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Ticino tra i cantoni economicamente meno competitivi. Ma certi settori…

1 aprile 2016
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Due analisi, un’unica conclusione: dal punto di vista economico il Ticino rimane tra i cantoni meno competitivi. Per essere precisi, lo studio pubblicato ieri dall’Ubs lo situa al ventunesimo posto mentre quello edito, sempre ieri, dall’Istituto ricerche economiche (Ire) dell’Usi lo pone “nel gruppo dei cantoni con una bassa competitività relativa”. I punti deboli? Quelli di sempre: l’occupazione e i salari. Entrambi inferiori se confrontati con il resto del Paese. Eppure non tutto è perso. C’è sia il potenziale di crescita, sia i mezzi per provare a recuperare il ‘gap’. Perché rispetto al resto della nazione, il Sud del Gottardo si mette per esempio in evidenza, scrivono gli studiosi dell’Ire, “nella creazione di nuove imprese e posti di lavoro”. Basti un dato: nel 2013 si è registrato un saldo di +774 imprese. Un dato che i ricercatori dell’Usi approfondiscono, arrivando poi a indicare alcuni “settori strategici” per il futuro dell’economia ticinese.

Dalla banca alla farmaceutica

Quali sono i settori strategici? L’ultimo arrivato in ordine temporale è quello della moda. In questo ambito, si legge, “la tassazione moderata rispetto al livello medio svizzero è fortemente attrattiva rispetto al carico fiscale per le imprese italiane, fungendo da traino per la rilocalizzazione dei grandi marchi”. Altro fiore all’occhiello il settore dell’elettronica e dell’orologeria. La fabbricazione di tali dispositivi, rileva l’Ire, rappresenta “un’attività ad alto valore aggiunto” nella quale il Ticino mantiene una “posizione forte a livello di esportazioni, malgrado l’apprezzamento del franco degli ultimi anni”. Un altro ramo in fiore è quello della farmaceutica: “Il volume d’affari di questo settore – si sottolinea nella pubblicazione dell’Usi – ha registrato un trend di crescita costante dal nuovo millennio. Inoltre, non ha risentito minimamente della crisi dell’eurozona, continuando ad espandersi”.

È tutto? No. Nella ricerca si fa il punto pure su finanza e turismo. Anche se stanno attraversando un periodo difficile, “questi settori rappresentano dei pilastri per l’economia cantonale”. Dovranno rinnovarsi ed, eventualmente, rimpicciolire la propria taglia. Ma “malgrado un ridimensionamento più o meno pronunciato” continueranno a creare “una elevata quota di valore aggiunto e di occupati all’interno del cantone”. Insomma, puntando su questi settori e sull’innovazione sarà forse possibile risalire la china, colmare il ritardo in buona parte riconducibile a occupazione e salari inferiori rispetto al resto della svizzera. Due problemi strutturali ai quali, sempre secondo lo studio dell’Ire, si sono aggiunte nel corso del 2015 alcune criticità. Come la produttività del lavoro che “cresce meno rispetto alla media nazionale, partendo da una situazione iniziale di svantaggio”. Un’altra spina nel fianco schizzata dal calo nel corso del 2015 del Prodotto interno lordo (Pil) pro capite ticinese. Un valore, quest’ultimo, utilizzato per esprimere lo standard di vita. “L’innovazione e, in particolare, gli investimenti in ricerca e sviluppo – si aggiunge poi – rappresentano un elemento critico per il tessuto produttivo”. Ma i dati sono aggiornati solo al 2011. Nel frattempo (vedi articolo a lato) qualcosa si è fatto. Anche sostenendo la creazione di “nuove imprese ad alto profitto innovativo”.

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