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‘Ma a Bellinzona vogliamo veramente uno Stato di polizia?’

Movida, rumore, risse e residenti: il comandante della Polizia comunale solleva interrogativi e sollecita un maggiore impegno nella prevenzione sui giovani

Il comandante della Polizia comunale di Bellinzona, Ivano Beltraminelli (Ti-Press)
18 settembre 2020
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La scazzottata di sabato notte in via Dogana, come pure altri analoghi episodi verificatisi negli ultimi tempi a Bellinzona, ha indotto mercoledì il Municipio cittadino a richinarsi sul problema che si ricollega anche al disturbo della quiete pubblica notturna segnalata alle autorità da più abitanti del centro storico lamentatisi via lettera. Come già fatto col gerente del bar Viale, anche in questo caso la Polizia comunale contatterà i titolari di Clava (via Camminata) e Chupito (piazzetta ex Mercato) per verificare se e come sia possibile meglio sorvegliare, tramite servizi di sicurezza da loro già incaricati, l’uscita degli avventori, specie di quelli che fanno le ore più piccole fino alla chiusura prevista alle 5 del mattino e che non di rado si soffermano nelle vicinanze facendo chiasso e disturbando il sonno degli abitanti. «Faremo questa verifica», annota alla ‘Regione’ il comandante della Polcomunale Ivano Beltraminelli premettendo che limitare gli orari di apertura dei locali andrebbe contro le vigenti disposizioni di legge. Comandante che coglie l’occasione per togliersi il proverbiale sassolino dalla scarpa. E ce n’è un po’ per tutti, a riprova che la situazione, accentuatasi durante questa particolare estate post-lockdown, non è di facile gestione e soluzione.

Chi vede telefoni al 117

Partiamo da chi mena le mani: «Oggi lo fa in viale Stazione – attacca il comandante – e domani lo fa in via Dogana, o nel piazzale di una scuola, o in qualsiasi altro posto. Veniamo accusati di non essere presenti, di non riuscire a dissuadere e a impedire il ripetersi di certi fenomeni. Rispondo che la città è un territorio complicato da sorvegliare e che quando la polizia è presente non succede mai nulla. Per contro quando gira l’angolo la gente ne approfitta. Mi vengono in mente alcune domande: vogliamo davvero uno Stato di polizia con agenti appostati nottetempo a ogni angolo del centro storico? Sarebbe una soluzione opportuna? Se la risposta è sì, allora deve coinvolgere la politica, cui spetta dare luce verde a questo modus operandi potenziando in modo esponenziale il nostro Corpo e/o incaricando apposite società di sicurezza». Altro interrogativo: «Chi assiste a una scazzottata, perché anziché allertare subito la polizia preferisce inviare tre giorni dopo il video a un giornale (ndr: nel caso specifico la ‘Regione’)?». La risposta – ha verificato il nostro giornale – è che già in passato il testimone della rissa aveva interpellato la Polizia comunale nottetempo reclamando per l'eccessivo rumore in strada e ricevendo risposte a suo dire rassicuranti ma alla prova dei fatti insoddisfacenti; lo ha fatto anche questa volta, fermandosi di fronte a un messaggio vocale. Il consiglio della Polcom e della Polizia cantonale, che a sua volta conferma l’avvio di verifiche sulla scazzottata di sabato notte, è di telefonare sempre e solo al 117, ossia la centrale di pronto intervento cantonale che risponde 24 ore al giorno e all’occorrenza incarica la pattuglia in quel momento più vicina al luogo del misfatto. Poco interessa se il Chupito sia di fronte alla sede della Polcomunale, perché nella stragrande maggioranza dei casi le pattuglie non sono lì ma dislocate sul territorio di sua competenza che va da Molena e Claro alla Val Morobbia fino al Piano di Magadino.

