Locarnese

Giorni di fuoco (eppure il vento soffia ancora…)

Molti i focolai spenti, ma le previsioni meteo non sono rosee. Marco Conedera: 'L'incendio è sempre causato dall'uomo. Ma il favonio è imprevedibile'

5 gennaio 2019
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«Domato è una parola grossa. Meglio dire sotto controllo». Non è una parola grossa, invece, dire che Gabriele Lanini e gli uomini da lui guidati sono stremati. «Siamo passati su tutto il terreno, inumidendo le parti che fumavano ancora, cercando i focolai della notte tra giovedì e venerdì», racconta alla ‘Regione’ il comandante dei pompieri di Tenero Contra, sperando che il lavoro odierno possa limitarsi al ripristino del materiale utilizzato. «Purtroppo – aggiunge – per oggi e per un paio di giorni almeno è atteso altro vento da nord. E non è prevista pioggia per i prossimi 15 giorni».

Le condizioni meteo non aiutano i molti uomini che dalla mattina del 31 dicembre scorso stanno cercando di salvare ettari di natura bruciata dal fuoco, alimentato dal favonio. Le operazioni si sono protratte per tutta la giornata di ieri, non solo sopra Gordola, ma pure in zona Ronco s/Ascona, dove i pompieri di Locarno, per la collocazione impervia dei focolai, sono ricorsi a droni con termocamera per scovare le fonti di calore, spente con i lanci mirati di un elicottero civile.

Perché «quando brucia, brucia», ci dice Marco Conedera, responsabile della sede di Bellinzona dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve ed il paesaggio, confutando l’idea che gli incendi siano cosa estiva: «Alle nostre latitudini abbiamo più incendi d’inverno. La vegetazione è secca, sul suolo si forma una lettiera che, nel caso di specie come il castagno e la quercia, è soffice e ricca d’aria. L’ideale perché s’inneschi un incendio». Il resto lo fa il vento: «Quello di tipo favonico essicca questo combustibile in terra e, in caso di innesco, lo alimenta come quando si soffia sul caminetto».

‘C’entra sempre l’uomo’

Le cause degli incendi sono sempre legate all’uomo, direttamente o indirettamente. E cioè «con l’accensione in prima persona, o a causa delle infrastrutture che l’uomo ha costruito, come gli elettrodotti che vanno in cortocircuito. O come, in passato, le scintille prodotte dai vecchi sistemi di frenata dei treni sui tratti in pendenza. Accadeva spesso sul Ceneri. Qualche volta, anche le munizioni usate durante le esercitazioni militari erano fonte d’incendio».

Quanto sia grave la situazione nel Locarnese, e quanto in profondità possa essere andato il fuoco, compromettendo le radici degli alberi e la loro funzione di protezione in caso di caduta massi o valanghe, è incognita che si svelerà soltanto a fuoco definitivamente spento. «Non lavoriamo sul posto, ma quello che posso dire è che gli incendi invernali sono tendenzialmente veloci e di superficie. Però, quando si parla di focolai, e di ceppaie non estinte del tutto, allora il discorso può cambiare». Quanto alle conseguenze, «specie come il castagno – continua Conedera – con radici integre, già l’anno dopo producono rigetti. Le conifere, il faggio, invece, si rigenerano a fatica».

Prevenzione e pianificazione

Grande aiuto, in questi giorni, è venuto dai bacini d’acqua ai piedi dei monti di Ditto, «che sono il frutto anche delle nostre ricerche. Sono investimenti imponenti. L’acqua in quota è fondamentale per l’elicottero, che fatica a trasportarla verso l’alto. Potendo irrorare con rotazioni frequenti laddove la fiamma è appena stata combattuta, l’azione è più efficace e si abbattono i costi». Non c’è, comunque, miglior prevenzione «del divieto assoluto di accendere fuochi, deciso sulla base di nostri modelli matematici legati alla probabilità che si verifichino, uniti all’evoluzione meteo aggiornata da Locarno Monti. Fondamentale è anche il lavoro dei pompieri, che si esercitano su possibili scenari d’incendio. Grazie alla pianificazione a monte, le fiamme, che si accendono molto frequentemente, vengono spente in poco tempo». Favonio a parte, «situazione per la quale non disponiamo ancora di scenari futuri».

I nuovi scenari climatici sulla siccità, invece, esistono, e indicano un incremento del pericolo di incendi estivi. «Ma qui entra in gioco l’incendio da fulmine, che non si può certo evitare per decreto...».

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