Bellinzonese

Da Giubiasco alla Germania: ‘Ahmad, il Ticino ti pensa’

Due ragazzi di Bellinzona e la loro ex docente hanno visitato il bambino che era entrato nel cuore dei giubiaschesi. Ora si è ricongiunto con la mamma...

Ahmad con genitori, fratello, Shana e Yvan
22 novembre 2019
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La sua famiglia è completamente riunita. Una bella notizia, dopo anni di attesa per riabbracciare la mamma che era rimasta bloccata in Iraq con due figli, mentre il padre ne aveva portati altri due con sé per cercare in Europa un destino migliore e delle cure adeguate per il piccolo Ahmad, affetto da spina bifida. Un’odissea che li aveva portati a risiedere per due anni a Giubiasco, fino alla decisione di espulsione (osteggiata da una petizione di 4’000 firme rimasta inascoltata) che li ha mandati in Germania, in un centro per richiedenti l’asilo di Oberteuringen, poco lontano dal Lago di Costanza. La storia di Ahmad e della sua famiglia aveva colpito nel cuore la comunità locale e in particolare un gruppo di mamme e di docenti di Giubiasco e Camorino – le “Mamme per Ahmad” – che si erano impegnate ad attorniare di affetto il bambino classe 2011 che continuava a chiedere: «Ma quando arriva la mamma?». Una frase diventata il titolo del film di Stefano Ferrari, regista della Rsi, proiettato un anno fa a Castellinaria che ha recentemente vinto il premio Europa Iris come miglior documentario dell’anno sulla diversità culturale.

Dopo due anni sono ancora in attesa di un appartamento

Ed è stata proprio la visione del documentario che racconta la vicenda di Ahmad ad aver colpito Sultan Filimci, docente di scuola media a Stabio, e i suoi due ex allievi bellinzonesi Shana Turba e Yvan Jarrossay. Rimasti in contatto dopo il progetto che assieme ad alcuni altri compagni li aveva portati a visitare un centro per richiedenti l’asilo in Sicilia nel 2017, lo scorso mese sono partiti dal Ticino alla volta di Oberteuringen, per trascorrere una giornata assieme ad Ahmad e alla sua famiglia. «Si trovano in un luogo un po’ sperduto e abitano da molto tempo in un prefabbricato fatto con materiali poco adatti a una vita sana. Freddo d’inverno e caldo d’estate», racconta Sultan alla ‘Regione’. Nel centro abitano una trentina di africani con cui la famiglia condivide cucina e servizi igienici. «Vi sono però dei problemi legati ai turni di pulizia e non sempre è facile andare d’accordo», viene raccontato ai visitatori del Ticino. Dalla conversazione effettuata in parte in italiano – che Ahmad e suo fratello Falamaz parlano ancora bene – e in parte in curdo, emergono le differenze di accoglienza. In Ticino la famiglia aveva subito ricevuto un appartamento adatto alle condizioni di salute di Ahmad, che si sposta sulla sedia a rotelle. Una promessa in tal senso era giunta anche in Germania, ma per ora è sempre stata rimandata. «Ora che c’è la mamma sono “giga” contento, ma non voglio stare in questo posto», spiega il piccolo Ahmad.

Mancano gli amici del Ticino

Se i figli si trovano bene a scuola, non è altrettanto facile integrarsi nel contesto sociale. «Qui siamo isolati e non abbiamo fatto amicizia con molte persone; è impossibile paragonare le amicizie che avevamo a Giubiasco», viene raccontato nel corso della giornata conviviale durante la quale Sultan, Shana e Yvan vengono invitati a pranzo: la tavola è imbandita con specialità dai sapori turchi, come gli involtini Sarma e la bevanda a base di yogurt Ayran. Le sedie non bastano per tutti, ma ciononostante vengono offerte agli ospiti. «A Giubiasco avevamo praticamente dei fratelli e delle sorelle che ci volevano molto bene», spiega il padre Kameran Osman. Ma i contatti sono stati mantenuti e anche Stefano Ferrari verrà presto a trovarci. Attorno al tavolo spunta anche la preoccupazione per la situazione in Siria, dove risiedono ancora i nonni materni e paterni di Ahmad. «A volte ci sono problemi di linea telefonica e non riusciamo a sentirli. Abbiamo paura per la nostra famiglia e anche per tutto il popolo curdo».

'È stato uno scambio reciproco'

Capire come la famiglia viva le notizie di cronaca riguardanti il loro luogo d’origine era uno degli obiettivi del viaggio in Germania, ci spiega Shana. «L’obiettivo principale era capire la situazione della famiglia, come stanno, come si trovano nel centro, ecc. nonché se si siano ben integrati», aggiunge. E da quest’esperienza, cos’ha portato a casa? «Un bagaglio ricco di emozioni e una voglia ancora più grande di cambiare questo mondo e questo sistema politico. Ho anche notato (non che non l’avessi mai fatto) come spesso le persone che hanno di meno sono quelle che danno di più». Ed è stato uno scambio reciproco, come si evince dalle parole di Sultan, a cui piace ricordare la giornata come un viaggio «in cui abbiamo portato ad Ahmad una ventata d’affetto». La trasferta dei tre ticinesi è stata sostenuta dall’Associazione Progetto Aula 13 (Apa 13), che propone momenti di riflessione condivisa fra operatori psicopedagogici, mediatori, famiglie straniere e volontari delle Ong.

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