Locarnese

Rotonda di Gordola: verità postume per una morte assurda

Si apre oggi a Lugano il processo al 23enne che due anni fa avrebbe causato, con un pugno, la morte di un 44enne

13 maggio 2019
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Omicidio intenzionale per dolo eventuale (subordinatamente omicidio colposo), omissione di soccorso, lesioni semplici ripetute, minaccia ripetuta, infrazione aggravata e contravvenzione alla Legge federale sugli stupefacenti. È il massiccio muro di accuse dietro cui si affaccia, da oggi, in Tribunale a Lugano, il 23enne che nella primavera di due anni fa, all’esterno della discoteca La Rotonda di Gordola, avrebbe causato la morte di un uomo colpendolo proditoriamente e senza motivo da tergo. Questa, almeno – la relazione diretta fra la sconsiderata azione e il decesso – è la versione considerata dall’accusa durante l’intera indagine, condotta e coordinata dal procuratore pubblico capo Arturo Garzoni.
La vittima è un 44enne cittadino svizzero domiciliato a Genestrerio, nel Mendrisiotto, che pagò con la vita la scelta di trascorrere una notte di divertimento – quella di venerdì 21 su sabato 22 aprile – prima di ritornare ai ritmi e alle abitudini settimanali. Verso le 4.30 sostava nell’atrio esterno adiacente alla rampa di accesso alla discoteca di Gordola, preparandosi presumibilmente per tornarsene a casa dopo la chiusura dell’esercizio pubblico. Ma inesorabile arrivò l’appuntamento con un destino assurdo, inspiegabile: come un vento di disgrazia, stando alla versione accusatoria, sopraggiunse l’imputato il quale da dietro, senza motivi, avrebbe sferrato all’uomo un pugno appena sotto la testa, facendolo cozzare contro un cancello. Il colpo, secondo la perizia giudiziaria realizzata dai medici legali Antonio Osculati e Luisa Andrello, provocò verosimilmente “un’abnorme distensione del collo”, la quale a sua volta avrebbe determinato una lesione vascolare vertebrale, purtroppo risultata letale. Accasciatosi al suolo e immediatamente soccorso, il 44enne venne trasportato all’Ospedale Civico di Lugano, dove morì il giorno successivo.

L’imputato: non l’ho toccato

Ma le convinzioni dell’accusa sono ben diverse da quelle della difesa. Saranno portate in aula dai legali del 23enne, avvocati Yasar Ravi e Luisa Polli, tramite i risultati di una perizia di parte commissionata ad esperti italiani. Stando alla versione della dottoressa torinese Valentina Vasino – come riferito dalla Rsi – la rottura del vaso fu spontanea e causata da una malformazione congenita; non solo: la perita piemontese sostiene che non vi fu assolutamente nessun contatto con terzi. Ciò è perfettamente in linea con quanto sempre dichiarato dall’imputato, ovverosia di non aver nemmeno sfiorato il 44enne. Una versione, questa, smentita da uno dei buttafuori della Rotonda, che dice di aver visto l’aggressione con i suoi occhi. Un fatto certo – al di là della dinamica e della relazione fra il pugno e il decesso – è l’indole del 23enne, che già in altre occasioni (anche quella stessa notte) avrebbe creato problemi in discoteca prima bevendo oltre il lecito e assumendo cocaina, poi passando alle mani. Le responsabilità oggettive del giovane saranno stabilite in aula dalla Corte delle Assise criminali di Locarno costituita per l’occasione dal presidente giudice Amos Pagnamenta unitamente ai giudici a latere Renata Loss Campana e Fabrizio Filippo Monaci. Il dibattimento, che oggi inizia alle 9.30, dovrebbe estendersi su più giornate. Non è escluso che la sentenza possa essere emessa nel corso della giornata di mercoledì.

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