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Chi fornisce cibo ai migranti scelto senza concorso

(Francesca Agosta)
7 ottobre 2017
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Non si può certo dire che i pasti degli asilanti siano a chilometro zero. Abbiamo calcolato 200 chilometri al giorno circa, per ciascuno dei due esercenti scelti dal Dipartimento sanità e socialità nel 2016 (senza concorso e senza contratto scritto) per portare due volte al giorno pranzo e cena ai rifugiati. I menù per i Centri di Rivera (Nem) e Camorino ( richiedenti in procedura) partivano da Chiasso; quelli per il Centro a Peccia da Locarno. Perché tanti chilometri per un piatto di riso e pollo? Ricostruendo i fatti, scopriamo che nei due casi il Dss toglie l’incarico ad un ristoratore a due passi dalla struttura, per darlo a una ditta che dista oltre 40 chilometri di distanza. Non viene fatto un concorso, anche se gli importi sono a 6 zeri. Tutto avviene senza contratti scritti per i fornitori, solo promesse a voce. Insomma tutti accordi bonali. Possibile che in zona non c’erano alternative? «Non sono state trovate alternative locali che fornissero sufficienti garanzie di capacità e flessibilità nella fornitura di pasti per richiedenti l’asilo», spiega Renato Bernasconi, direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie. Una situazione che cambia radicalmente nel marzo di quest’anno (a febbraio scoppia il caso Argo) quando il Governo decide di internalizzare il servizio pasti e affidarlo alle mense cantonali. Il Dss si adegua. Non si poteva farlo prima? 

Da Chiasso a Camorino, 2 volte al giorno 

 Siamo a dicembre 2015: pranzo e cena per i rifugiati vengono cucinati da un ristorante a due passi dal centro. «Venivano a prenderli a piedi, il prezzo fissato dal Dss era di 18 franchi a persona, non avevamo un contratto», ci spiega l’allora titolare del ristorante. Passa qualche mese: «Chiamano dal Dss dicendo che il nostro servizio non soddisfa i richiedenti l’asilo, qualche giorno dopo ci viene tolto il lavoro». La fornitura dei pasti passa ad un esercente di Seseglio (a ben 40 chilometri di distanza) che in passato aveva già lavorato coi rifugiati, era dunque noto al Dipartimento. Due volte al giorno, un furgone parte dalla zona più trafficata del Ticino, macinando una sessantina di chilometri, per portare i pasti a Rivera e Camorino. A tratta sono 45 minuti, senza contare code o incidenti. L’esercente ci spiega che fatturava 25 franchi a persona, poi scesi a 23 e mezzo: «Non sono diventato ricco e ho sempre dimostrato professionalità. Mi ha cercato il Dss, avevo già lavorato coi richiedenti l’asilo nel Mendrisiotto e a Lodano per un’emergenza quando mancava il cuoco». Un incarico diretto per il 2016 da 355mila franchi per i pasti a Camorino e da 61’734 franchi per quelli a Rivera (dove c’è colazione, pranzo al sacco e cena). Le cifre imponevano un concorso. «Non avevo un contratto, nemmeno due righe, tutto a voce, mi sentivo precario e responsabile verso chi avevo assunto. Ero disposto ad aprire una mensa a Bellinzona, ma volevo essere in regola, dal Dss non ho avuto risposte. A marzo mi hanno scritto che mi avrebbero tolto il lavoro». E così è stato. Da maggio 2017, i pasti passano alle mense scolastiche di Bellinzona. Perché andare fino a Chiasso? Attorno al Centro di Camorino nessun esercente poteva preparare i pasti?  Risponde Mattia Manzocchi, presidente GastroBellinzona Alto Ticino: «Se il Dss avesse fatto un concorso magari si faceva avanti qualche esercente. I servizi di catering non mancano di certo», commenta.

Niente contratto, solo accordi bonali

Storia simile nell’alta Valle Maggia, al centro rifugiati al Piano di Peccia che viene aperto in due momenti diversi. Due mesi nel 2014, quando i pasti vengono preparati da un ristorante della valle. Poi da settembre 2015 a gennaio 2017, quando la fornitura del cibo viene affidata (un mandato diretto da 288’776 fr. per il 2016) ad un esercente di Locarno. I pasti viaggiavano su e giù per la valle due volte al giorno, 7 giorni su 7, macinando 200 chilometri. Perché non puntare su un ristorante della zona? «Me lo sono chiesto pure io. So che altri colleghi avevano rifiutato», ci risponde il professionista, che ha accettato il lavoro. «Bisognava essere flessibili. Ero senza contratto, ricevevo l’ordine di settimana in settimana, c’era solo un accordo sul prezzo: 25 franchi a persona».  E pensare che in un primo momento il Dss aveva pensato di affidare anche questo incarico all’esercente di Chiasso.

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