Bellinzonese

Una scoperta al Cadagno aiuta a capire meglio la Terra

Regione del Piora in Leventina: ricerca sull'asse Ticino-Zurigo-Germania svela il ruolo giocato dai solfobatteri purpurei fototrofi

La stratificazione del Lago del Cadagno
18 agosto 2021
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Il Lago di Cadagno, nella regione del Piora, si conferma uno specchio d’acqua molto interessante per i ricercatori. E le ultime scoperte fatte, che inducono a ritenerlo un “piccolo oceano Proterozoico”, lo portano nuovamente alla ribalta mondiale grazie ai solfobatteri purpurei fototrofi. Infatti la consolidata collaborazione fra il Max Planck Institute di Brema, la Scuola universitaria della Svizzera italiana, l’Istituto federale svizzero di scienza e tecnologia dell’acqua e il Politecnico federale di Zurigo è sfociata in “un’importante scoperta che ci aiuta a meglio comprendere l’evoluzione della vita sulla Terra”, scrive la Supsi in un comunicato evidenziando che la ricerca è stata pubblicata da ‘Nature Communications’. La Supsi collabora da molti anni col Centro di biologia alpina del Piora e i suoi ricercatori sono di casa al Lago di Cadagno, “costituito da due strati distinti e sovrapposti che lo rendono un ecosistema unico ed estremamente prezioso”, ricorda Mauro Tonolla, direttore dell’Istituto di microbiologia della Supsi. Lo strato superiore riceve acque cristalline dallo scioglimento delle nevi, l’inferiore è alimentato da sorgenti sottolacustri che lo arricchiscono di sali minerali quali zolfo, calcio, carbonato e magnesio.

Microrganismi rivelatori

Come già noto, i due strati d’acqua non si mescolano, ricorda Raffaele Peduzzi, presidente della Fondazione del Centro di biologia alpina: “Grazie alla differenza di densità, determinando una stratificazione stabile del lago, anche definita come meromissi creogenica. Nella parte superiore troviamo ossigeno, ma poche sostanze nutritive, mentre lo strato inferiore è anossico e ricco di solfuro”. La scoperta più recente indica che fra i due strati ve n’è uno intermedio, chiamato chemoclino, caratterizzato dalla compresenza di piccole quantità di ossigeno e di solfuro: “È qui che troviamo i protagonisti di questa scoperta, ovvero i solfobatteri purpurei fototrofi”. Per la prima volta i ricercatori hanno avuto la prova diretta che questi microrganismi, che compiono la fotosintesi anaerobica ossidando il solfuro, fissano anche l'azoto in modo molto efficiente, spiega Nicola Storelli, ricercatore dell’Istituto di microbiologia della Supsi e uno degli autori della pubblicazione su ‘Nature Communications’. Ciò significa che questi batteri sono in grado di convertire l'azoto gassoso in composti azotati che possono essere poi utilizzati anche da tutti gli altri organismi viventi. Per questa reazione essi usano l'enzima molibdeno-ferro nitrogenasi (MoFe, nif), considerato il più efficace presente in natura. La vera sorpresa è stata quella di constatare che nonostante la bassa concentrazione di molibdeno nel Lago di Cadagno - proprio come nell'oceano Proterozoico - questo enzima è ugualmente attivo.

Più antichi dei cianobatteri

Per lungo tempo è stato ipotizzato che fossero i più evoluti cianobatteri, avendo altre forme di nitrogenasi senza molibdeno, i principali responsabili di questa attività che ha reso disponibile l'azoto alla biosfera del nostro pianeta. Ora però questa ricerca dimostra che i solfobatteri purpurei, metabolicamente più antichi dei cianobatteri, potrebbero in effetti aver contribuito in modo sostanziale alla fissazione dell'azoto negli oceani della Terra primordiale (da 2.5 miliardi a 541 milioni di anni fa). Il Lago di Cadagno e questi batteri rappresentano dunque un sistema del tutto simile all'oceano Proterozoico e fungono da modello per saperne di più sui processi biogeochimici della Terra primordiale.

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