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Restauro Casa Epper ad Ascona: ‘Poca gioia, tanti dubbi’

Dai contrari alla vendita dell'ex museo giungono perplessità, tra tempistica e costi, sul progetto attualmente in pubblicazione,

Casa Epper (già museo)
14 giugno 2021
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Il progetto di restauro dell'ex museo Epper, oggi di proprietà del vicino albergo Eden Roc (e meglio, del Tschuggen Group Sa, con hotel di lusso in tutta la Svizzera) non raccoglie unanimi consensi. Attualmente in pubblicazione all'albo comunale di Ascona, prevede alcuni lavori, sostanzialmente opere di manutenzione, per lo stabile che fu dei due artisti Ignaz e Misha Epper. L'obiettivo, come anticipato da laRegione, è creare locali espositivi (anche per un ritorno delle opere degli Epper, già tutte traslocate nella nuova sede in Carrà dei Nasi) e sale per conferenze e incontri. Spazi che saranno in parte aperti al pubblico.

Fin qui tutto bene. Ma è poca la gioia espressa da Michele Cerciello, ex municipale di Ascona e fra i capofila dei contrari alla vendita dell'ex museo a un privato. I dubbi prevalgono: sia sulla tempistica della domanda di licenza edilizia, sia sui costi dell'operazione.

«Da un lato mi sono rallegrato leggendo che casa Epper resterà aperta al pubblico, anche se non ho capito come – commenta Cerciello –. Significa che parte del mio auspicio espresso nell’ottobre scorso è stato accolto dalla famiglia Bechtolsheimer Kipp, proprietaria dell'Eden Roc. D’altro lato, però, mi ha meravigliato la tempistica della pubblicazione. Tutti sanno che i discendenti di Mischa Epper hanno presentato ricorsi al Tribunale amministrativo per richiedere non indennizzi, ma il rispetto del testamento della prozia; testamento che, nero su bianco, lega le opere degli Epper a Casa Epper, che deve rimanere sempre aperta al pubblico. Un ricorso che non è ancora cresciuto in giudicato; quindi mi chiedo come mai il presidente della Fondazione Epper, direttamente coinvolto nella vicenda, e un grande albergo se ne freghino e agiscano senza attendere la sentenza».

Cerciello ha passato al pettine fine la richiesta di licenza edilizia, nella quale si parla di risanamento del tetto, sostituzione dei serramenti, ritinteggio delle facciate e di opere minori all'interno della casa, con la sistemazione di una cucina, che fungerà da appoggio a quella dell'albergo in caso di bisogno, per buffet durante convegni, conferenze o vernissage. Verrà rimesso a norma l'impianto elettrico e sostituiti alcuni pavimenti. Poco o nulla si farà nel bagno con mattonelle artistiche: anzi, viene specificato che nel caso di guasti alle tubature, verrà semplicemente messo fuori uso. Insomma, come specifica la domanda di costruzione: “I proprietari decidono per il momento di far eseguire quei lavori che preservano l'edificio e che diano supporto al nuovo utilizzo previsto”.

Costi (in)sostenibili?

A questo punto l'intervistato passa al secondo aspetto che solleva perplessità: “Ciò che più mi turba, e che tengo a sottolineare è la spesa per tutti i lavori di ristrutturazione previsti: 175mila franchi. Cifra specificata nella richiesta di licenza edilizia. Ma non si era detto che la vendita della casa era stata necessaria perché i lavori di ristrutturazione sarebbero costati una cifra (si parlava di oltre un milione di franchi) che né la Fondazione né il Comune avrebbero potuto sostenere? Immagino che ora si darà la colpa di questa incongruenza ai professionisti che hanno redatto preventivi e perizie. Ma la Vigilanza sulle fondazioni non aveva l’obbligo dell’accertamento? E il Comune? Quanti brutti sospetti mi assalgono! Ma si può ancora avere fiducia nelle Istituzioni pubbliche? Non lo so. Constato solo che le istituzioni se ne fregano l’una dell’altra e che altre, invece, si coprono tra loro, mentre il cittadino non ha alcun potere. Per me tutta questa faccenda è fonte di profonda amarezza. Comunque vada a finire è una brutta storia».

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