Nella sua lunga vita Giorgio Orelli, tra i maggiori poeti di lingua italiana del Novecento, è stato più volte sollecitato a scrivere testi di presentazione per mostre e cataloghi da musei e soprattutto dai suoi stessi amici artisti, alcuni già affermati, come Italo Valenti, Ubaldo Monico, Giuseppe Bolzani, altri allora emergenti, come Flavio Paolucci. Per parlare di pittura, scultura, incisione e disegno senza improvvisarsi critico d’arte, Orelli inventa metafore e modi di dire in una forma saggistica ora concentrata, ora divagante.