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Quando il tumore si prende tuo figlio

Dodici famiglie che hanno passato il calvario aiutano chi lo sta vivendo. E intanto Berna stila una lista di cure che devono essere rimborsate

Affetti e amore (Ti-Press)

Dodici famiglie che hanno passato il calvario aiutano chi lo sta vivendo. E intanto Berna stila una lista di cure che devono essere rimborsate

15 febbraio 2022
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«La tua vita si ferma, il tumore di un figlio ti prosciuga tutte le energie, si vive alla giornata, tutto ruota attorno alle cure, fai la spola tra ospedale e casa. Mio marito è molto pragmatico, questo ci ha aiutato, anche se per una famiglia è una prova molto dura», dice Laura P.. Sua figlia Rosa (7 anni) è passata attraverso un doloroso percorso di cure oncologiche. Le è stata diagnosticata una leucemia quando aveva 3 anni.

Nella giornata mondiale del cancro infantile (che cade oggi) diamo voce ad una madre del Sottoceneri, che facendo tesoro della propria esperienza sostiene chi sta attraversando il suo stesso lacerante calvario. Da qualche anno in Ticino, c’è un gruppo di auto aiuto di famiglie ‘Insieme con coraggio’, voluto e sostenuto dalla Lega contro il cancro e coordinato dalla psicologa e psicoterapeuta Alessandra Uccelli Walser. Nato per volontà di alcuni genitori, conta una dozzina di famiglie che aiutano altre famiglie. «Sono colpita da quanta solidarietà si crea. Alcuni riescono a dare un senso al loro vissuto, altri vogliono offrire il sostegno che è mancato loro. Li accompagno per aiutarli a costruire una relazione di aiuto alle famiglie, a volte possono riattivarsi vissuti propri», precisa.

Ogni settimana un bimbo muore di cancro

Ogni anno circa 300 giovani in Svizzera (10 in Ticino) ricevono una diagnosi di cancro, più della metà sono neonati e bambini di età inferiore ai 5 anni. Anche se 4 bambini su 5 guariscono, quasi ogni settimana un bambino muore. Da un giorno all’altro, la vita di tutti i membri della famiglia viene stravolta, niente è più come prima. «Non sapevo nulla della leucemia. La prima settimana di ospedale ero devastata dallo shock, mi sentivo persa, come sconnessa. Il medico era molto paziente, i sanitari gentili, le nostre famiglie, i colleghi di mio marito, tutti ci hanno aiutato, ma mi mancava un confronto con una madre che ci era passata», spiega Laura. Sono stati due anni intensi. «Spesso dopo la chemioterapia Rosa vomitava in auto, era difficile capire quando stava male, non si esprimeva ancora bene». Dopo il vomito, la caduta dei capelli. «La mattina li trovavo sul cuscino. È tua figlia, sta male e devi accettarlo e conviverci. Vorresti metterla sotto una campana di vetro, ma devi trovare un equilibrio tra farla giocare coi cuginetti e proteggerla da eventuali contagi».

Paradossalmente il momento più difficile per la madre è stato quanto il medico, passato il rischio di recidiva, le ha detto che Rosa era guarita completamente. «Ero molto felice ma allo stesso tempo timorosa. Senza più controlli regolari, temevo che la leucemia potesse tornare: chi se ne sarebbe accorto?». Andare avanti significa anche imparare a convivere con timori più che leciti.

‘Mio marito non sembrava soffrire quanto soffrivo io. Parlarne è importante’

Se le famiglie riescono a superare insieme questo calvario, idealmente ne escono rafforzate, ma non sempre è così. «Io sono emotiva e piangevo molto, mio marito è molto pragmatico e reagiva in modo diverso, mi sembrava non soffrisse come me. Poi ho capito che esprimeva il suo dolore diversamente. Ho saputo valorizzare la sua razionalità, che ci è stata di grande aiuto. Il rischio è sentirsi soli, perché il tempo per discutere è poco. Parlarsi invece è fondamentale», aggiunge. Oggi Laura è un membro molto attivo del gruppo di auto aiuto. «Sono entrata quando mia figlia era guarita da qualche anno. Prima devi elaborare e digerire il tuo vissuto, poi puoi dare una mano agli altri».

Noi genitori ‘Insieme con coraggio’

Oltre a incontri mensili, il gruppo di auto aiuto e di volontariato si attiva per accompagnare le famiglie (come ad esempio dare una mano nelle faccende domestiche, momenti di ascolto e condivisione sia in reparto sia altrove), c’è poi uno scambio d’informazioni pratiche (anche sui sostegni offerti da enti e fondazioni) e altre attività, come confezionare bandane personalizzate per i bimbi ammalati. «Temi ricorrenti sono come organizzarsi e le finanze, un tumore porta in una famiglia tante nuove spese. Chi deve andare a curarsi oltre San Gottardo deve quasi sostenere una doppia economia domestica. Sono cure che durano anni e le fatture sono tante», spiega la psicologa.

