Bellinzonese

La Riganti di Biasca conferma la chiusura

Sindacati e direzione non sono giunti a soluzioni applicabili per salvare l'attività. I 18 operai lavoreranno ancora qualche mese e saranno pagati fino ad ottobre

3 luglio 2020
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Nessuna svolta sul futuro della Riganti di Biasca: riuniti oggi (giorno in cui scade il termine della procedura di consultazione), direzione e sindacati (Unia e Ocst) non sono giunti a soluzioni applicabili. I vertici dell’azienda hanno confermato la chiusura dell’attività, già annunciata un paio di settimane fa.

«Prossimamente seguiranno altri incontri per definire la data ufficiale di chiusura e discutere di un piano sociale», afferma da noi contatto il sindacalista Ocst Claudio Isabella, il quale sottolinea il suo rammarico per la decisione della ditta di terminare un’attività che vede attualmente impiegati 18 operai, di cui metà residenti nelle Tra Valli e l’altra metà frontalieri. Nel corso del pomeriggio i sindacati incontreranno il personale per riferire dell’esito dell’incontro. «Unia e Ocst lavoreranno affinché si vada ad attenuare il più possibile i danni ai quali queste persone e le loro famiglie potrebbero far fronte. Attraverso i vari contatti, nostri e dell'azienda, l'obiettivo sarà quello di aiutarli a trovare un nuovo impiego. Nel corso dei prossimi incontri - continua Isabella - cercheremo di trasformare in realtà l'ipotesi di un buono uscita per i dipendenti, che possa corrispondere a quanto fatto per l'azienda dagli operai in questi anni». L’azienda avrà ora un mese di tempo per presentare i termini di disdetta, con gli operai che verosimilmente «lavoreranno ancora qualche mese, ma saranno pagati fino a fine ottobre».

Il gruppo industriale Riganti, basato nel Varesotto, nel 2017 aveva rilevato l'allora Smb di Biasca che, in forti difficoltà, aveva licenziato 41 dipendenti di cui la metà riassunti. I motivi dell'annunciata chiusura considerano da una parte i massicci investimenti, nell'ordine di 7 milioni di franchi, effettuati per aggiornare i dispositivi di sicurezza e rinnovare l'impianto di produzione nel campo della metallurgia pesante (stampati per turbine); dall'altra la difficoltà a fare breccia in un mercato vieppiù orientatosi verso regioni del mondo (Cina e India) dove manodopera e materie prime costano meno. Quadro generale - lamentano i sindacati - che tuttavia doveva essere ben noto al gruppo lombardo, non certo di primo pelo, al momento di acquisire una Smb che a sua volta aveva chiuso per difficoltà analoghe alle attuali. 

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