Locarnese

#andràtuttobene: in 8 minuti il lockdown a Locarno

Selezionato da due festival internazionali di Hollywood e Madrid il cortometraggio di Christian Mancini e Giacomo Tanzarella

Christian Mancini e Giacomo Tanzarella
4 agosto 2020
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Uno scivolo inutilizzato, le altalene mosse dal vento, tre germani reali e una brezza lacustre che sembrano indicare una riappropriazione della natura. Le vie del centro deserte, i portici scuri, abbandonati, che rimbombano dei passi silenziosi di un anziano claudicante. E ancora la luce che cede il passo all'ombra, in una Locarno che pare dissolversi, sparire, dormire. Ma che tuttavia trasmette la speranza di una futura normalità, e lo fa con colorate scritte su bianchi lenzuoli stesi.

C'è tanta poesia, in #andràtuttobene, cortometraggio che Christian Mancini, 30 anni, e Giacomo Tanzarella, 31, entrambi locarnesi, hanno dedicato al “lockdown” sofferto dalla città. Sembrano, oggi, immagini lontanissime, quelle del vuoto generalizzato, della solitudine come controffensiva istituzionalizzata, del distacco improvviso nei rapporti sociali. Ma è roba di ieri. Che potrebbe, forse in misura meno drastica, tornare domani. «L'obiettivo - spiega Giacomo - era raccontare una storia universale, vista con gli occhi puntati su Locarno, la nostra città. Non c'è tempo, nelle immagini, non c'è luogo: ci sono tutti i luoghi colpiti dalla pandemia, e tutti i “lockdown” osservati in quei terribili due mesi di chiusura generalizzata». Il tentativo, aggiunge Christian, «è stato quello di restituire il concetto in modo personale e universale insieme, andando oltre la cronaca giornalistica, con ritmi diversi rispetto a quelli che ci hanno presentato altri prodotti televisivi». Il risultato, concentrato in 8 minuti, è un grande silenzio che parla vestito di musica. E che ripercorre idealmente una giornata, dall'alba al tramonto, raccontando nello stesso momento tutte le giornate di “vuoto” intercorse fra il 15 marzo e l'11 maggio.

'Una risposta al letargo forzato'

«L'idea è arrivata in maniera quasi prepotente verso il 10 marzo, quando appariva chiaro che tutti i programmi della mia vita, e quelli della vita di Giacomo, per un po' sarebbero rimasti per così dire in letargo - ricorda Christian -. Personalmente avrei voluto partire per l'estero per dare avvio a un altro progetto. Ma non si poteva, e tuttavia bisognava reagire. “Facciamolo qualcosa qua”, ho suggerito, e così il progetto è partito». Come un biomedico e ricercatore (Christian) e un musicista e compositore possano averlo confezionato in questo modo, soltanto la passione e la sensibilità possono spiegarlo. Una passione, e una pazienza, declinate anche nelle necessità operative di incontrarsi di persona il meno possibile, durante tutto il tempo della produzione e della post-produzione, se non tenendosi a debita distanza, seduti sui cofani delle rispettive auto, o scambiandosi il materiale in un infinito ping-pong di files rimbalzati da un computer all'altro.

Scelte morali

«Per le riprese abbiamo voluto evitare gli ospedali e le immagini d'emergenza: c'è chi non ne è uscito. Eticamente e moralmente non potevamo fare altrimenti - considera Giacomo -. Così abbiamo puntato sull'aspetto umano, sulla paura del virus che permeava tutto e tutti». Un lavoro che voleva essere impattante può dirsi riuscito senza aver avuto bisogno di urlare. Se ne sono accorti, con ogni evidenza, due importanti festival internazionali come il Madrid Film Awards e l'Independent Shorts Awards di Hollywood, che hanno accettato #andràtuttobene nelle rispettive selezioni ufficiali. «Francamente non sappiamo quanto importanti siano nell'ampio contesto delle rassegne grandi e piccole che affollano il pianeta - nota Giacomo - ma Amos Sussigan, che è un amico, e in campo cinematografico anche un riferimento importantissimo, dice che l'indirizzo di Hollywood è quantomeno nella zona giusta...».

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