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Trapianti, ecco quando il medico può parlare di espianto coi familiari

31 ottobre 2017
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Da metà novembre saranno in vigore nuove disposizioni sui trapianti. La nuova legge regolamenta in modo più preciso l’interazione tra medici e famiglia, le manovre di mantenimento del potenziale donatore, tutela maggiormente chi ha donato un organo da vivente. Il prelievo di organi in Svizzera continuerà ad essere possibile solo in caso di consenso esplicito del donatore o dei suoi familiari. Ma si tornerà a parlare di “consenso presunto”, infatti l’Ong giovanile Junior Chamber International (Jci), con il sostegno di Swisstransplant, ha lanciato una iniziativa popolare che chiede di passare a questo modello, già applicato da Francia, Spagna, Austria e Italia, dove l’espianto di organi è consentito in assenza di un esplicito rifiuto. Una ricetta, secondo gli iniziativisti, per curare la cronica carenza di organi in Svizzera, dove quasi 1’500 persone sono in lista d’attesa (ne muoiono in media due a settimana) a fronte di 130 donatori (e circa 400 organi) l’anno.  Il dono deve restare tale o le cifre giustificano che diventiamo tutti potenziali donatori? Pro, contro, alternative? Ne parliamo con un esperto, il dottor Paolo Merlani. Il primario di medicina intensiva all’ospedale regionale di Lugano ci spiega anche che cosa cambierà da metà mese. Il professionista è membro della Commissione nazionale di etica (contraria al ‘consenso presunto’) e della direzione del Programma latino per la donazione di organi di Swisstransplant (favorevole al consenso presunto). Una posizione non facile.

Con le nuove norme sui trapianti, che cosa cambierà per i parenti? 

La legge definisce esattamente il momento in cui possiamo informarci per una donazione di organi. Possiamo farlo quando si è deciso che le manovre di rianimazione e di mantenimento del paziente sono state interrotte. Per capirci, dal momento in cui la situazione è totalmente persa e non prima. In realtà già avviene così. Se è la famiglia a parlarne, può farlo quando ne sente il bisogno.

Per il paziente che cosa cambierà? 

Quando il paziente è irrecuperabile ma non in morte cerebrale, ci troviamo in una zona grigia: la legge definisce che cosa sia lecito fare o non fare.  Senza consenso del paziente o della famiglia non si possono fare le cosiddette manovre preparatorie per mantenerlo in vita. Se abbiamo, ad esempio, un arresto cardiaco non è lecito rianimare il paziente solo per permettere la donazione di organi a meno che non l’abbia detto espressamente nella sua carta di donatore. Una volta in morte cerebrale, quindi deceduto, le cose cambiano.

E per le donazioni tra vivi quali novità introduce la legge? 

La cassa malati di chi riceve un organo solido (che sia un rene, un pezzo di fegato) dovrà contribuire ad un fondo gestito dalla Confederazione, che servirà per curare chi ha dato l’organo. Non cambia solo chi paga, ma cambia la presa a carico dei donatori viventi: dovranno fare visite profilattiche per tutta la vita e saranno pagate dal fondo. Ora non succedeva sempre e per tutti.

Novità per le donazioni incrociate? 

Se per motivi immunologici un paziente non può ricevere il rene di una persona che intende donarglielo da vivo, si potrà organizzare un trapianto incrociato con altre coppie compatibili che hanno lo stesso problema. L’obiettivo è trovare un organo adatto per il maggior numero possibile di pazienti.

Vista la carenza di organi, serve il ‘consenso presunto’?

Cambierebbe qualcosa in Ticino?  In caso di morte cerebrale, parliamo coi familiari per identificare la volontà del paziente e in Ticino l’80% decide per un dono di organi. In Svizzera solo la metà di chi potrebbe farlo, lo fa per davvero. Ci muoviamo in un contesto sociale dove la morte resta un tabù, non se ne parla in famiglia, spesso i parenti non conoscono la volontà del paziente, pochi hanno la carta di donatore. Ma se la Svizzera fosse come il Ticino – dove è stato fatto un grande lavoro di informazione – avremmo probabilmente più donatori. Tuttavia l’iniziativa potrebbe essere una maniera di sensibilizzare maggiormente la popolazione alla donazione.

Dove è stato introdotto il consenso presunto sembra funzionare...

Tra i Paesi che l’hanno introdotto c’è chi ha aumentato la disponibilità di organi e chi no. In realtà non c’è una correlazione sicura. Prima della legge sui trapianti, c’era una legislazione cantonale. A Ginevra, dove ho lavorato, c’era il consenso presunto. Quando si è passati al consenso esplicito le donazioni non sono diminuite ma aumentate, soprattutto grazie alle manovre di accompagnamento messe in campo negli ospedali. Inoltre si doveva comunque chiedere alla famiglia se il paziente non fosse contrario.

In caso di consenso presunto, cosa risponde a chi teme cure non adeguate per procedere a espianti?

Lo escludo perché la legislazione è precisa, i procedimenti sono sottoposti al vaglio di più persone. In cure intensive abbiamo 90 decessi l’anno: meno del 10% è in morte cerebrale, nell’80% dei casi si decide con la famiglia di interrompere la terapia e non c’è morte cerebrale. Arrestando o limitando le terapie, il paziente muore ma non passa in morte cerebrale.

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