alcun dubbio state rispettate.

Ma la versione di Antonini, raggiunto ieri dalla “Regione”, non cambia. E rimanda al testo della segnalazione al Dipartimento. Vi si legge anche che secondo il Commentario della Legge edilizia (Scolari) “l’altezza massima va computata a tre metri dal filo della facciata”, ma verificando questo assunto da una fotografia allegata “si nota come a 3 metri dal filo della facciata, la verticale sul terreno naturale cadrebbe oltre 3 metri poi in basso”. Personalmente, rilevava e ancora oggi sostiene l’ex capo della Sezione della pianificazione urbanistica, “ho buone ragioni per supporre che quell’edificio sia un piano troppo alto rispetto a quanto ammissibile nel rispetto delle Norme di applicazione del Piano regolatore”, le Napr. Riportandone alcuni articoli, Antonini parlava di “un superamento importante dell’altezza massima consentita (...). Chiunque può avvedersi che lo squarcio nel terreno praticato per ottenere l’accesso all’edificio a valle e i posteggi aperti, lungo quasi come la metà della facciata, è alto circa 2,83 metri + 0,97 metri + 1,50 metri = metri 5,30 circa”.

E se c’è un’imprecisione, “non è sostanziale poiché qui ballano metri e non centimetri”. Infatti, “l’altezza totale consentita in corrispondenza dell’entrata dell’autorimessa potrebbe essere di metri 9 + 2 = 11, mentre l’altezza di progetto si aggira sui metri 9 + 5,53 = metri 14,53”. Tutto sommato, erano le parole di Antonini, “se ne deduce che, in questo caso, a fronte di un crasso dispregio della Legge e di un impoverimento del paesaggio, assistiamo a un massiccio illecito arricchimento del promotore”; arricchimento quantificato in “un piano supplementare”. Sospetti, quelli documentati, riguardanti l’edificio a valle del complesso, ma che per Antonini possono estendersi anche a quello a monte, “dove le altezze sembrano superare in misura altrettanto grave quanto consentito dalle Napr”.

Nel frattempo, si è sempre in attesa della ricostruzione della cappelletta votiva che una ruspa malandrina aveva cancellato dalla faccia della terra nel febbraio del 2018, proprio durante le prime operazioni di cantiere del complesso residenziale. L’azione aveva suscitato grande riprovazione a Gordola (e non solo), visto che il manufatto, per il suo valore storico, culturale e religioso, avrebbe dovuto essere tutelato e trattato a mo’ di reliquia.

‘Ricostruzione quanto prima’

Nel luglio dello stesso anno erano state consegnate 500 firme per la sua ricostruzione filologica, in ottobre era stata negata una domanda di demolizione in sanatoria ed era stata concessa una licenza edilizia proprio per la ricostruzione fedele all’originale. Il basamento su cui poggerà la nuova cappelletta, fronte strada, fa bella mostra di sé ormai da qualche mese. La speranza che «quanto prima i promotori si impegnino nella ricostruzione» viene espressa dal sindaco, Damiano Vignuta.

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