Bellinzonese

'Qui si producono le mascherine made in Sementina'

L'idea di Federico Tamò e Renzo Romano ha preso vita nelle scorse settimane in uno stabile industriale, dove vengono realizzati circa 50mila pezzi al giorno

Ti-Press/Francesca Agosta
23 giugno 2020
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I locali attorno all’area di produzione sono semivuoti ma, non appena si varca la soglia dell’ultimo piano dello stabilimento industriale situato in via Pobbia a Sementina, il rumore rivela che il lavoro è in corso. A generarlo è un macchinario “sforna-mascherine” fatto arrivare dalla Cina da due neo imprenditori ticinesi, Federico Tamò e Renzo Romano. Entrambi bellinzonesi, il primo farmacista e il secondo economista, hanno unito le forze per imbarcarsi in una nuova avventura con un obiettivo ben preciso: evitare che alle nostre latitudini future ondate pandemiche provochino la scarsità di materiale protettivo, e più precisamente di mascherine. Federico Tamò, che ha vissuto al fronte il periodo pandemico lavorando nella sua farmacia di Bellinzona, racconta la sua esperienza. «I canali ufficiali non erano in grado di rifornire gli operatori sanitari e si sono dunque attivati dei canali secondari con prodotti la cui qualità era difficile da certificare ma soprattutto con prezzi che definisco fuori di testa. A un certo punto la mascherina monouso è arrivata a costare per l’acquisto da parte della farmacia più di un franco; ciò significa che è impensabile aspettarsi che le persone le utilizzino una sola volta come invece dovrebbe succedere trattandosi di un prodotto igienico monouso», sottolinea. A quel punto Tamò ha iniziato a fare ricerche per cercare di capire come fosse possibile che i prodotti costassero così tanto. Si è dunque documentato su materiali, produzione, mercato, ecc. Decidendo poi, pur non avendo competenze tecniche specifiche, di fondare la società Farmaconsult Sa e avviare i contatti con i fornitori cinesi.

Creati alcuni posti di lavoro

Trascorsi un paio di mesi da queste riflessioni - e circa mezzo milione di investimento dopo - la macchina è arrivata in Svizzera dopo aver viaggiato in parte via aereo e in parte via treno. «Solitamente per mettere in funzione macchinari del genere i tecnici asiatici si recano sul posto, ma in questo caso è stato impossibile. Noi non potevamo sposarci in Cina per imparare a usarlo, né loro venire qui ad aiutarci». Sono state dunque settimane impegnative quelle servite per assemblare e mettere in funzione la catena di produzione che - oltre all’impegno di Tamò e Romano attivi entrambi professionalmente in altre attività - dà lavoro a 3 persone a tempo pieno, più un tempo parziale. La misura è piuttosto contenuta (6 metri per 5 circa) e i due imprenditori non escludono in un secondo momento di poter raddoppiare la produzione aggiungendo un secondo macchinario nella sala (che risulterebbe utile anche in caso di problemi al primo). Tutto dipenderà dalla risposta del mercato. Più che ai singoli cittadini, il target a cui la Farmaconsult mira sono infatti gli operatori sanitari. «Il focus della nostra impresa è il voler essere d’appoggio ai professionisti di casa nostra in modo da garantire il loro approvvigionamento».

Il fabbisogno nella Confederazione, sottolinea il farmacista, si aggira attorno a 1 milione di mascherine al giorno. Perciò i due amici e cognati ritengono di poter avere uno spazio adeguato sul mercato. «Il materiale l’abbiamo comprato in un periodo di particolare carenza e in cui la domanda era molto alta, quindi i prezzi erano alle stelle. Le vendiamo a 65 centesimi per chi le compra in piccole quantità, ma in futuro miriamo ad abbassare ulteriormente il prezzo», spiega Tamò. Al momento sono 3-4 le aziende sorte in Ticino in questo campo produttivo a seguito della situazione causata dal Covid-19. «Il fatto che ne siano alcuni è positivo, ci stimola a continuare a migliorare la qualità», aggiunge.

In attesa della certificazione

Attualmente a Sementina vengono prodotte 50-60 mascherine al minuto per un totale di  45-50mila mascherine al giorno, che a breve dovrebbero ottenere la certificazione CE di tipo 2, rendendole dunque adatte anche agli operatori sanitari. I primi risultati emersi dopo le apposite analisi di laboratorio promettono infatti bene. La respirabilità è stata giudicata buona e la mascherina non è citotossica, né irritante, con un alto potere di protezione (al 99,2%), ci viene spiegato. La parte principale è composta da tre strati di tessuto sintetico che vengono uniti dalla macchina dopo essere entrati separatamente. In seguito il circuito procede a effettuare le pieghe, tagliare i pezzi, aggiungere gli elastici per le orecchie e a farle uscire in set da 10, che vengono a quel punto controllati a mano da due addette a questo compito. Si occupano inoltre di inscatolarle in confezioni da 50 che vengono dunque preparate per la distribuzione. Il materiale è quasi tutto proveniente dalla Cina, fatta eccezione per le scatole prodotte a Taverne e che raffigurano un simbolo d’antonomasia per il Ticino e Bellinzona: Castelgrande. 

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