Bellinzonese

‘Intimidazione mafiosa’, a processo la frase di Pronzini

Il Municipio lo aveva querelato per le sue parole sui decessi in casa anziani. Ora il consigliere comunale si oppone al decreto della Procura

Matteo Pronzini
(Ti-Press)
24 ottobre 2022
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Il consigliere comunale a Bellinzona Matteo Pronzini impugnerà il decreto d’accusa firmato dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri che per il capogruppo Verdi/Mps/Fa prevede una pena pecuniaria sospesa di 4’000 franchi (20 aliquote giornaliere). Ne dà notizia il Movimento per il socialismo (Mps) con un comunicato. Pronzini, ricordiamo, era stato querelato dal Municipio per una frase pronunciata durante la seduta del 20 settembre 2021 in occasione di un dibattito sul sensibile tema dei 22 decessi per Covid alla Casa anziani di Sementina (su quest’ultimo caso è stata aperta un’inchiesta penale ora sfociata in tre proposte di pena contestate dai vertici della struttura). Durante la seduta Pronzini si era espresso in maniera critica sul ricorso interposto dal Municipio al Tribunale federale contro i servizi mandati in onda dalla ‘Rsi’ relativi alla casa anziani. Servizi che settimane dopo i primi approfondimenti pubblicati da vari media, hanno aggiunto ulteriori elementi dando voce in particolare ad alcuni familiari. I parenti degli ospiti deceduti, aveva affermato a un certo punto il consigliere comunale, "hanno il diritto di elaborare il loro lutto e non di dover venire a conoscenza che il Municipio usa in modo abusivo i soldi pubblici per azioni temerarie d’intimidazioni di stampo mafioso. Con questo ricorso i sette municipali si assumono la responsabilità politica e morale dei morti; il problema è che la fanno assumere alla cittadinanza".

Diffamazione, calunnia e ingiuria

Un’espressione evidentemente non piaciuta all’Esecutivo, che aveva ritenuto di dover sottoporla al giudizio dell’autorità penale tramite una querela. Denuncia sulla base della quale il procuratore pubblico Roberto Ruggieri ha aperto un’inchiesta per le ipotesi di reato di diffamazione, calunnia e ingiuria. "Come sempre un linguaggio ingiurioso e insultante, come se non fosse possibile discutere anche di questioni politiche, magari anche delicate, con toni che siano minimamente adeguati a quest’aula – aveva replicato durante la seduta il sindaco Mario Branda –. È questa la grammatica ed è questa la cultura politica che esprime Pronzini. Non mi sento e non ci sentiamo di condividerla, anche se è più o meno libero di dire ciò che vuole nei limiti che sono dettati dalla legge e dal Codice penale. Accusare qualcuno di comportamenti di stampo mafioso, evidentemente lo capisce anche chi magari non ha studiato Diritto per troppi semestri, va oltre questo limite. Ma tant’è – concludeva Branda –, ognuno utilizza il vocabolario e la grammatica che gli sono più consoni".

Il dialetto e la conciliazione negata

Dal canto suo l’Mps nel comunicato stampa parlando di "espressione popolare" fornisce un’altra versione della frase pronunciata in sala, ossia la formulazione dialettale "L’è tüta na mafia". Che ha una connotazione meno pesante rispetto a "intimidazione di stampo mafioso" presente e leggibile, in italiano, nel verbale della seduta il cui parlato viene registrato e poi integralmente riportato su carta. Verbale che Pronzini non ha contestato, chiedendo per contro durante l’inchiesta – stando a TicinoNews – la possibilità di una conciliazione, prevista dalla procedura penale, senza ottenerla dai municipali. Da notare che il pp Ruggieri nel proprio Decreto d’accusa cita "intimidazione di stampo mafioso" e non la versione dialettale.

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