Mondiali di hockey

Nino Niederreiter: "Non mi sento un precursore"

L'attaccante dei Minnesota Wild a ruota libera sula sua progressione, il suo ruolo, l'hockey elvetico e tanto altro

Keystone
12 maggio 2018
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«È la mia prima volta a Copenhagen e mi sto divertendo, soprattutto perchè i risultati sono buoni», afferma Nino Niederreiter, superstar dei Minnesota Wild. Questa Svizzera trasmette freschezza e una nuova mentalità. «Credo che ci si renda conto del cambio di generazione. Sono presenti 12 giocatori che non avevano mai disputato un Mondiale, tutti motivatissimi e all’interno del team parliamo molto. Non so però se sia la miglior Nazionale di sempre, è difficile fare paragoni con le epoche precedenti. La medaglia d’argento del 2013? Sicuramente ha aiutato, si è trattato di un segnale. Penso che il nostro Paese lentamente si stia guadagnando le attenzioni anche delle superpotenze e veniamo sempre di più considerati una nazione di hockey. Ma è imperativo continuare a lavorare, il percorso è ancora lungo», monisce il grigionese, il quale anche in Nhl avverte un cambiamento di considerazione. «Adesso veniamo rispettati maggiormente, in passato eravamo considerati i classici swiss-cheese, giocatori molli».

Tanto merito va naturalmente anche a El Nino. In fondo è il primo attaccante elvetico ad avere fatto definitivamente breccia nella lega più prestigiosa e difficile al mondo (finora ha disputato 489 partite, segnato 111 reti e fornito 115 assist ndr). «Non mi sento un precursore. Anche i miei predecessori ci hanno provato fornendo di sicuro un contributo. Ho semplicemente avuto fortuna, l’importante non è tanto chi sia stato il primo, ma il fatto che ce ne siano sempre di più. Mollare? Non è mai stata un’opzione per me, provo sempre a raggiungere il mio massimo».

Il grigionese si sarebbe mai aspettato di diventare un attaccante di tale peso in Nhl? (Ha firmato l’anno scorso un contratto con i Minnesota Wild valido sino al 2022 e guadagna 5,25 milioni di dollari a stagione ndr) «È sempre difficile valutare le aspettative. Speravo di diventare un buon giocatore e ho sempre sognato di arrivare in Nhl. Tutto è filato liscio nel complesso e alcune situazioni difficili mi hanno permesso paradossalmente di progredire. A Minnesota ho infine trovato un posto ideale dove ho potuto rilanciare la mia carriera e sono molto grato alla franchigia».

Il 25enne è ormai alla sua quinta rassegna iridata. La prima, non ancora 18enne, fu a Mannheim nel 2010. «Mi ricordo bene, salìi la prima volta sul bus e Mathias Seger m’impose subito di sedermi nell’ultima fila. Il mio compito? Dovevo scrivere su una lavagnetta i punti che facevano il capitano e i compagni durante le loro sfide a carte. In sostanza mi integrai in quella squadra facendo questo ruolo. Ero giovanissimo, già a quell’epoca regnava un buon ambiente e mi ricordo perfettamente di ogni singola partita disputata in quel torneo. Ovviamente di acqua ne è passata sotto i ponti, ho cambiato il mio modo di giocare e ora sono uno dei leader del gruppo».

Già, ma leader si nasce e lo si è per natura o si diventa? «Credo si possa diventarlo. Ogni esperienza ti forgia e ti aiuta a imparare in questo senso». E in qualità di leader El Nino sente maggiore pressione. «Sicuramente, più in generale direi che da un elemento proveniente dalla Nhl ci si aspetta sempre qualcosa in più rispetto agli altri. Ma in fin dei conti necessiti di tutto il team. Un singolo non può fare la differenza».

Una volta per gli attaccanti svizzeri trovare la via del gol non era evidente. Oggi oltre a Niederreiter ci sono però elementi come Meier e Fiala in grado di segnare oltre 20 reti a stagione in Nhl. Si può imparare e produrre gol o è una questione d’istinto? «Si può apprendere o per meglio dire affinare il tiro, ovvero la potenza e la precisione, ma penso che bisogna comunque avere un certo fiuto per il gol. Da quando sono negli Stati Uniti ho afferrato a concludere molto di più, a volte pure da posizioni improbabili. In Svizzera tendiamo sovente ancora a cercare spesso un passaggio di troppo. È fondamentale impegnare il più possibile il portiere avversario».

A proposito di portiere. Una tendenza inversa invece la viviamo in questo ruolo. In passato diversi militavano con buon successo oltreoceano, oggi, dopo la partenza di Reto Berra, nessun estremo difensore milita in Nordamerica. «È difficile trovare il motivo, ma è doveroso considerare un aspetto. Esistono 31 squadre e ognuna ha solo 2 portieri. I posti sono dunque pochissimi. Per un giocatore di movimento c’è più spazio. Abbiamo sempre avuto numeri 1 molto bravi in Svizzera, chiaramente ora si tratta di lavorare a fondo al fine di riportarne qualcuno in Nhl». Ma Niederreiter capisce ad esempio il ritorno di Berra a Friborgo o trova peccato che a 31 anni lo zurighese molli l’avventura americana? «Credo che un atleta voglia sempre giocare in fin dei conti. In questa stagione Reto ha disputato pochi match. Alla sua età gli restano solo 6-7 stagioni davanti e con la sua personalità non penso proprio che voglia starsene spesso in panchina a vedere gli altri parare. Vuole godersi la sua passione e difendere la gabbia. Quindi comprendo la sua scelta».

A questo Mondiale Niederreiter ha ritrovato il suo amico d’infanzia Corvi. E pensare che 6 anni fa il centro del Davos giocava ancora in Prima lega nel Coira. «È bellissimo tornare a giostrare con lui, è un grande giocatore e si sta facendo un’ottima pubblicità grazie alle sue prestazioni. Enzo è l’esempio che non bisogna mai arrendersi, mi ricorda un po’ il cammino di Martin Gerber, pure lui relegato in Prima o addirittura Seconda lega prima di vincere una Stanley Cup. Non esiste un percorso giusto. Ci sono tanti sentieri che ti portano alla meta».

E la meta di questo Mondiale qual’è? Una medaglia è realistica? «Non è semplice fare previsioni in merito a un torneo che dura l’arco di pochi giorni. Sicuramente è possibile. Se prendi uno slancio questo ti può davvero portare lontano. Nel 2013 a Stoccolma fu così. All’improvviso ci ritrovammo in finale senza renderci conto di quello che era accaduto nelle due settimane precedenti».

E allora lasciamoci sorprendere da questa Svizzera, bella, divertente, talentuosa frizzante e giovane.

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