La gioventù dibatte

Vincoli più severi per finanza e cibo?

12 dicembre 2015
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Il dibattito sul tema ‘La possibilità che materie prime come il cibo vengano scambiate in mercati finanziari e borse internazionali dovrebbe essere regolamentata in modo severo?’ ha avuto luogo a Milano nell’ambito del Concorso ‘EXPOni le tue idee’. I prezzi delle materie prime agricole di base come grano, riso o soia sono seguiti con grande attenzione dal mondo della finanza. Dopo la crisi finanziaria del 2008, preceduta da una gravissima crisi alimentare, si sta riflettendo sulla regolamentazione dei mercati finanziari delle materie prime. Ma il mercato finanziario è sempre stato restio a qualsiasi forma di regolamentazione che limitasse i profitti.

 

FAVOREVOLI: licei di Lugano 1 e 2
Il mercato può avere diverse forme e la libera concorrenza è un modello teorico, a cui aspirare. Tuttavia, secondo la Costituzione svizzera, devono esistere dei forti paletti istituzionali, come la garanzia dei diritti fondamentali del-le persone e la preservazione dell’ambiente naturale. Le manipolazioni sui mercati finanziari provocano una grande volatilità dei prezzi dei ‘commodities’. Commodity indica un bene indifferenziato per cui c’è domanda ma è offerto senza differenze qualitative sul mercato. Il prezzo di una commodity è determinato dal mercato. Generalmente le commodity sono prodotti agricoli (come ad esempio avena, farina di soia, frumento, mais, olio di soia) o prodotti di base non lavorati come l’oro, il sale, lo zucchero e il caffè. Un esempio, a conferma di questo principio, è l’attuale mercato del cacao. La produzione non basta a soddisfare la crescente domanda di cioccolato, si può dire che c’è scarsità di cacao; di conseguenza il prezzo del cacao sale. Dato che si tratta di una tendenza solida, può incoraggiare ad investire nella produzione di cacao, creando lavoro e reddito. Ma questo meccanismo, nell’ambito dei mercati finanziari internazionali, spesso non funziona. I prezzi vengono manipolati indipendentemente dal-la quantità prodotta. Il cibo, alla base della piramide di Maslow, è un bene molto particolare, perché soddisfa i nostri bisogni fondamentali. Non può essere commercializzato, direttamente o indirettamente, come altre materie prime, quali l’oro o il petrolio. Esistono delle incalcolabili differenze tra i profitti conseguiti in ambito finanziario e quelli delle persone che lavorano duro, fornendo ai primi la base per l’attività. Del rapporto tra i mercati finanziari, della quantità e del prezzo del cibo non si occupa alcuna istituzione. È necessario dare delle chiare indicazioni ai mercati finanziari, che si devono basare su decisioni politiche a favore di condizioni dignitose per chi fornisce la base per la sopravvivenza fisica della specie umana. È bello essere idealisti e cullarsi nelle belle teorie sul mercato libero funzionante, con pochi, discreti paletti, come le settimane di vacanza e l’assicurazione malattia per i dipendenti, ma guardiamo in faccia la realtà: anche se la speculazione non avesse alcun influsso sul mercato reale, è eticamente inconcepibile che alcune persone agiate guadagnino comodamente sedute davanti a un computer, mentre gente che lavora duramente nei campi fatichi a sopravvivere, deve farsi aiutare dai figli invece di mandarli a scuola. In Borsa si conseguono degli immensi profitti che dovrebbero ritornare agli agricoltori. Con una modesta tassa sui proventi dei contratti futures potrebbe essere creato un fondo per gli agricoltori. Essi si potrebbero specializzare, diventare più efficienti, aumentare la qualità e chiedere un prezzo più alto. A che cosa servono leggi, ordinanze e decreti? Servono a evitare gli abusi. Si può prendere come esempio quello del contratto di lavoro: è stato adottato dal legislatore federale in modo che entrambe le parti – lavoratore e datore di lavoro – siano protette nei loro diritti. Gli ordinamenti sono necessari quando il mercato non è capace di autoregolarsi. La Wto si è mostrata il più delle volte incapace di trovare soluzioni a causa di forti di pressioni politiche. È necessario perciò agire a livello regionale o nazionale, ma con un coordinamento a livello mondiale fondato sulla maggioranza e non sull’unanimità consensuale.

