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Nuovo Quartiere Officine ‘come un’effimera astronave’

Bellinzona, anche l'ex sindaco Martignoni Polti critica il progetto 'Porta del Ticino': persa l'occasione per un vero utilizzo pubblico del comparto

Il progetto 'Porta del Ticino' scelto dalla commissione d'esperti
14 novembre 2020
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Negli otto anni da sindaco, dal 2004 al 2012, e prima ancora come municipale, Brenno Martignoni Polti si è impegnato nella difesa del servizio pubblico, nel senso molto ampio del termine che va ad abbracciare, in un margine estremo, anche l’uso e la messa a disposizione dell’area pubblica a favore della popolazione. Ciò che lo aveva portato per esempio a opporsi alla prevista vendita delle Aziende municipalizzate e a sostenere in prima linea l’iniziativa ‘Giù le mani dalle Officine’. Battaglie politiche in difesa di incontestati ‘gioielli turriti’ cui si sono aggiunte iniziative volte a una maggiore apertura e utilizzo di piazza del Sole (vedi animazioni estive e grandi schermi per Mondiali ed Europei di calcio, per la gioia di moltissimi bellinzonesi e ticinesi) o di edifici che suggeriva di far acquistare alla Città (come villa Bonetti che poteva trasformarsi nella Casa dei popoli, idea allora rimasta tale, cui è seguito l’anno scorso un tentativo di acquisto da parte del Municipio in carica, andato a vuoto). Un agire, quello di Martignoni Polti, che ha coinvolto spazi fino a quel momento considerati inviolabili. Aprendo così le porte della Collegiata, con l’adesione dell’allora arciprete Pierangelo Regazzi, a visite guidate ed eventi culturali laici. Concerti e spettacoli prestigiosi. Fino alla messa a disposizione di società e associazioni di tutte le sale di Palazzo Civico e di altri spazi comunali.

‘Ghetto impermeabile al tessuto urbano circostante’

Ora, di fronte al dibattito lanciato dal nostro giornale sui contenuti del previsto nuovo Quartiere Officine, pure l’ex sindaco ha qualche riflessione da proporre. Dopo le interviste al geografo Gian Paolo Torricelli (27 ottobre), al consigliere comunale dei Verdi Ronnie David (31 ottobre) e all’ex vicesindaco Plr Felice Zanetti (6 novembre), e letti alcuni interventi pubblicati sulla ‘Regione’ nella rubrica ‘Il Dibattito’, anche Brenno Martignoni Polti propone una lettura critica del progetto ‘Porta del Ticino’ scelto dalla Commissione di esperti. Un progetto architettonico e urbanistico che inserisce un parco pubblico centrale attorniato da una trentina di edifici di 5-7 piani con contenuti misti (residenziali, commerciali, scolastici, formativi, tecnologici) e dalla storica Cattedrale riorientata a scopi pubblici come luogo culturale, associativo e ricreativo. «A me pare – attacca l’ex sindaco – che questo progetto sia un transatlantico spiaggiato nel deserto a 300 chilometri dal mare». A colpirlo maggiormente «è la dinamica di luogo chiuso su se stesso, un ghetto impermeabile al tessuto urbano circostante. Il verde non deve fare solo bella mostra sulla carta. L’impatto ambientale per essere veramente credibile, deve emergere dirompente dalla forza dell’idea, da un messaggio autentico che qui francamente proprio non vedo. Nulla di nuovo. Nessun rivolgimento».

‘Due realtà stagne non comunicanti’

I 120mila metri quadrati che verranno liberati col trasferimento delle Officine a Castione rimarranno per metà alle Ferrovie (oggi proprietarie al 100%) e per metà andranno a Cantone e Città. Ffs che destineranno la loro quota di superficie in primis all’edificazione di appartamenti a pigione moderata, uffici e negozi. Insieme alle previste cooperative di abitazione di pertinenza comunale, si prevedono appartamenti per complessivi 2’500 abitanti. Gli incassi che ne deriveranno consentiranno di finanziare progetti ferroviari e di consolidare la cassa pensioni dei dipendenti Ffs. Un sistema virtuoso, perché silurarlo? «Evidentemente – replica Martignoni Polti – un comparto di proprietà pubblica di così vaste dimensioni deve avere contenuti di preminente attenzione alla collettività e alle nuove generazioni. Tempo libero, scuole, formazione, spazi aggregativi. Ma con un’alea inedita, una proposta che sappia marcare la differenza, con una marcia in più. Come lo era stata, a metà del secolo scorso, la pionieristica cooperativa di costruzioni La Moderna. Allora, la felice iniziativa era partita e gestita dalla base, dagli impiegati federali stessi che miravano a creare alloggi accessibili e vivibili per loro e le loro famiglie. Qui, invece, gli appartamenti fanno rima con speculazione edilizia. Impostazioni economico-finanziarie che le Ffs portano avanti da sempre e in tutta la Svizzera, ma a Bellinzona vanno considerati la già ampia disponibilità abitativa e l’elevato tasso di sfitto. Questa dovrebbe essere l’occasione per dimostrare che si può fare meno cassetta e osare decisamente di più. Per contro, la proposta ha le caratteristiche di un biotopo calato dall’alto. Chi abiterà lì dentro, correrà il rischio di restarci per il raggruppamento di tutti i servizi necessari, parco compreso. E chi vivrà ai margini, non oserà andarci per il concetto di clausura. Due realtà stagne non comunicanti».

‘Forte necessità di grandi piazze’

Il perno che, a mente dell’ex sindaco, avrebbe dovuto indurre a concedere meno cemento a tutto vantaggio di una «reale e non solo declamata» fruizione pubblica, è proprio la Cattedrale: «Così, anziché essere celebrata, rimane soffocata dai palazzi. Per contro a Bellinzona c’è una forte necessità di grandi piazze, per lo svolgimento di manifestazioni pubbliche di diversificato richiamo. Eventi che, come si è visto negli anni, in centro città sono pressoché scomparsi per mille motivi, vedi il rispetto della quiete pubblica, gli orari, il traffico, i posteggi, i ricorsi. Un esempio recente? L’Orchestra della Svizzera italiana lo scorso 7 settembre si è esibita all’aperto davanti a Banca Stato: un vero successo, anche con una location improvvisata. Proviamo a spostare col pensiero quel concerto, e altri eventi simili, in un Quartiere Officine avveniristico privo di speculazione edilizia ma dotato dello spazio e delle infrastrutture necessarie: ci proietterebbe in ben altro ordine di idee». 

‘Verde senza effettive fruizioni’

Si parla tanto di Bellinzona porta del Ticino lungo l’asse di AlpTransit, conclude Brenno Martignoni Polti, «ma fatico davvero a vederla in quella cordigliera di palazzine sdoganate da un verde smisuratamente da parata, senza effettive fruizioni. Il problema di fondo è l’eccessivo condizionamento della Città e del Cantone alle velleità delle Ffs. Occorreva quello slancio anche di indipendenza dimostrato con lo sciopero corale del 2008, che avrebbe meritato ben altro epilogo! E allora, cosa ci mettiamo al posto delle Officine? Un transatlantico spiaggiato a 300 km dal mare. Un’astronave da incontro ravvicinato del terzo tipo evanescente. Effimera e di fugace passaggio. Lasciando Bellinzona lì dove sta. Dell’Officina, della sua eroica storia e delle coraggiose resistenze, manco l’ombra».

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