Locarnese

Bignasco, l'addio (a metà) degli ‘inventori’ della raclette

Dopo 41 anni di attività lasciano l'Albergo Posta Mary e Albert Gens. ‘Nel nostro... porto di mare non avevamo clienti, ma amici’

L'Albergo Posta di Bignasco
(Ti-Press)
4 dicembre 2020
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Sono passati 41 anni da quel primo dicembre 1979, quando Mary e Albert Gens aprirono l’Albergo Posta di Bignasco. I due gerenti oggi lasciano l’attività. «È giunto il momento per noi di smettere, anche se sarà difficile. Dietro questo bancone lasciamo un pezzo di noi».

«Hai nuove?», chiede un uomo, rivolgendosi alla cameriera. «Sempre il solito tran tran», risponde lei, mentre con in mano straccio e spruzzino passa di tavolo in tavolo a disinfettarli. Seduti vicino alle grandi vetrate che si affacciano sull'ampia terrazza, un signore e una ragazza più giovane: forse padre e figlia. Chiacchierano divertiti e ogni tanto guardano fuori. Più in là, in fondo al bar, due operai, entrambi in tuta da lavoro. Vengono da lontano, parlano una lingua straniera, abbozzano solo qualche parola in italiano.

Le voci presenti nella sala si mischiano fra loro, insieme alla musica in sottofondo. A scandire il tutto, il rumore sordo del filtro del caffè che viene sbattuto, o ancora il tintinnio della monetine, rimescolate nella borsetta della cameriera, che vi fruga per dare il resto. Decidiamo di incontrarli così, Mary e Albert: immergendoci nel loro quotidiano, nell'Albergo che, per oltre quarant’anni, è stato il loro posto di lavoro, oltre che la loro casa. «Qui è un porto di mare, fra chi al mattino viene per bere qualcosa, chi a pranzo per mangiare al ristorante e chi, di sera, cerca alloggio per la notte», dice Mary, venendoci incontro.

‘Cercavamo pace e tranquillità’

Ginevrino lui e francese lei, i due incrociano le proprie vite a Losanna. «Albert all'epoca faceva il tassista, mentre io lavoravo in un ristorante e spesso prendevo il taxi per tornare a casa. Fra una battuta e l'altra ci è scappato il colpo di fulmine», racconta Mary ripensando al primo incontro. «Cosa ha portato due francesi come noi a venire a stare in questa valle? La pace e la tranquillità. La città è diversa, qui ci siamo trovati benissimo», dice Albert, che si ferma solo per poco.

La coppia arriva a Bignasco e fin da subito viene accolta in modo positivo dalla comunità. All'epoca non era consuetudine che francofoni venissero ad abitare in Vallemaggia. Infatti le vallate ticinesi (un esempio perfetto è la Bavona) erano meta prediletta – soprattutto a cavallo fra gli Anni 70 e 80 – degli svizzero-tedeschi, che cercavano una fuga dalle grigie e caotiche città d’oltralpe. «Quando abbiamo comprato l’hotel – che prima era di proprietà dei genitori di Carla Del Ponte – non parlavamo italiano. Nonostante questo, però, non abbiamo avuto difficoltà, perché dal primo giorno i compaesani si sono impegnati a comunicare con noi», afferma Mary. Che, ridendo, nota come «ancora oggi c'è qualcuno che mi prende in giro per il mio accento».

Il ‘Souvenir’ del presidente 

Sono tanti gli aneddoti che la coppia racconta, riavvolgendo il nastro dei ricordi. I bar e i ristoranti, specialmente nei piccoli paesi, sono sempre stati, insieme alle piazze, fondamentali luoghi d’incontro per la popolazione. «Prima dell'arrivo del telefonino, qui era un vero e proprio centralino. Le persone mi telefonano per chiedermi se ci fosse una o l'altra persona. La gente viene al bar principalmente per parlare, ed è così che si instaurano legami», nota ancora Mary. Fra la clientela, considera, si poteva trovare di tutto. Gente del paese, gente da fuori, lavoratori stagionali che spesso chiedevano una stanza dove poter alloggiare.

«Chi veniva da noi erano principalmente operai e turisti in cerca di un po’ di pace – ricorda Mary –. Una volta abbiamo avuto anche un presidente della Confederazione: Pierre Aubert. Quando ho visto la prenotazione non ci credevo. E invece era proprio lui! È venuto qui più di una volta con la moglie. Era una persona alla mano. Salendo le scale cantava sempre “Souvenir Souvenir”» ricorda Mary.

La coppia è stata anche la prima a “importare” la fondue e la raclette in Vallemaggia, e per diversi anni queste pietanze sono state il loro piatto forte. «Siamo andati avanti per quattro mesi, tutte le sere, servendo forme su forme di formaggio. Andavano letteralmente a ruba. L’unica pecca era l’odore forte che rimaneva per giorni...» dice Mary.

Un addio…a metà

Dopo 41 anni di attività anche per Mary e Albert è giunto il momento di smettere per riprendere fiato. «Questo mestiere non è semplice. Il tempo libero non esiste più. Quando ci sono le festività o i fine settimana tutti si concedono una pausa, mentre noi dobbiamo lavorare. In passato a Natale e Capodanno non c'era più un tavolo libero. Oggi, invece, meno: la gente non gira più come una volta». In 40 anni la coppia ha servito almeno tre generazioni di clienti. Nel loro ristorante infatti sono stati festeggiati battesimi, cresime, compleanni e matrimoni. Molti i ragazzi e le ragazze che quell'albergo e quella terrazza affacciata sul fiume hanno visto crescere.

«Ora, però, abbiamo deciso di smettere. Siamo stanchi, abbiamo una certa età. Ma la nostra clientela non deve disperare: non è un addio. Noi lasciamo, il personale continuerà a portare avanti questo posto e anche noi, in qualche modo, saremo sempre nei paraggi. Tengo a ringraziare tutti per questi anni passati insieme. Qui non avevamo clienti, ma amici».

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