Locarnese

'Bisogna crescere nel cuore e nella testa'

Alain Scherrer, sindaco di Locarno, fra privato e pubblico. E sulla diatriba Berna-Bellinzona: 'Non trovo le parole per esprimere il disagio'

26 marzo 2020
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La necessità di una piazza per esprimere l'ansia, ma anche la speranza. Il bisogno di un pulpito dal quale rivolgersi direttamente alla propria gente per dettare, ribadire, le regole. Dimostrando comprensione, vicinanza e fermezza.

Forse Alain Scherrer non immaginava che essere sindaco potesse diventare una questione tanto viscerale, di cuore. Poi l'emergenza glielo ha dimostrato. E non dev'essere facile ergersi a guida quando le greggi sono disperse in tante bolle di solitudine: il loro isolamento diventa quello del pastore. Che non di meno le deve raggruppare per evitare che allontanandosi da un centro di gravità vadano sull'orlo sdrucciolevole del precipizio. Ecco dunque che da una potente miscellanea di sensazioni emerge una riflessione che parte da Alexis de Toqueville: «Il saggista francese l'aveva detto - ricorda Scherrer -: non tutti i percorsi democratici sono una lunga passeggiata in discesa. Anzi. A volte, per non dire spesso, si finisce davanti a un bivio ed è necessario scegliere fra libertà e sicurezza. La domanda è da che parte andare».

La solitudine come arma

La risposta, per il sindaco di Locarno, è nell'assunto che «il bene e il rispetto della comunità rappresentano oggi la nostra linea guida. Abbiamo a che fare con un nemico invisibile che ci sembra orribile. Un nemico che va combattuto quando è vivo, non quando è morto; quando è in piedi, non quando giace a terra». L'arma da utilizzare, come comunità, è paradossalmente la solitudine, l'isolamento, il famoso "restare a casa" che come un mantra ci accompagna nella perdurante angoscia di questo periodo. «Stare a casa, ognuno per conto suo, significa solidarietà - dice Scherrer -. Ci sono tempi in cui è impossibile restare spettatori passivi. Scegliere di rimanere a casa propria è ora quanto di più proattivo ognuno di noi possa fare. Dal profondo del cuore chiedo di essere vicini l’uno all’altro, anche se lontani... Chiedo di non nascondersi, chiedo di lavarsi le mani, con cura... ma di non lavarsi le mani del problema altrui, che è anche il nostro».

L'appello del sindaco «in un momento in cui tutto sembra vacillare» è di «rimanere saldi in ciò che conta: la vita. Più si impara a vivere con gli altri, a rispettare gli altri, ad aiutare gli altri, e più si contribuisce al risultato e ad un ritorno alla normalità, il prima possibile. Ma per arrivarci bisogna riuscire a non essere più preoccupati solo di se stessi».

E ancora, nella città il cui ospedale è stato trasformato nel "nosocomio covid" ticinese, il sindaco rivolge «un pensiero dolce e affettuoso di gratitudine» all'esercito silenzioso che opera in prima linea, fatto da «medici, infermieri, farmacisti, operatori sanitari, docenti, protezione civile, polizia, personale della Città di Locarno, personale di pulizia, personale nei supermercati e nei negozi e tanti volontari. Siete voi - esclama il leader dell'esecutivo - che ci permettete di affrontare con speranza questo difficile momento della nostra vita». Un momento in cui occorre «crescere nel cuore e nella testa, per non essere cancellati dal pensiero dominante, invasi dalla negatività e distrutti dalla superficialità».

Un Municipio che corre su Skype

Intanto, più prosaicamente, la missione istituzionale del sindaco e del suo Municipio prosegue su binari a scartamento ridotto che non di meno coprono un tracciato infido e forse mai come ora chiaramente orientato verso una mèta: «Le sedute del martedì pomeriggio proseguono regolarmente, ma avvengono via Skype. Riusciamo a parlarci come se fossi attorno a un tavolo. Rapporti e decisioni sono quantitativamente inferiori rispetto al normale poiché il focus è sulla situazione "covid". Stiamo cercando di fare il massimo per aiutare chi è in difficoltà, come le fasce più deboli e bisognose della nostra popolazione, oltre naturalmente all'Istituto San Carlo, che occupandosi dei nostri anziani necessita naturalmente della massima attenzione».

A Locarno, considera il sindaco, «abbiamo capito la situazione prima di altri, come dimostrano i tempi delle restrizioni introdotte. Oltre a questo, stiamo cercando di individuare delle misure efficaci per aiutare i commercianti, in abbinamento a quanto fanno e faranno Confederazione e Cantone, nell'equilibrio delle gerarchie istituzionali. A questo proposito non ho trovo le parole giuste per descrivere il disagio che provo rispetto alla diatriba fra Consiglio federale e Consiglio di Stato. Il nostro governo cantonale ha agito perfettamente. Come tutti i ticinesi sto dalla sua parte perché apprezzo molto la linea che ha adottato. Detto questo, la grossa incognita è il dopo. Come ripartirà il tutto? Che tipo di turismo avremo? Come ci potremo muovere nei primi mesi del post-emergenza? Ribadisco che sarà fondamentale l'aiuto di Berna e quello di Bellinzona; poi noi, come Comune, faremo la nostra parte».

'Riscopro dinamiche... giacenti'

Poi, c'è l'Alain Scherrer impiegato statale, marito e papà. «Come vicedirettore e capo gestione amministrativa del Centro sistemi informativi del Cantone mi adeguo naturalmente all'esigenza di far capo il più possibile al telelavoro, nell'ambito del quale ogni persona del mio team ha le sue attività da svolgere per garantire la continuità dei servizi. Di lavoro ce n'è; semplicemente, lo si effettua in maniera diversa. Questa situazione mi consente di dedicare più tempo alla famiglia, anche proprio come presenza. Ed è l'aspetto più bello. Sto ritrovando dinamiche e riscoprendo valori che nella vita di ogni giorno erano lì quasi giacenti, dati per scontati. Questo nuovo utilizzo del tempo è una ricchezza che mi dà grande forza. E non c'è bisogno di ribadire quanta me ne serva in questo momento».

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