Locarnese

Locarno, la boxe come valvola di sfogo controllata

Compie 10 anni il sodalizio pugilistico cittadino. Sul ring si 'correggono' quei comportamenti di aggressività e iperattività tipici di molti adolescenti

20 gennaio 2020
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Dieci anni di emozioni e di conquiste. Ma anche di tanta fatica e sudore. Di impegno e dolori che le innumerevoli soddisfazioni sportive raccolte fanno passare in secondo piano. Sono tanti e basterebbero a riavvolgere il nastro della pur giovane storia. Quella del Boxe club Locarno, realtà sportiva che conta oggi una quarantina di affiliati tra bambini, adolescenti, ragazzi e adulti.

Eppure in questo breve lasso di tempo i guantoni del club hanno regalato 20 titoli nazionali (singoli), 5 titoli a squadre e 2 titoli conquistati dai portacolori locarnesi con la maglia della nazionale. Alla guida del sodalizio, sin dalla sua fondazione, è Americo Fernandes, nato nel 1961 a Capo Verde. Grande appassionato e in gioventù pugile di ottima caratura, ha sempre coltivato il sogno di avere un proprio team per i giovani inserito nel tessuto cittadino. Nella sua piccola palestra alla Morettina le recenti festività natalizie non hanno coinciso con una pausa. Si sta preparando la trasferta di 7/8 giovani atleti in Portogallo, a fine gennaio. A Lisbona se la vedranno con coetanei di vari Paesi europei. Obiettivo: fare esperienza e crescere. Questo per far capire che per sfogliare con lui l’album dei ricordi dovremo ancora pazientare. L’anno del giubileo coinciderà, infatti, con una ricca agenda di meeting pugilistici. Il 28 marzo a Lugano; in aprile con i guantoni che fanno parte della nazionale si volerà a Parigi; il 23 maggio i pugili locarnesi saranno di scena a Biasca; il 6 giugno, “festa di compleanno” in casa, con la rassegna “Boxe sotto le stelle” e ai primi di ottobre ci sarà il “Guanto d’Oro”. Una maratona dal profilo dell’organizzazione delle trasferte e degli eventi di non poco conto per lo staff tecnico che può contare, oltre che su Americo, anche sul preparatore atletico Claudio Meta e su Apaminondas Da Conceicao.

Punta di diamante del Bcl da qualche anno a questa parte è il ventenne Georgi Svechev, boxeur di origine bulgara in attesa di ottenere il passaporto elvetico. «Sta lavorando intensamente per il salto di qualità a livello internazionale – spiega Fernandes –. È probabile che debba scendere nella categoria fino a 75 kg, dove grazie alla potenza dei suoi pugni potrà fare bene. Culliamo il sogno di poterlo portare alle Olimpiadi del 2024, perché ha tutte le carte in regola per fare strada, il ragazzo. Speriamo solo che a fermarlo non sia la burocrazia». Un chiaro riferimento alle lungaggini per avere l’attesa cittadinanza svizzera.

Un pugno al bullismo e alla violenza

Motivo d’orgoglio, per il responsabile (nonché presidente) del team, è il vivaio: «Molti campioncini sono nati e cresciuti con me, li conosco e li seguo come fossero miei figli» – afferma. Proprio questa dimensione “familiare” rende stimolante il lavoro a bordo ring dello staff tecnico. «Chi entra in palestra sa cosa pretendo: non voglio parolacce, non voglio atteggiamenti da bullo né creare picchiatori da strada. Le regole del gioco per gli iscritti sono chiare, qui dentro come all’esterno delle nostre quattro mura. Chi non le rispetta viene accompagnato alla porta e non torna più. Ne va anche dell’immagine del sodalizio verso l’esterno». Così continua il percorso di crescita non solo sportivo bensì anche educativo del Bcl. La boxe come strumento di coesione sociale e pure di integrazione. Correttezza e disciplina dentro e fuori dal ring: se si riescono a impersonare queste qualità, pian piano, nel tempo, si diventa bravi pugili e si possono imparare cose importanti e utili per la vita.

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