'Non siamo degli psicologi'

Terza domanda del comandante Beltraminelli: «Qualcuno si preoccupa di verificare le cause e i problemi personali a monte di questi comportamenti? La polizia non può fare da psicologa e quasi sempre arriva sul posto quando l’alterco è terminato. E quando intercetta qualcuno dei presenti e lo interroga per ricostruire i fatti, nota spesso lo stato di degrado in cui si trova, quasi sempre per aver fatto uso eccessivo di alcolici. Banali poi, mi si passi il termine, i motivi scatenanti: hai guardato la mia ragazza… mi hai spinto... mi vuoi sfidare… Cose del genere. Ritengo dunque che qui ci sia molto da fare per ascoltare e fare prevenzione. Compito, ripeto, che non compete alla polizia ma ad appositi servizi sociali ed educativi. Mi riferisco ad esempio alla figura dell’educatore di strada», che la politica bellinzonese si appresta a istituire dopo averla bocciata una decina d’anni fa. «È però importante – avverte Beltraminelli – non illudersi che l’operatore di strada possa a sua volta risolvere tutti i problemi comportamentali del popolo della notte». La critica coinvolge anche i media, rei a suo dire di limitarsi a riferire dei vari episodi senza cercare un contatto con questi giovani, per intervistarli e ricercarne le motivazioni. 

Il problema della convivenza nel centro storico

A ogni modo, aggiunge, il problema di fondo «è la convivenza nel centro storico fra residenti e attività commerciali». Non sono invece, chiediamo, il comportamento sopra le righe delle persone, la diffusa maleducazione, la mancanza di rispetto per il prossimo e per la quiete pubblica notturna? Perché se da una parte taluni abitanti possono peccare d’intolleranza, dall’altra si può concludere che di fronte a determinati episodi reiterati nel tempo e descritti nelle lettere, l’autorità pecchi di scarso impegno nel vigilare sulle zone calde. «Ripeto», risponde il comandante: «La polizia non è onnipotente e vigilare su ogni strada e angolo del centro storico implicherebbe dar vita a uno Stato di polizia. È quello che vogliamo? Teniamo costantemente aperti i contatti con i gerenti dei locali, che a loro volta incaricano il personale di sicurezza. Ma poi la gente si sposta: ora esce dal Chupito e dopo pochi istanti litiga altrove. Dovremmo essere ovunque per impedirlo». Senza contare, aggiunge il comandante, che il disturbo, e cosa arreca disturbo, sono punti molto soggettivi: «Il lockdown ha accentuato questo aspetto portando molto silenzio nei quartieri. Silenzio cui ci si è rapidamente abituati, rendendo meno accettabile la ripresa di una certa normalità», peraltro durante un’estate priva in Ticino di eventi di grande richiamo e della possibilità di recarsi liberamente in quelle località estere solitamente terra di divertimento e sbrago.

Branda: 'Cercare punto di equilibrio'

Dal canto suo il sindaco si sofferma sull’esigenza di trovare un punto di equilibrio fra il rispetto della quiete notturna e la necessità di assicurare una vita sociale al centro cittadino, adattando questo equilibrio a dipendenza delle situazioni, non per forza problematiche, che vengono a crearsi. Lo fa invitando a distinguere gli episodi di violenza dalle iniziative esercentesche volte a proporre un’animazione serale. Tuttavia, facciamo notare, le recenti lamentele dei residenti in piazza Indipendenza e via Dogana, stufi del disagio percepito in estate durante tutte le notti della settimana fino alle prime ore del mattino, fanno pensare a un disequilibrio che coinvolge da una parte gerenti e avventori dei locali, e dall’altra frequentatori notturni del centro storico che arrivano dopo la chiusura ‘impossessandosi’ degli spazi lasciati liberi. È così? «Considerando i recenti avvenimenti – risponde Mario Branda – approfondiremo i vari ambiti. Lo faremo anche coinvolgendo i gerenti dei locali la cui presenza risponde evidentemente a un bisogno di una parte della società; ora, uno dei nostri compiti è anche verificare che non diventino luoghi nelle cui vicinanze la sicurezza delle persone è messa a repentaglio». Quanto al rispetto della quiete notturna, specie dopo le due di notte quando gruppi di persone amano trovarsi in piazza Indipendenza una volta chiusi i bar che vi si affacciano, «si può pensare a una presenza più frequente della polizia in determinate occasioni e luoghi - tenuto comunque presente che non si possono sguarnire altre zone - ma anche a un’attività di ‘prevenzione’, richiamando a monte il necessario rispetto delle norme che pure esistono e, dall’altro, confrontandosi con i diversi attori interessati: esercenti ma anche avventori».

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