C’è poi il delicato tema dei fratelli e sorelle, che spesso vivono all’ombra di chi è malato, pure loro sottoposti a forti pressioni psicologiche. C’è chi esprime il proprio disagio, la paura, la solitudine, la rabbia o il senso di colpa, e c’è chi tiene tutto dentro per carattere o per preservare i genitori. Da fuori sembrano tranquilli e magari interiormente lottano con emozioni forti e soffrono in silenzio. «Tutti i membri della famiglia vengono coinvolti, di sicuro comunicare e trovare soluzioni insieme aiuta». Anche il lutto è un tema. «Abbiamo una mamma che ci è passata ed è disponibile per chi lo vuole. Il lutto è una fase della vita molto intima e personale, ciascuno la vive a modo suo, ma il gruppo c’è per chi ha bisogno di parlarne».

I colori delle emozioni lungo il percorso di cura sono diventati diversi scatti in mostra alla Corte del Municipio di Bellinzona (11-25 febbraio) e ai Giardini Belvedere di Lugano (14 febbraio al 6 marzo).

L’oncologo Pierluigi Brazzola

Concordata una lista di cure off label rimborsate dalle casse malati

Aveva dato una bella scossa ai politici a Berna la storia dell’adolescente 12enne del Mendrisiotto, al quale la cassa malati (che aveva fatto retromarcia dopo la pressione mediatica!) non voleva coprire la cura anti-recidiva prescritta dal suo oncologo dell’ospedale San Giovanni di Bellinzona, il dottor Pierluigi Brazzola.

Il caso, riportato dalla Regione tre anni e mezzo fa, aveva sollevato un’ondata di indignazione che dal Ticino era rimbalzata sui media nazionali, approdando al Parlamento, grazie soprattutto alla deputata Marina Carobbio, che si era fatta portavoce della problematica. Nel marzo 2019, il Nazionale ha incaricato il governo di trovare delle soluzioni, perché nessun altro genitore in Svizzera si ritrovi a dover affrontare un braccio di ferro con una cassa malati, che si rifiuta di rimborsare una terapia anti-recidiva da tremila franchi al figlio 12enne malato di tumore. Un farmaco ‘off label’, cioè usato al di fuori della sua omologazione, che l’assicurazione copre solo a precise condizioni. Non una terapia ultramoderna, ma una cura usata in Europa da anni, da impiegare in una modalità nuova, con alti vantaggi a un costo irrisorio. Il punto è evitare disparità di trattamento nelle cure oncologiche dei minori. Ossia che la stessa cura venga coperta da una cassa malati e da un’altra no.

Sono passati tre anni e mezzo, a che punto siamo?

L’Ufficio federale della sanità si sta dando da fare per trovare una soluzione con medici, casse malati e tutti gli attori coinvolti. «L’impegno c’è e fa piacere, serve un quadro legislativo (né troppo lasso, né troppo stretto) che eviti o riduca al minimo le riscontrate disparità di trattamento, ossia le differenze nelle valutazioni delle richieste di copertura dei costi quando si tratta di coprire farmaci che non sono sulla lista della specialità», spiega Pierluigi Brazzola, caposervizio di oncologia pediatrica all’ospedale San Giovanni di Bellinzona. Il medico nella discussione federale rappresenta l’associazione ‘Cancro Infantile Svizzera’ che si impegna per migliorare le condizioni dei minori ammalati.

Brazzola è soddisfatto perché è stato fatto un passo concreto: «È stata creata una lista di farmaci ‘off label’ frequentemente impiegati, soprattutto in oncologia pediatrica, per i quali tramite un percorso agevolato, e sul quale tutti sono d’accordo, la copertura dei costi è assicurata. Questa lista potrà poi essere ampliata. L’obiettivo è un’uguaglianza di trattamento per tutti», spiega l’oncologo.

C’è poi lo spinoso tema dei farmaci innovativi e costosi. Come fare ad averli e chi li paga. «Le terapie evolvono rapidamente e usiamo sempre più farmaci di nuova generazione o con nuove applicazioni. Spesso non ci sono 10 anni di esperienza, ma sappiamo che possono funzionare. Però le casse malati esigono una solida letteratura per concludere che la cura è efficace e quindi meritevole di rimborso. Questa letteratura spesso non esiste ed è un problema», precisa. Di conseguenza, i medici devono ripiegare su cure meno moderne o trovare degli accordi direttamente con le ditte farmaceutiche oppure ancora trovare un finanziamento tramite terzi. Anche qui la politica è in affanno, e non tiene il passo con i tempi della medicina. Quello che fa ben sperare che ora il tema è sul tavolo e tutti gli attori sembrano ben disposti a trovare soluzioni.