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L'amico editore incastra Trump: ‘C’era un accordo per aiutarlo’

Il re dei tabloid David Pecker: ‘Intesa per insabbiare le sue storie compromettenti’

Donald Trump in tribunale
(Keystone)
23 aprile 2024
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I pubblici ministeri di New York incassano una prima vittoria nel processo a Donald Trump per il caso pornostar, dove nel frattempo il tycoon rischia anche una sanzione per oltraggio alla corte. David Pecker, a lungo amico ed editore del tabloid National Enquirer ma ora testimone chiave in cambio dell'immunità, ha corroborato il castello accusatorio sull'esistenza di una sorta di "cospirazione" per insabbiare le storie compromettenti su The Donald, come quella di Stormy Daniels, per non danneggiare la sua candidatura alla Casa Bianca e quindi "corrompere" le elezioni.

L'incontro

Il re dei tabloid ha ammesso che in un incontro alla Trump Tower nell'agosto 2015 Trump e il suo avvocato Michael Cohen gli chiesero cosa potesse fare "per aiutare la campagna" del tycoon. E che lui si impegnò a essere "i loro occhi e le loro orecchie", pubblicando storie positive su Trump e negative sui suoi rivali, come Hillary Clinton, Ted Cruz e Marco Rubio.


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L’editore David Pecker

Ma anche avvisando Cohen se fosse venuto a conoscenza di voci dannose (come capitò col portiere della Trump Tower su una presunta paternità extramatrimoniale) e donne che tentavano di vendere storie avute con The Donald, (come successe poi con Stormy Daniels e, prima, con la coniglietta di Playboy Karen McDougal). In tal caso Cohen avrebbe potuto "uccidere quelle storie in un altro magazine o non farle pubblicare o farle acquistare da qualcun altro", con la prassi del ‘catch and kill’. "Pensavo che fosse di reciproco vantaggio. Avrebbe aiutato la sua campagna e anche me", ha aggiunto Pecker, precisando che il suo accordo con Trump non fu messo per iscritto perchè "era solo un'intesa tra amici".

Il ruolo di Bannon

Trump gli presentò anche Steve Bannon, dicendogli che avrebbero potuto "lavorare molto bene insieme". Pecker ha descritto il tycoon come una persona "molto prudente" e "molto frugale", attento ai dettagli. E ha raccontato di averlo visto firmare personalmente fatture e assegni portati dalla sua assistente: circostanze importanti per stabilire se Trump controllava o meno quello che firmava, compresi gli assegni con cui avrebbe rimborsato Cohen per aver comprato il silenzio di Stormy Daniels. L'accusa ha usato Pecker per dipingere il mondo di Trump. Un mondo dove gli interessi politici si intrecciavano con quelli di tabloid prezzolati, e dove a sbrigare gli affari sporchi del tycoon ci pensava Cohen, che sarà uno dei prossimi testimoni insieme alla pornostar. Deporrà anche Hope Hicks, all'epoca portavoce della campagna di Trump.


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Contestatori fuori dall’aula

Udienza tesa

Prima della prosecuzione del processo, il giudice Juan Merchan ha tenuto un'udienza molto tesa per deciderà se il tycoon ha violato ripetutamente il ‘gag order’ che gli vieta di fare commenti su testimoni, giurati, procuratori e staff del tribunale: una condotta che configura l'oltraggio alla corte e che potrebbe essere punita con un'ammenda o con la detenzione sino a 30 giorni, tanto che il Secret Service si è preparato anche a questa eventualità. Ma l'accusa si è limitata a chiedere una sanzione di 10’000 dollari (1’000 dollari per violazione) e il giudice si è riservato la decisione. Non senza prima ammonire l'avvocato di Trump, Todd Blanche, che "sta perdendo tutta la credibilità" per non aver risposto alle sue domande.

Per nulla intimorito, su Truth il tycoon ha accusato Merchan di essere pieno di conflitti di interesse e di privarlo del suo diritto costituzionale alla libertà di parola, invitandolo a ricusarsi. Nel suo consueto comizio ai reporter nei corridoio del tribunale, Trump ha invece attaccato il suo rivale Joe Biden per la cattiva gestione del conflitto in Israele e le proteste filo palestinesi nei campus universitari ("una vergogna").

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