CONTRARI: ‘Il Giusto’, liceo di Cossato, provincia di Biella (Piemonte)
Relativamente al mercato dei beni agricoli primari, chi propugna la regolamentazione rigida dei mercati sostiene che il proliferare di strumenti finanziari derivati, utilizzati dagli investitori per speculare, abbia aumentato l’incertezza dei prezzi dei beni agricoli e penalizzato i produttori. A dire il vero però i futures (contratti a termine che permettono ai piccoli agricoltori di vendere i loro beni a un certo prezzo e a una certa data) nascono come esigenza dei commercianti per proteggersi dalla variazione dei prezzi. Da un lato quindi vi è il produttore che ha paura che tra il momento in cui pianifica la produzione e il momento in cui la vende sul mercato il prezzo cali, e quindi vuole fissare in anticipo il prezzo del prodotto. Per poter stipulare questo contratto ha bisogno che ci sia qualcuno dall’altra parte convinto del contrario, ovvero convinto che il prezzo salirà e quindi, fissando il prezzo in anticipo, risparmierà in futuro. Si può dimostrare inoltre come, a differenza di quanto sostenuto dai più, la crisi del 2008 non sia stata causata dall’eccessiva speculazione e da una debole regolamentazione dei mercati. Le vere cause della crisi del 2008 sono infatti state: • un aumento della domanda portato dalla crescita della popolazione mondiale e dallo sviluppo dei Paesi emergenti; • un calo dell’offerta causato dalla riduzione di investimenti in agricoltura, eventi atmosferici avversi e dall’utilizzo di beni alimentari per la produzione di biocarburanti. • una considerevole riduzione delle scorte cerealicole e l’aumento del prezzo del pe- trolio. Da quanto detto è evidente quanto sia fuorviante indicare la speculazione come causa prima di quanto è successo. Dopo qualche mese di turbolenza infatti i prezzi sono tornati nuovamente stabili. La speculazione in questi anni non è cessata e ad oggi i prezzi sono inferiori rispetto a quelli del 2008. È vero che il mercato dei derivati e quello delle materie reali si influenzano vicendevolmente, ma nel primo caso si parla di una realtà astratta: se solo il 5% dei futures sui cereali si conclude con la consegna fisica del bene, allora quanto l’oscillazione dei prezzi dei futures può influenzare il prezzo del grano? Noi sosteniamo la tesi per cui lo scambio di materie prime non dovrebbe avere eccessivi vincoli. Non diciamo che non ci debbano essere regole. Tuttora esistono dei limiti posti dalla Borsa italiana, ad esempio la variazione tra il prezzo dei contratti e il prezzo dinamico non può superare il 5%. Inoltre la Borsa garantisce la trasparenza del mercato, garanzia estremamente importante. Con maggiori vincoli cosa potrebbe accadere? Se fosse troppo complicato e limitante utilizzare la Borsa e le camere di compensazione, le grandi società non passerebbero più dal mercato ma si rivolgerebbero direttamente ai produttori e l’attuale trasparenza dei prezzi non esisterebbe più. Oppure potrebbero acquistare direttamente le terre: cosiddetto accaparramento delle terre (landgrabbing) che per i Paesi spesso rappresenta un problema. Un’eccessiva regolamentazione limiterebbe la libertà degli individui di agire e di investire il proprio denaro, di conseguenza i mercati finanziari e le Borse internazionali non dovrebbero avere eccessivi vincoli, la stessa Costituzione italiana all’articolo 2 sottolinea come una mediazione tra eccessiva libertà ed eccessiva regolamentazioni sia la scelta vincente.

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