Bellinzonese

Fiumi di coca a Bellinzona: condannato a 2 anni e mezzo

Espulso uno spacciatore, dimezzato il quantitativo di droga imputatogli. Lui si professava innocente: ‘Solo un intermediario’

26 gennaio 2022
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«Lo giuro su Dio e sulla mia famiglia che non ho mai spacciato cocaina. Però, se fare da tramite significa spacciare, allora posso aver sbagliato qualcosa». Tanta cocaina è planata oggi davanti alle Assise criminali di Bellinzona riunite a Lugano dov’è stato processato un 47enne campano accusato di aver “alienato, offerto e procurato a terzi” nella nostra regione un chilo e 260 grammi di ‘neve’ dal 2017 fino al maggio 2021, quando è infine scattato l’arresto. Dopo otto mesi di detenzione preventiva, l’imputato è stato ritenuto colpevole per un quantitativo dimezzato (660 grammi, ossia la versione ritenuta a lui più favorevole) e quindi condannato a due anni e mezzo di detenzione (l’accusa chiedeva quattro anni e mezzo), di cui dieci mesi da espiare e gli altri venti posti al beneficio della sospensione condizionale; la Corte presieduta dal giudice Siro Quadri ha inoltre aggiunto l’espulsione dalla Svizzera per 7 anni.

E dire che in apertura di dibattimento l’imputato si era detto pronto a rientrare nella Turrita «vivendo onestamente, lavorando, occupandomi delle mie figlie e di mia moglie, senza più consumare. Con la coca ho chiuso e ringrazio la procuratrice di avermi arrestato». Peccato, per lui, che la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis e la Corte non la pensassero allo stesso modo considerando anche le precedenti sette condanne accumulate dal 2003 in avanti sempre in Ticino per fatti analoghi o strettamente legati a essi (furto, ricettazione, vie di fatto, minacce ecc.).

‘Consumatore ma mai spacciatore’

Una visione diametralmente opposta, la loro, a quella dell’imputato e dell’avvocato difensore Michela Pedroli. La quale ha aperto l’arringa evidenziando «i suoi vent’anni da consumatore ma mai da spacciatore» e l’ha chiusa chiedendo di ridurre al minimo la pena considerando il ruolo da intermediario e la sua piena collaborazione con gli inquirenti (anche qui la pp la pensa diversamente), il sincero pentimento nonché il fatto che a suo dire l’imputato si limitasse a tenere per sé, rendendone coscienti gli acquirenti dopo aver stretto con loro un accordo, una piccola parte di dose ogni qual volta si prestava, sempre su loro richiesta e dopo aver ricevuto il denaro necessario, a ritirare dei quantitativi rivolgendosi a spacciatori di colore attivi presso due bar cittadini e uno di Arbedo.

Chi lo ha inchiodato

A inchiodarlo vi sono alcune testimonianze di consumatori che agli inquirenti hanno raccontato di aver invece comprato direttamente da lui la droga, in casa sua, dove confezionava le dosi. In particolare una donna che per tre mesi ha abitato da lui avendo problemi coniugali. A sua volta forte consumatrice, trascorreva con l’imputato intere nottate giocando d’azzardo online. Migliaia e migliaia di franchi che se ne andavano controbilanciate solo parzialmente da qualche giocata fortunata. Un vivere precario peraltro approfittando degli aiuti sociali (non essendogli più stato rinnovato nel 2017 il permesso di soggiorno aveva dichiarato di vivere oltre frontiera mentre in realtà abitava a Bellinzona con la moglie e le figlie che così facendo percepivano 500 franchi in più al mese) e di qualche lavoretto saltuario nel settore edile incassando in nero e qualche volta anche palline di coca.

‘Ero un drogato ma non di prima categoria’

Il giorno dell’arresto è stato lui a indicare agli agenti la presenza di quasi dieci grammi di cocaina nascosti in una lampada nel terrazzo di casa. «Provano, insieme alle varie testimonianze raccolte, il suo agire da spacciatore e non da semplice intermediario consumatore. C’è chi racconta che confezionava le dosi chiudendosi a chiave in cucina», ha evidenziato la procuratrice scontratasi con la tesi difensiva del quantitativo destinato invece al solo consumo personale, droga racimolata mettendosi a disposizione di cinque/sei acquirenti seriali che non volevano contatti diretti con gli spacciatori. «Ero un drogato, ma non di prima categoria. E chi mi accusa lo fa solo per infangarmi», ha insistito il 47enne dimostrando di sentirsi parecchio a suo agio nell’aula penale e interloquendo apertamente e senza filtri col giudice dopo aver premesso di essere «un ignorante che ascolta ma non sempre sa rispondere». Tutto il contrario della tesi accusatoria, laddove è stato descritto come «un serio e concreto pericolo per la sicurezza pubblica». E così lo ha considerato la Corte dando peso alle varie testimonianze e considerando «la sua vita poco onesta».

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