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Gordola, con il nuovo Merlot si salvano i vigneti

Una ventina di produttori, l'uva non ritirata dalle cantine e una giovane ‘start-up’: la collaborazione (anche con il Comune) vale più di un brindisi

28 settembre 2020
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È proprio vero che dalle emergenze nascono (anche) nuove opportunità. Lo insegna Gordola, il cui Municipio ha deciso di sostenere una “start-up” della viticoltura che si prende cura delle uve in eccesso non ritirate dalle cantine, per poi produrne un vino locale, a chilometro zero. Il risultato pressoché immediato è duplice: dare un colpo di mano alla ventina di viticoltori locali che si sarebbero ritrovati con significativi quantitativi in esubero, ma anche testare sul mercato – a partire da quello della ristorazione – un Merlot fortemente legato al territorio. La prima stagione ha visto la consegna di 75 quintali di uvaggi, che equivalgono a cinquemila litri di vino. Il tutto va inserito nel contesto dell'emergenza, che aveva spinto le cantine ad abbassare l'acquisizione da 800 a 500 grammi di uve in eccesso al metro quadro. Tornassero i quantitativi precedenti, l'iniziativa potrebbe anche continuare, anche se in tono minore.

Per l'emergenza, ma non solo

Damiano Vignuta, sindaco di Gordola (nomen omen, in questo caso), ricorda la genesi del progetto: «In una lettera inviata al Municipio il collega René Grossi e il presidente della Federviti Graziano Carrara evidenziavano il problema degli uvaggi non ritirati, che mettevano in difficoltà i viticoltori. Si trattava dunque, per il Comune, di ideare una soluzione rapida che potesse rispondere all'emergenza, guardando anche al grande tema – caro al Municipio – della salvaguardia dei vigneti collinari gordolesi, il cui valore è storico, sociale, culturale, paesaggistico ed economico. Basti dire che fino a qualche anno fa Gordola era il Comune ticinese con la maggior superficie viticola. In poche parole, i vigneti collinari fanno parte del nostro Dna. C'era poi stato un incontro con i viticoltori, ed è nata quest'idea di dar vita ad una sorta di “start-up” gestita da due giovani viticoltori, Alessandro Turello e Aaron Piffero, che hanno capacità ed entusiasmo necessari per affrontare la sfida. L'intervento del Comune consiste in un prestito senza interessi da restituire in 5 anni e nel ritiro simbolico di un numero di bottiglie da sfoderare in occasioni di rappresentanza». 

«Se si lasciasse cadere la gestione dei ronchi collinari, nel giro di pochi anni ci ritroveremmo con le sterpaglie – aggiunge Grossi –. Creando, tramite l'iniziativa condotta da Turello e Piffero, una sorta di associazione dei viticoltori, si va incontro ad una categoria che ha pochissimi margini e una grande responsabilità. Il concetto è che il viticoltore può portare un quantitativo di uva, che al chilo viene pagato leggermente di più rispetto al prezzo di mercato. Il vino prodotto potrà poi essere ritirato da lui stesso a buon prezzo, per essere in parte tenuto e in parte rivenduto ai ristoranti, che si ritrovano così con un prodotto locale, non caro, che di certo può interessare i consumatori». L'associazione, continua Grossi, «può concorrere a far conoscere tutti i viticoltori della zona – sono una ventina quelli che hanno beneficiato dell'iniziativa – e indurre a prediligere i vigneti locali».

A Gordola i vigneti collinari sono parte integrante e imprescindibile del territorio. Già nel 2018 la Federviti di Locarno e Valli ne aveva sottolineato l'importanza simbolica e storica creando l'itinerario didattico “Percorso Vite/a” di 8,5 km dalla diga della Verzasca fino a Montedato, ed era stato promosso l'evento enogastronomico “In Vitea Güsctà”, sempre finalizzato a far conoscere e valorizzare il territorio e le peculiarità legate alla terra e all'ambiente. L'auspicio, conclude Grossi, «è se possibile proseguire su questa strada; per questo si vuole portare una parte di questo vino in vendita già a maggio; sarà giovanissimo, ma aiuterà a capire se cittadini e ristoratori sono interessati al prodotto».

‘Giusto aiutare i viticoltori’

Nel frattempo, chi “pedala” sono i due giovani viticoltori cooptati per concretizzare l'idea. Alessandro Turello nota che «per i vini di collina difficilmente c'è una produzione di 800 grammi di uva al metro quadro, anche negli anni buoni. Al limite ci si può arrivare con vigneti piuttosto intensivi. Detto questo, la questione dell'abbassamento del ritirato a mezzo chilo richiedeva una risposta. Così noi da una ventina di hobbysti abbiamo ritirato 75 quintali di uva, con cui verrà prodotto un vino base (settemila bottiglie) che sarà rivenduto ai privati e soprattutto ai ristoranti. Inoltre, il pagamento ai viticoltori coinvolti avverrà man mano che sarà venduto il vino, e il 20% di questi pagamenti sarà proprio in vino: questo alleggerisce noi nella vendita e stimola loro a diventare parte attiva nel processo di distribuzione del prodotto. Nessuno, comunque, diventerà ricco, perché l'obiettivo è coprire le spese dell'operazione e venirne fuori lisci. Questo, anche considerando che sia Aaron, sia il sottoscritto abbiamo già un'azienda da far stare in piedi. Vogliamo comunque che il prodotto venga messo presto sul mercato, verso maggio, così da avere il prima possibile le basi per capire se valga la pena continuare o meno».

Quanto alla collaborazione con l'ente pubblico, il viticoltore la considera «apprezzabile, in questo momento molto difficile per tutti. Confederazione, Cantone e Comuni hanno sostenuto molti settori dell'economia. Avvicinarsi anche alla nostra categoria ci sembra quindi oggettivamente giusto».

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